Questa settimana si è celebrato il compleanno di Instagram: 15 anni di un canale sociale che nel tempo ha avuto (grandi) alti e (grandi) bassi.
15 anni dalla prima foto pubblicata su quello che inizialmente voleva essere una sorta di servizio di geolocalizzazione, ma i cui sviluppatori in realtà avevano scoperto che agli utenti piaceva condividere le foto, cosa che altri social non permettevano di fare. E soprattutto – era la grande novità – piaceva il fatto che le foto venivano condivise direttamente dal telefonino: ai tempi, Twitter e Facebook funzionavano principalmente dai PC. Invece Instagram nasceva proprio per una condivisione mobile.
Instagram: 15 anni dopo
Kappa e Spalla 07.10.2025, 17:35
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Oggi sappiamo quanto è cambiato il panorama dei media grazie a Instagram: basti pensare alla creazione degli influencer, che adesso devono diventare creator – perché non basta più mettere in scena la propria vita: per monetizzare, bisogna spostarsi sulla creatività.
Quello che è interessante capire, però, è se abbiamo imparato qualcosa, dopo aver visto le ricadute positive e quelle negative dei social. In questo periodo qualche riflessione va fatta, perché stanno arrivando molte novità: ad esempio, Open AI ha lanciato la possibilità di creare e condividere video creati dal software Sora, video in cui magari posso giustapporre il mio viso a immagini di corpi altrui o generati dall’IA, o cederlo per l’uso da parte di altri…
Quindi, bene che si voglia spingere la creatività, però siamo in un periodo in cui la confusione intorno ai concetti di vero e falso comincia a essere preoccupante, così come è preoccupante come useremo davvero queste nuove possibilità. Alla fine, possibile che tutto ciò che avevamo pensato ci potesse offrire l’intelligenza artificiale si riduca magari alla creazione di video per il divertimento altrui?
Dobbiamo iniziare a rifletterci, e al di là dell’essere sempre un po’ apocalittici e un po’ integrati, come diceva Eco, è necessario capire dove si andrà. Non solo.
Questa settimana, sempre Open AI ha lanciato una campagna pubblicitaria dedicata a un altro suo prodotto, Chat GPT, che è quello che forse usiamo tutti di più. Questi spot sono molto caldi, molto familiari: un ragazzo ha invitato una ragazza a casa, vuole cucinare qualcosa e chiede a Chat GPT una ricetta che sia classica, ma che allo stesso tempo possa stupirla un po’. Quindi Chat GPT come quello che ti dà una mano in una situazione casalinga. Alla fine, è «Dove c’è Barilla c’è casa». Dove c’è Chat GPT, c’è casa. Quindi, l’idea di introdurre una nuova tecnologia solo attraverso il suo aspetto più familiare, più quotidiano. Ma anche questa quotidianità e questa familiarità, bisogna capirle. Cosa possono portare di positivo, ovviamente, ma anche di negativo.
In fondo, noi stiamo accettando una cosa che non avevamo chiesto, no? Come quei servizi delle banche o telefonici che ci vengono affibbiati, cose in più che però nessuno di noi aveva richiesto. Forse anche su questo, c’è da ragionarci.
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