È stata una serata spettacolare. Lo è stata non solo per le performance dei cantanti, la prima semifinale di Eurovision, che dopo tanti anni ha riproposto al mondo la Svizzera in veste di paese ospitante. Una Svizzera che ha voluto ripresentarsi attraverso i luoghi comuni che la caratterizzano, quelli più divertenti, per confermarli o sfatarli. E anche tramite gli elementi della tradizione elvetica, emersi in particolare nello spettacolo di apertura, che ha lasciato tutti a bocca aperta con la sua commistione epica di corni delle Alpi, cori jodel e altri strumenti tipici come il salterio. Un autentico viaggio, culminato nella canzone di Nemo, che vincendo nel 2024 a Malmö dopo tanti anni ha riportato Eurovision dove è nato.
Tutto spettacolare, esattamente come l’esibizione di Zoë Më, la nostra rappresentante, che ha optato per uno stile “minimale”. Si partiva con il buio e lei illuminata sul palco da un’unica luce, il tutto in un lungo piano sequenza. La messa a fuoco è stata opera di un solo cameraman che, nonostante tutti quelli messi a disposizione dagli organizzatori, è stato espressamente richiesto per questa performance e ha potuto lavorare grazie a un permesso speciale. È andato tutto bene, tranne che per un problema tecnico con questa videocamera: un semplice freeze, un blocco dell’immagine di pochi secondi. Ciò però non ha condizionato l’impatto: l’artista friburghese ha cantato molto bene, e il pubblico ha reagito con un’esplosione di applausi e grida, a testimonianza del grandissimo supporto di tutta la St. Jakobshalle.
Zoë Më - Voyage
RSI Cultura 13.05.2025, 22:33
Zoë Më non era in gara, in quanto la Svizzera è paese ospitante e dunque è già qualificata di diritto alla finale, ma se lo fosse stato avrebbe potuto chiedere di ripetere l’esecuzione del brano, concessa in caso di problemi tecnici.
Venendo ai risultati, nella finalissima di sabato si parlerà tanto italiano. Hanno infatti superato il primo ostacolo San Marino, con Tutta l’Italia di Gabry Ponte, e l’Estonia con Tommy Cash, che con Espresso Macchiato è diventato un po’ italiano d’adozione. E poi naturalmente c’è il rappresentante ufficiale dell’Italia, Lucio Corsi, anch’egli qualificato di diritto alla finale con la sua Volevo essere un duro.
Un’ultima annotazione sulle lingue. Dal 1998, da quando cioè è stata tolta la regola che obbligava i cantanti a presentare testi nel proprio idioma nazionale, questa è l’edizione dell’Eurovision con il maggior numero di lingue presenti in gara: ben 20.
Tornando a ciò che ha offerto il concorso, ci vogliamo soffermare su Portogallo e Ucraina: due accessi alla finale non scontati per il tipo di brano presentato. In un contesto come quello dell’Eurovision, dove di solito vengono premiate le casse “in quattro”, i brani dance e in generale pezzi molto vicini alla techno o più danzerecci, questi due paesi si sono distinti. Bird of Pray, degli ucraini Ziferblat, ha delle chiare influenze di progressive rock, per l’appunto non scontate in questo contesto. Mentre Deslocado, dei portoghesi NAPA, è una ballata rock più classica, che può richiamare in un certo senso lo spirito beatlesiano. Non era affatto scontato, ma ha riscosso un successo pazzesco nella “Halle”, che si è fatta sentire con applausi calorosi per qualcosa che suonava un po’ diverso dal solito.

Euro…song & politics
Modem 13.05.2025, 08:30
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