Musica italiana

Neffa e I Cani, il ritorno degli assenti della musica italiana

Entrambi riluttanti alla fama, erano spariti da tempo entrando nel mito forse più di quanto avrebbero voluto

  • Oggi, 11:02
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Giovanni Pellino, in arte Neffa

  • Imago/Zuma press
Di: Patrizio Ruviglioni 

A volte fa più l’assenza della presenza. O perlomeno questa è la storia di due maestri della musica italiana recente, riluttanti a un ruolo tanto ingombrante e alla fama in sé, spariti da tempo e, per questo, finiti nel mito ancor di più di quanto, forse, avrebbero voluto. E che, comunque, nel giro di una settimana sono tornati sulle scene, seppur in maniere diametralmente opposte. È successo ad aprile, appena prima di Pasqua, rompendo un lungo silenzio, quando in pochi ormai ci speravano davvero. Uno è Neffa, cioè Giovanni Pellino, 57 anni, fresco dell’album Canerandagio Parte 1, prima parte di un progetto che proseguirà fino all’autunno, con un secondo disco e un live al Forum di Milano. L’altro è Niccolò Contessa, 39 anni, della generazione successiva, che con Post mortem ha riportato in vita I Cani, la band di cui è animatore e unico membro (si parla di one-man band), anche qui in tour da novembre. Entrambe, nel loro piccolo, sono operazioni epocali e parallele.

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Il ritorno di Neffa con “L’inchino”

Un' ora per voi 04.05.2025, 13:00

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Nel caso di Neffa è sia un ritorno sulle scene e sia uno a un genere. Riconosciuto come il miglior rapper italiano anche dagli stessi colleghi, è tra i pionieri dell’hip hop negli anni Novanta, partendo dai centri sociali – il primo incubatore di quella musica, nel paese – per portarla nel mainstream con risultati eccellenti dai Sangue Misto (SxM, 1994) alle pietre miliari Neffa & i messaggeri della dopa (dove c’è il singolo Aspettando il sole, 1996) e 107 elementi (1998). Dal 2001, però, era passato al pop e all’r&b, con buoni risultati – La mia signorina e Aspettando il sole, tra i tanti – ma lasciando il testimone della scena ad altri. Altri che, appunto, lo avrebbero venerato come un maestro (Fabri Fibra su tutti), contribuendo alla definitiva rinascita del rap dopo l’inevitabile stallo post-Neffa, fino al successo di massa di oggi, mai così grande. È una fase cominciata con la nuova scuola, di Guè solista e della trap, tra il 2013 e il 2016, nel momento in cui Neffa si allontanava dalla musica tutta – l’unica eccezione è AmarAmmore (2021), ispirato alla musica napoletana, l’altro suo amore.

Ciò ha fatto sì, un po’ inaspettatamente, che le nuove generazioni crescessero nel suo culto e che da lì s’iniziasse a invocarne un ritorno al genere, anche solo per chiudere un cerchio e raccogliere gli applausi che alle origini, in un momento più underground, non aveva potuto prendere. Ma era lui stesso a rimandare l’idea, a non parlare volentieri del passato, a definirsi “cantante” e non “rapper”, come fosse stata solo una fase di passaggio, per quanto seminale.

Cos’abbia pensato in questi anni Contessa, invece, non è addirittura dato saperlo. Refrattario, anche lui, alla fama, è sparito dai radar nel 2016, all’apice del successo di I Cani con l’album Aurora, il terzo, apripista al nuovo pop italiano di Calcutta (che aveva prodotto con Mainstream, nel 2015) e TheGiornalisti, un mondo di cui è considerato padre nobile. Nessuna intervista, spiegazione, traccia, neanche sui social. Semmai solo qualche colonna sonora – a nome suo peraltro, e non del gruppo – e canzoni pubblicate in maniera del tutto estemporanee, come le due con i Baustelle del 2023. In mezzo, la pandemia, che si è divorata quella scena (lanciando ancor di più proprio il rap) nata dall’indie e dall’alternative, per lo più romano, e arrivata fino ai grandi palchi, ma senza lasciare un segno profondo a causa dei tempi ridotti e del numero eccessivo di “cloni” degli originali, tra cui Contessa stesso. Sono rimasti in pochi, Calcutta su tutti, e l’impressione è che, salvo eccezioni, la scena si sia avvitata su sé stessa, perdendo la freschezza che le aveva permesso d’innovare la musica italiana. Nel dubbio, I Cani non hanno spiegato neanche questo ritorno.

In entrambi i casi, quindi, l’idea era che, se fossero tornati, i due avrebbero offerto una “lezione” ai rispettivi i generi. Ma non è andata così. Piuttosto che pubblicare un lavoro raffinato e denso come 107 elementi, per dire, Neffa ha preferito confrontarsi con i modi di fare rap oggi: il che significa un album immediato – con testi, dice, “scritti in dieci minuti, mentre all’epoca s’impiegavano giorni” – e delle ospitate che, più che cercare il revival, coinvolgono nuove e perfino nuovissime generazioni, cercando un dialogo, tanto che finisce spesso che il protagonista si adegua ai loro stili. Ci sono Frah Quintale, Ele A, lo stesso Fabri Fibra, Izi, Gemitaiz e Guè, tra i vari. Ne viene fuori un omaggio all’hip hop stesso: un suono che è cambiato e si è evoluto dagli anni Novanta, e che lui ha voluto celebrare misurandosi e allineandosi con ciò che è oggi, lasciando da parte le velleità da maestro. Il cerchio non si chiude, perché la storia è ancora aperta.

Neanche di là, poi, si chiude un cerchio, ma solo perché non c’è niente da chiudere. Post mortem, già dai testi, è un inno sottile allo sfilarsi dalle aspettative altrui, a fare solo ciò che rende felici, ma racconta una storia diversa da quella di Neffa proprio per il contesto in cui s’inserisce. Se il rap splende, l’it-pop, dicevamo, arranca. E I Cani, invece che adeguarsi a ciò che avevano costruito e lanciato, hanno scelto la strada opposta: questo non è un seguito di Aurora, un lavoro che impartisce una lezione su come andrebbe fatto l’it-pop, ma un progetto legato a ciò che resta dell’alternativa, sporco e difficile da leggere, legato al cantautorato degli stessi Baustelle e così come a nomi come Iosonouncane e Andrea Laszlo De Simone. In ogni caso, è lontano dall’immediatezza del pop che ha fatto scuola de I Cani stessi, non è un aggiornamento di sorta. È semmai un fuoripista. Un album che, implicitamente, già dal titolo, certifica che la scena generata da Contessa non esiste più, che lui si muove oltre. Pur ricollegandosi in minima parte alle radici alternative, è un lavoro molto più di rottura di quanto non lo fossero i suoi precedenti, o di quanto lo sia quello di Neffa. La cui scena sta talmente bene che diventa lui, a questo punto, quello che vuole e deve inseguire.

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Il nuovo album de I Cani (Radio Monnezza, Rete Tre)

RSI Cultura 06.05.2025, 20:00

  • Maurizio Forte

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