La morte di Gary “Mani” Mounfield si porta via un altro pezzo di quel periodo a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 in cui il rock visse una (un’altra) delle sue migliori primavere. Mani era il bassista degli Stone Roses, formazione di punta del Madchester, genere che mescolava psichedelia Sixties e ritmi ballabili figli della acid house.
Soprattutto, Mani era figlio di Manchester, città che tra le sue vestigia post-industriali vide crescere una scena musicale culminata nei trionfi commerciali dei fratelli Gallagher. Prima di loro, oltre ai Roses, Joy Division/New Order, Buzzcocks, Fall, Smiths, Happy Mondays, Inspiral Carpets. Un movimento nato a partire dagli anni ’70 e che nelle quattro corde del basso ha trovato pulsazioni vitali. Su tre decenni di rock mancuniano ha vegliato una trinità composta da Peter Hook dei Joy Division, Andy Rourke degli Smiths e, appunto, Mani.
La Manchester finita dritta dritta nelle guide del rock era animata dalla 24 Hour Party People, per dirla con il regista Michael Winterbottom: un ambiente culturale vivace fatto di club e atmosfera di festa non stop. Cattedrale mondana, epicentro di questa movida dell’Inghilterra settentrionale, fu la Haçienda, locale aperto da Tony Wilson. Wilson era il patron della Factory, etichetta che, fedele al nome, marchiava ogni prodotto con un numero di serie. La Haçienda era il 51. Fu sulla sua pista che, una notte del 1988, dopo scalo a Ibiza, atterrò la acid house, nata a Chicago qualche anno prima. Da quelle parti la meglio gioventù ci prese gusto a sudare dimenandosi sui beat di queste nuove musiche da ballo. Il suo stile era baggy: abiti larghi, comodi per ballare, tute sportive e cappelli da pescatore. Trionfavano le fibre sintetiche, così come sintetici erano certi consumi in quelle folli notti. Fra i frequentatori della Haçienda i giovanotti del giro delle band cittadine, anche loro attratti dai rave, affini per spirito agli happening psichedelici degli anni ‘60. Non a caso il boom inglese della acid sarà ribattezzato Second Summer of Love.
Torniamo così al Madchester (nella cui radice riecheggiano quei tempi pazzerelli), alla sua combinazione di ritmiche danzerecce e melodia chitarristica, di funk urbano e attitudine indie rock, e alla copertina ispirata a Pollock del primo, omonimo album degli Stone Roses. A detta di tanti - praticamente di tutti - il migliore dei due LP di Ian Brown e soci, a cui seguì il deludente Second Coming (anche se da un pezzaccio come Love Spreads si torna sempre molto volentieri).
In The Stone Roses (1989), la chitarra di John Squire getta tintinnanti cascate sonore, Brown gioca a fare il Messia, mentre a pompare il motore ritmico provvedono Mani e la batteria di Alan “Reni” Wren.
Il basso di Mani sembra quasi avvolgerti in I Wanna Be Adored, si muove su circuiti ipnotici in She Bangs the Drums, disegna orizzonti in Waterfall. Per prendere solo le prime tre canzoni. Un contributo, il suo, che spicca pure nei singoli pubblicati successivamente dalla band: lo sentiamo funkeggiare sornione alla guida di Fools Gold, mentre in One Love tratteggia misteri per poi trottare su sentieri di asfalto cittadino.
Nel 1996, subito dopo lo scioglimento dei Roses, Mani si aggregherà ai Primal Scream: la band di Bobby Gillespie viene da più a nord, dalla Scozia, ma anch’essa trae nutrimento dalle stesse fonti dei colleghi di Manchester. Aiuterà l’allegra combriccola a riprendersi dal tonfo di Give Out But Don’t Give Up (1994) e resterà in formazione fino al 2011, anno della reunion degli Stone Roses, apprezzatissima dal pubblico con concerti da tutto esaurito. Nel frattempo, aveva partecipato a Freebass, progetto in comunione con gli altri due esponenti della triade di cui sopra.
Mani era tifosissimo dello United, e This Is the One degli Stone Roses viene suonata prima delle partite a Old Trafford. Un legame stretto, tanto che società e curva dei Red Devils gli hanno reso tributo. Il giusto omaggio per chi ha vissuto di forti emozioni e ne ha donate di pari intensità. Facendo la sua parte per sconfessare i meme canzonatori che circolano sui bassisti, tra l’altro.
Addio a Mani degli Stone Roses (Radio Monnezza, Rete Tre)
RSI Cultura 02.12.2025, 21:00
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