Il prossimo 29 e 30 agosto il festivalino Facciamo la Corte! arriva alla sua decima edizione: è nato nel 2014 ma il Covid ne ha sospeso l’attività nel 2020 e nel 2021. Una pausa forzata che ha portato poi gli organizzatori - tre amici cresciuti insieme a Muzzano: Simone Bernardoni, Paride Bernasconi e Damiano Merzari - a concentrarsi sulla scena musicale svizzera e a impostare una programmazione basata sulla conoscenza diretta di band e artisti. Una line-up pensata non solo con sensibilità e gusto ma anche a partire da un concetto di attitudine, di filosofia di vita. «Non ci interessa la gente che crea problemi», chi pone richieste assurde, non accetta il contesto o non si riconosce nell’ambiente, ovvero una sorta di festa di paese - nata dalle ceneri delle feste delle piazzette di Muzzano - con la colonna sonora più contemporanea possibile, che interagisce in modo organico con cene popolari, famiglie, bambini, anziani, gente di città, persone da mezza Svizzera e abitanti del piccolo nucleo. Questo «non ci interessa» è uno dei pochi non presenti nello spirito che da sempre ispira il festivalino (come preferiscono chiamarlo gli organizzatori), basato su una buona dose di voglia e improvvisazione, e sulla disponibilità di un giardino.
Facciamo la Corte! vince quest’anno uno dei Premi speciali di musica, assegnati dall’Ufficio federale della cultura, per la curatela e la qualità dimostrata in anni di programmazione e selezione, ma anche per motivi che vanno oltre l’esperienza musicale. C’entra sicuramente la costanza lenta - o slow, se preferite - e la crescita a impatto contenuto e commisurato alla situazione. C’è lo sviluppo graduale, passo per passo, dell’offerta e delle strutture. C’entra ovviamente la sensazione di familiarità e accoglienza, di “porta aperta”, di partecipazione e di comunità allargata, che si raccoglie tra piazze, passaggi, giardini privati e lavatoi, anche senza parlare la stessa lingua, capendosi grazie a una frequenza collettiva su cui si è sintonizzati: quel concetto di attitudine e di filosofia citato all’inizio.
In questi anni di dibattito e discussione sul tema della cultura indipendente, della necessità di spazi, del bisogno di tolleranza per le attività di aggregazione, ho avuto modo di parlare con molte persone che fanno proposte di valore culturale e sociale nella Svizzera italiana, e c’è qualcosa che le accomuna tutte, malgrado le normali differenze (di offerta, di disponibilità economica, di obiettivi): è un passato o un presente di spostamento. Gente che ha vissuto oltre Gottardo, oltre confine, oltre oceano o che ha regolarmente visto e frequentato altro, e che in qualche modo ha osservato, capito e preso nota, decidendo poi di riproporre a casa quello che aveva vissuto di bello fuori.
È questa predisposizione al confronto che rende molte iniziative attuali - alcune già longeve - genuine, riconosciute e di successo; che si tratti del Verzasca Foto Festival o della gestione del Lido San Domenico di Lugano per fare due esempi su tutti, a titolo esplicativo. Quella volontà di mettersi in gioco, di accogliere, di innestare il resto del mondo nella realtà unica in cui viviamo, preservandone gli aspetti specifici, celebrandoli, ma aprendoli verso l’esterno. Forse è per questo che, malgrado la situazione di difficoltà attuale, la varietà e la qualità media delle proposte presenti sul territorio è gradualmente cresciuta negli anni: molta gente è partita dal sud delle Alpi, ma qualcuno ha anche deciso di tornare, definitivamente o regolarmente, e queste contaminazioni sono ovunque, dalla musica all’arte.
"Facciamo la corte!": un po' di ambiente
Anche il successo di Facciamo la Corte! si fonda su questo schema: persone, musicisti, che suonando hanno girato la Svizzera, prendendo spunto sul come essere accolti e trattati, come sentirsi a casa anche altrove.
I primi ticinesi ad aver vinto un premio federale della musica sono stati i Peter Kernel, un gruppo/famiglia/etichetta discografica, una “band-mondo” nata dall’urgenza di esprimersi e di creare, che ha saputo conquistarsi un posto di rilievo mettendosi in gioco su scala nazionale, con un’identità precisa, rotonda, spontanea, che ha un po’ “inventato” un modo di fare il musicista “indie” anche in Ticino, e di farlo come mestiere.
Non c’erano esempi simili da queste parti, ma bastava guardare fuori.
Forse è proprio grazie alle varie forme di assenza di offerta, che si potevano riscontrare fino a una ventina di anni fa, che tanto è sbocciato in seguito, per un pubblico giovane o comunque “alternativo” (passatemi il termine). Gruppi, eventi, spazi che sono nati anche senza basi solide, senza mezzi, senza aiuti, allo scopo di colmare un vuoto. Questo spirito perdura in tante situazioni attuali - recenti o sopravvissute nel tempo - anche se sono confrontate a grande precarietà, malgrado la proposta culturale generale sia aumentata. Questa motivazione va mantenuta, in termini di incoraggiamento umano e comunitario, ma va anche sostenuta dai giusti strumenti, politici ed economici. Alcuni segnali incoraggianti, soprattutto dal Canton Ticino, sono arrivati; ora questa voglia di confronto e di scoperta dovrebbe essere diffusa in tutte le istituzioni, ma non solo verso chi crea e propone cultura. La partecipazione a momenti di scambio tra omologhi di altre realtà comunali o cantonali, l’interazione con associazioni o professionisti, la frequentazione di luoghi, locali ed eventi che possono fungere da paragone o da esempio: chi opera nel campo della cultura per le istituzioni dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter lavorare in questo modo, e si presuppone anche che abbia la volontà di farlo, altrimenti, che sviluppo ci può essere? Per migliorare, per preservare, per mettersi al pari di altre realtà, per lo meno con quelle simili per grandezza e popolazione.
Diverse città ticinesi si sono proposte come Capitale Culturale Svizzera 2030: forse sarà una spinta per procedere in questa direzione di confronto e di scoperta.

Premio federale per Facciamo la Corte!
RSI Cult+ 05.06.2025, 13:32
Il premio che riceve Facciamo la Corte! quest’anno arriva in un momento, come detto, di grande discussione sullo stato di salute della cultura. Si sta parlando molto di professionalizzazione, di stipendi equi. Di spazi, di sostegni finanziari, di maglie burocratiche fuori tempo, non aggiornate. Si parla anche di legittimità, di riconoscimento, di lotta per la sopravvivenza di alcune sottoculture. Sono temi in agenda, un po’ a singhiozzo, ma che si sono imposti, soprattutto a seguito di un importante movimento come quello generato da La Straordinaria - Tour Vagabonde e dall’Associazione Idra. Anche la popolazione ogni tanto si fa sentire, con raccolte firme e dimostrazioni di sostegno per determinate cause. Interrotto da bizzarri momenti di silenzio, il tema è comunque, finalmente, presente.
La grande sfida ora sarà quella di procedere, in modo unito, verso dei giusti riconoscimenti per questo mondo culturale, verso una forma di stabilità, di correttezza, di collocazione. Il tutto senza eccedere in burocrazia, in struttura, in “istituzionalizzazione”.
Questo percorso doveroso non dovrebbe però corrispondere alla pretesa - da parte delle istituzioni - o alla convinzione - da parte di artisti e operatori del settore - che ci sia solo un modo lineare di fare cultura. Bisogna creare o difendere lo spazio per non perdere la spontaneità, l’improvvisazione, l’errore, la prova, la ricerca. Bisogna garantire il giusto margine per una forma di chiasso, di disappunto, di confronto. Bisogna continuare a praticare l’arte di arrangiarsi, di rischiare; allenare l’entusiasmo, cercare il fuori programma, sostenere l’urgenza e la voglia.
Da condizioni come queste possono nascere tante idee, che a volte vengono anche viste e riconosciute.
Nuove uscite al cinema, Premi svizzeri di musica 2025, “Il Diavolo veste Prada 2”
Fresco di Zona 05.06.2025, 13:00
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