Darren Alexander Foreman, in arte Beardyman, era un ragazzo decisamente strano, come dice lui stesso. Questa stranezza, però, l’ha portato a esplorare il quesito al centro dell’ultima puntata di Soulovers: cosa è possibile fare con il primo strumento mai esistito, ovvero la voce umana?
”Polyphonic Me”
Soulovers 11.05.2025, 21:00
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Nella sua TED talk di 11 anni fa, dal titolo The Polyphonic Me, Beardyman presentava quello che ha battezzato come il Beardytron 5000, un sistema elettronico che gli permette di manipolare la voce in tempo reale per trasformarla e superare alcune barriere fisiche.
Fino a Beardyman e al suo intricato marchingegno, un cantante che voleva sembrare una band doveva registrare più volte sovrapponendosi a sé stesso. Ma è proprio come dice Beardyman? È davvero fisicamente impossibile per la voce umana generare due suoni contemporaneamente? Non sarebbe d’accordo Bobby McFerrin, che i più conoscono per Don’t Worry Be Happy, ma che in carriera ha fatto molto di più e ha influenzato generazioni di artisti. Il disaccordo lo mostra dal vivo riproponendo il suo classico Drive. In questo pezzo si può sentire un esempio di throat singing (che potremmo tradurre con “cantare con la gola”), in realtà un trucco usato in molte culture che però è impegnativo, limitante e doloroso per le corde vocali.
Gli ostacoli di cui stiamo parlando non hanno impedito a John De Leo, probabilmente il più importante cantante contemporaneo italiano, di creare momenti magici con i suoi Quintorigo. Come nel loro disco Rospo, del 1999. O in Zahra, brano estratto da Grigio, che è un magnifico esercizio vocale consistente nell’utilizzo della tecnica dello stacking, ossia la sovrapposizione delle tracce per ottenere l’effetto-band con le voci in studio.
Lalah Hathaway ha una caratteristica delle corde vocali che le permette di farle vibrare due volte contemporaneamente: la parte alta le rimane attaccata e vibra insieme a quella bassa. La cantante ha spiegato che questa sua abilità risale all’infanzia. Ha scoperto di averla a 12 anni e ha iniziato a usarla per impressionare amici e familiari. Per imparare a controllarla ha impiegato anni. Ben spesi, perché oggi parliamo di un’artista più unica che rara. Un’aliena, come scherzosamente si definisce.
Jacob Collier è sempre stato “oltre”. Ed è riuscito a portare questi suoi talenti anche dal vivo, con un sistema complesso tanto quanto il Beardytron 5000. Chi ha avuto la fortuna di vederlo in concerto non ha potuto che constatare una cosa: siamo di fronte a un altro tipo di essere umano. E anche se una delle sue canzoni ci invita a non preoccuparci, una preoccupazione sorge: preservare questo ragazzo perché è destinato a grandi cose.