C’è un filo di note che lega quella spiaggia insanguinata di Ostia alla New York degli anni ’90, la scena del delitto Pasolini a quella del rock indipendente della Grande Mela. Le note sono quelle de La Mia Vita Violenta, il disco che i Blonde Redhead intitolarono ispirandosi a Una vita violenta, romanzo del grande intellettuale italiano pubblicato nel 1959 e finalista al premio Strega.
Quella del disco, e in generale della band, è una storia «inverosimile», così la definisce il giornalista Rossano Lo Mele, ospite di Natascha Fioretti nella trasmissione di Rete Due Kappa. «È la vicenda di tre ragazzi: due gemelli italiani, Simone e Amedeo Pace, e una ragazza giapponese, Kazu Makino. I Pace sono ragazzi milanesi di buona famiglia che per seguire il loro sogno musicale si erano trasferiti a New York», ricorda il direttore della rivista Rumore. Partiti all’avventura oltre Atlantico, oggi si può dire che «ce l’hanno fatta alla grande». Prova ne sia la stima tributatagli dagli illustri colleghi del milieu indie che ne hanno prodotto gli album, citiamo Steve Shelley dei Sonic Youth e Guy Picciotto dei Fugazi.
Fin dall’inizio della loro carriera i Blonde Redhead hanno proposto un genere musicale «molto difficile. Perché erano gli anni in cui il polo centrale del rock stava a Seattle, dall’altra parte degli USA», sottolinea Lo Mele. New York, però, fedele alla sua tradizione, non ha mai perso lo status di città di grande musica, e quella della band è molto strana e profondamente newyorkese, indebitata con i maestri del noise rock Sonic Youth e con riferimenti a un’altra band storica di NY, i Velvet Underground di Lou Reed e John Cale.
Colti, tecnicamente fortissimi ed elegantissimi (ché l’apparenza conta sempre il giusto), superati i 60 i gemelli Pace stanno tornando con un nuovo disco, The Shadow of the Guest, a cui partecipa il Brooklyn Youth Chorus, come a rimarcare la newyorchesità dei Blonde Redhead. Una band per due terzi composta «di italiani molto poco italiani», è il pensiero di Lo Mele «perché non hanno mai cercato una scorciatoia nella vita e hanno sempre fatto di testa loro, con etichette fantastiche». Uno stile all’insegna della libertà per un gruppo che «non ha mai veramente fatto un passo indietro, non ha mai fatto compromessi, dal punto di vista artistico ma anche di carriera ed esistenziale» chiosa Lo Mele.
Quando l’indie rock incontrò Pasolini
Konsigli 30.10.2025, 17:45
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