Il tour di reunion degli Oasis, in partenza oggi [4 luglio 2025] da Cardiff e che segna il ritorno sul palco, insieme, dei fratelli Gallagher per la prima volta dal 2009, ha avuto già il prevedibile effetto di un meteorite scagliato dentro un bicchiere d’acqua. Non solo per i cachet da sceicchi che, alla fine, Liam e Noel si ritroveranno sul conto in banca, con in vista possibili record d’incassi (dipenderà da quanto avranno voglia di prolungarlo). Ma perché, per dimensioni, impatto e natura stessa dei live, è qualcosa di eccezionale perfino per gli standard della musica dal vivo di oggi, molto meno naif di quelli a cui i due erano abituati nella loro prima vita da band. Si parla, al momento, di 41 concerti fino a fine 2025, con la possibilità - prima molto concreta, poi ritratta, ma in ogni caso mai davvero estinta - di una seconda tranche per il 2026 almeno in Europa continentale, da sempre appassionata a loro ma a sorpresa esclusa da questa raffica di eventi che invece toccherà l’America, Australia e Giappone. Spettatori previsti: milioni. Ma soprattutto un ritorno degli Oasis come mania collettiva.
È la più grande serie di concerti da (What’s the Story) Morning Glory? il best seller del 1995 - a ottobre, per il trentennale, ne uscirà una ristampa, a sottolinearne l’importanza - che sancì il lancio in orbita del britpop tutto, e con cui avrebbero toccato l’apice il 10 e l’11 agosto 1996, nei due live di Knebworth da 250mila spettatori totali, prevendite esaurite in pochi minuti. Per citare la band stessa, è stato «l’ultimo grande raduno prima di internet». Nonché, un pezzo di storia della musica leggera mondiale. Poi è cambiato tutto, sia per internet e sia soprattutto per i social che, per carità, hanno offerto terreno fertile alla leggenda dei due Gallagher sempre in guerra tra loro e la realtà circostante - nei momenti di minore ispirazione musicale, il profilo X di Liam è stato fondamentale nel ricordare perché è una tra le ultime, grandi rockstar di sempre - ma hanno invertito radicalmente il modo in cui si fruisce di musica e concerti, oltre ai gusti in generale.
Se ai tempi di Knebworth, quindi, la corsa ai biglietti si risolveva in file chilometriche ai box office e alle linee telefoniche intasate, con questo tour, lo scorso agosto, è stato più complesso: l’enorme richiesta di pubblico ha mandato in tilt i siti adibiti alla vendita, ma soprattutto ha svelato al mondo un nuovo sistema di distribuzione dei prezzi, variabile di minuto in minuto, in base alla domanda e all’offerta, e che per gli Oasis ha toccato picchi fuori scala perfino per i grandi eventi di oggi, con ricorsi e interrogazioni parlamentari. Insomma, i Gallagher hanno messo in evidenza, magari senza volerlo, le falle del sistema di oggi. Ma al tempo stesso potrebbero dare una scossa all’immaginario stesso dei grandissimi show: mentre varie produzioni, nonostante tutto, sono in affanno - in Italia si parla di stadi in parte vuoti, la stessa Beyoncé negli Stati Uniti ha problemi simili - l’impressione è che questo tour alzerà ancor più l’asticella.
Il punto, però, è che tutto questo avverrà in una maniera paradossale. Al di là di una scaletta top secret, comunque non c’è in ballo nessun inedito e si parla per lo più di canzoni uscite negli anni Novanta, che non hanno perso smalto e, anzi, con l’assenza del gruppo e il resto ne hanno perfino guadagnato fascino. La reunion degli Oasis, ecco, è tra gli eventi più attesi della musica planetaria. Eppure. Eppure sul palco c’è sempre un gruppo rock, figlio della cultura dell’epoca - probabilmente l’ultima, grande stagione di musica alternativa capace di prendersi le classifiche - e in senso più ampio di un’opinione pubblica che amava le chitarre. Oggi il panorama è opposto e, a parte i dinosauri di epoche passate, sono pochissimi i gruppi del genere a potersi permettere tour così.. Se si riporta tutto agli ultimissimi anni, solo Måneskin, che in parte hanno già pigiato il freno. Poi, i giganti sono altri: c’è il pop di Ed Sheeran e Taylor Swift, forse il pop-rock dei Coldplay, quindi il rap dei vari Kendrick Lamar e Travis Scott.
Gli Oasis, insomma, sono pronti a riscrivere la storia ripartendo dal rock, però capitalizzando più che altro il dispositivo-nostalgia: quella di chi c’era all’epoca, ma anche quella dei tantissimi - ed è un loro merito, s’intende - che non avevano fatto in tempo a vederli dal vivo, perlomeno non negli anni d’oro. Anche perché i due hanno sempre spinto molto sulla dimensione di massa, collettiva, della loro musica, e l’affetto di pubblico che c’è adesso non è neanche lontanamente paragonabile a quello dei primi anni zero, quando l’attenzione mediatica era gradualmente scemata. Dall’altro lato, sarà l’ennesimo cortocircuito nel sistema di cui i Gallagher si prenderanno, giustamente, il merito: se da una parte, nelle prossime settimane, Wonderwall e Don’t Look Back in Anger e compagnia riceveranno la gloria agognata, al momento è difficile pensare che possa esserci una rinascita - anche solo dal vivo - del rock come genere.

Parte da Cardiff la reunion degli Oasis (Parzialmente scremato, Rete Tre)
RSI Cultura 04.07.2025, 07:43
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