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Giornalismo sotto attacco: la verità diventa bersaglio

Le uccisioni di reporter a Gaza e la crisi del diritto internazionale secondo lo storico Piero Graglia

  • Oggi, 08:30
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Anas al-Sharif, giornalista ucciso nella striscia di Gaza, 2025

  • KEYSTONE - EPA/Ahmad Fallaha
Di: Red. 

Qualche giorno fa, sei giornalisti dell’emittente Al Jazeera sono stati uccisi in un attacco israeliano a Gaza. Tra loro, Anas Al-Sharif, figura di punta dell’emittente, accusato dall’esercito israeliano di essere a capo di una cellula terroristica di Hamas. La notizia ha fatto il giro del mondo, sollevando interrogativi cruciali sullo statuto del giornalista di guerra e sulla tenuta del diritto internazionale.

«Lo statuto del giornalista di guerra prevede che vi sia un conflitto tra due entità statuali», spiega Piero Graglia, professore di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano. «Nel caso di Gaza, però, abbiamo uno Stato – Israele – che combatte contro un’organizzazione terroristica, non contro un altro Stato. Sarebbe più corretto parlare di operazione di polizia».

Questa distinzione non è solo semantica. Ha implicazioni profonde sul piano giuridico e morale. I giornalisti, soprattutto quelli indipendenti, godono di tutele specifiche in quanto portatori di informazione. «È un crimine di guerra ammazzare dei giornalisti durante un conflitto», afferma Graglia. «Soprattutto se non hai la giustificazione delle operazioni incontrollabili che avvengono quando ci sono due Stati che combattono».

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La sistematicità delle uccisioni mirate da parte degli Stati democratici

SEIDISERA 12.08.2025, 18:00

  • Keystone

Il diritto internazionale umanitario, che dovrebbe garantire la protezione dei civili e dei giornalisti, appare sempre più fragile. «Il diritto internazionale funziona solo quando i soggetti sottoposti sono deboli. Quando sono forti, fanno quello che vogliono. È la legge del più forte», denuncia Graglia. E aggiunge: «Se uno Stato non riconosce il diritto internazionale, l’unico modo per dissuaderlo è usare la forza. E questo apre scenari inquietanti».

In queste ore, il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha chiesto un’indagine indipendente sull’uccisione dei giornalisti. Ma Graglia è scettico: «Le indagini indipendenti servono soprattutto per smuovere l’opinione pubblica. Non sono strumenti cogenti per chi vuole fare quello che gli pare».

Il quadro che emerge è desolante. «Trent’anni fa dicevamo che l’ONU era morta a Sarajevo. Ora è morta una seconda volta a Gaza», commenta il professore. Il sistema internazionale sembra non reggere più. «Andrebbe ripensato dalle fondamenta, ma non c’è volontà da parte degli Stati più potenti. Gli Stati Uniti vanno per conto loro, la Russia è ormai uno Stato canaglia, e l’Unione Europea non riesce a prendere decisioni comuni».

In un mondo dove la verità è la prima vittima dei conflitti, il giornalismo di guerra diventa non solo testimone, ma bersaglio. E la sua difesa, oggi più che mai, è una battaglia per la democrazia.

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Giornalismo di guerra e legislazione

Alphaville 12.08.2025, 11:45

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  • Cristina Artoni

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