Musica pop

Le molte vite di Quincy Jones

Musicista, arrangiatore e produttore, tra gli altri, di Michael Jackson, ha plasmato il suono della modernità

  • Ieri, 11:03
  • Ieri, 18:18
28:27

Quincy Jones

Musicalbox 01.08.2025, 17:00

  • Imago Images
  • Alessandro De Rosa e Charlie Rapino
Di: Alessandro De Rosa/Charlie Rapino/Red. 

Iniziamo con una festa: It’s My Party di Lesley Gore (1963), che per la cantante statunitense fu un grandissimo successo, ma forse in pochissimi sanno che dietro, in qualità di produttore, arrangiatore e direttore artistico, c’era un giovanissimo Quincy Jones.

Frank Sinatra ascolta l’arrangiamento di questo pezzo, che in origine si intitolava Let Me Swing among the Stars, titolo che all’annuncio del programma spaziale americano da parte di Kennedy verrà trasformato in Fly Me to the Moon. Sia Sinatra che Jones erano molto attenti a quello che il pubblico o l’americano medio stava vivendo. E cos’è che stava vivendo in quel momento? Il fatto che saremmo andati sulla Luna.

Quincy Jones ha firmato uno dei pezzi strumentali più riconoscibili di sempre, Soul Bossa Nova. Chi ha studiato orchestrazione forse ricorderà un manuale, il Mortari/Casella, conosciuto fin dagli anni ’50. In quelle pagine si parla di tutto ciò che stava arrivando dai movimenti come il jazz, e del loro modo di sovvertire completamente l’utilizzo degli strumenti.

Ascoltando Soul Bossa Nova viene proprio in mente questo: sono dei tromboni, è una brass band ma sembra qualcosa d’altro, come una macchina tutta scassata che frena male. Non facciamoci ingannare dalle immagini evocate: questo pezzo è un totale capolavoro della produzione. E diventa anche un numero uno nelle classifiche. Erano gli anni in cui i pezzi strumentali arrivavano al numero uno in classifica, erano delle hit.

Quincy Jones contribuisce a creare il fenomeno Michael Jackson. Off the Wall, disco di Jacko del 1979, è totalmente rivoluzionario. 

Jones è stato una delle poche figure importantissima sul palco e ancor di più dietro le quinte. Assieme a Bobby Colomby crede in un “rifiuto” della Motown, perché all’etichetta di Berry Gordy nessuno credeva in Michael Jackson. Jones capisce il suono globale, perché il pezzo è scritto da un certo Rod Temperton, proveniente da un posto molto depressivo in Inghilterra che si chiama Grimsby. In Off the Wall Michael Jackson ci mette voce e talento, ma il disco è di Quincy Jones e Rod Temperton. È un album che rende chiaro cosa fosse all’epoca un produttore.

Gli arrangiamenti di fiati non sono suoi ma di Jerry Hey. Perché Jones è produttore, deve gestire il gusto. Una “arroganza umile”, la sua, che di certo avrebbe potuto curare tutti gli arrangiamenti, se avesse voluto. D’altronde era lui stesso a ripetere che bisogna avere un’ambizione talmente grande da bruciare qualsiasi ego, per andare oltre te stesso e includere gli altri.

Quincy Jones diventa una sorta di medium e di collettore di tutto un movimento afroamericano. Se si pensa a lui si pensa al riscatto, a una persona che ha documentato la sua vita inquadrandola da fuori, includendo alla fine un sacco di persone insieme a lui.

È un paradosso, ma si può dire che gente come Quincy Jones e Nile Rodgers degli Chic sia stata più importante per l’emancipazione degli afroamericani che lo stesso Martin Luther King. Ovviamente fatte le debite proporzioni. La musica crea comunità, il linguaggio della musica è stato estremamente importante. 

Creando Michael Jackson, ha addirittura creato la prima star a livello globale, ed era un afroamericano. Prima le star globali non esistevano. Sinatra non era globale come lo sono stati i Beatles più tardi, ma i Beatles sono un gruppo, attenzione. Gli Zeppelin sono un gruppo, è una cosa diversa. Qui parliamo di un artista che fa pop e diventa una star globale, un fenomeno di costume generale.

Quincy Jones è stato una figura trasversale, capace di passare dall’epoca del bebop (che lui suonava in qualità di trombettista) al pop, all’hip hop e, come diceva lui, alla fine al laptop. Lasciando ovunque il segno. Ancora oggi i produttori inseguono la perfezione racchiusa in un pezzo come Billie Jean, nel quale si sentono tante cose ma organizzate in modo semplice. 

Quincy Jones è morto il 3 novembre 2024 all’età di 91 anni.