È significativo notare quanta musica oggi inviti a rallentare e a prendersi il tempo per sé stessi. Come se decelerazione e contemplazione fossero l’unica medicina contro il logorio psico-fisico di una società sempre più frenetica. Gli zurighesi Namaka lo fanno con Cloudspotting (Mouthwatering Records): sdraiarsi sull’erba, o su un tetto e osservare le nuvole che passano, lasciando vagare i pensieri.

Sophie Adam e Philipp Schlotter sono tornati 4 anni dopo l’album Restore, con una nuova passeggiata nel loro parco giochi che oggi contiene, oltre al fedele laptop, anche un registratore a cassetta a quattro piste.
In undici tracce dal sapore dream pop elettronico, di cui tre sono dei “corti strumentali”, Namaka riflettono sul flusso inarrestabile della vita e sul rumore costante della società, arrivando a una conclusione: siamo sempre in movimento e raramente ci prendiamo il tempo per guardarci dentro, fermarci, riflettere e capire veramente chi siamo e che cosa vogliamo. «È un mondo veloce, che corre, e noi dobbiamo trovare un posto lì dentro e confrontarci con ciò che succede attorno a noi. Ed è importante riuscire a trovare ovunque la tranquillità» riflette Sophie.
Nel nuovo album, Namaka meditano anche sul nostro modo di relazionarci con il mondo circostante ed esplorano le radici della memoria ereditaria nel contesto familiare: da madre a figlia, da genitore a figlio. È un grande omaggio alle storie che vivono dentro di noi. «La musica che facciamo è legata anche alla propria condizione, quindi è sempre in evoluzione» spiega Sophie, «La musica per entrambi è un modo di elaborare qualcosa e di affrontare il mondo esterno. Come scattare un’istantanea. È come conoscersi di nuovo, ogni volta, in una nuova fase del proprio sviluppo personale».
La colonna sonora di questo invito all’autoaffermazione è un bouquet sonoro aperto ed evocativo, organico e a tinte dark. «Noi non siamo una band di surf rock, che fa surf rock a ogni album. Noi andiamo altrove, e questo vale per entrambi. È anche importante che non ci siano confini stilistici netti» osserva Philipp. E, sopra tutto, c’è la voce angelica di Sophie Adam, sincera, intima e inquietante come i tempi che viviamo.
