Geopolitica

I nuovi imperi

Come i grandi fondi d’investimento stanno riscrivendo le regole della geopolitica mondiale. BlackRock e soci decidono ogni giorno il destino delle imprese e delle economie, senza essere mai stati eletti

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Di: Mattia Cavadini (Mat) 

Nel mondo post-statuale, il potere non si misura più in territori, eserciti o ambasciate. Si misura in asset. E i nuovi imperi non hanno bandiere, ma portafogli. BlackRock, Vanguard e Fidelity — i tre colossi della finanza globale — gestiscono insieme 28 bilioni di dollari, una cifra che si avvicina al PIL combinato di Europa e Cina (come si legge Largers Asset Managers 2025). Non sono semplici gestori patrimoniali: sono architetti silenziosi dell’economia mondiale, con una capacità di influenza che supera quella di molti governi (in Bebchuk & Hirst, The Specter of the Giant Three, Harvard Law Review, 2019).

La loro forza non risiede solo nella quantità di denaro gestito, ma nella qualità delle partecipazioni. Questi fondi sono tra i principali azionisti di oltre il 90% delle società quotate sull’indice S&P 500 (in Specter of the Giant Three, Harvard Law Review, 2019).

Farmaceutica, energia, tecnologia, armamenti: non c’è settore strategico che non veda la loro presenza nel capitale. E con la proprietà arriva il potere di voto, spesso esercitato in modo coordinato, capace di orientare le scelte aziendali su scala globale.

08:22

Finanza e ambiente

Diderot 16.07.2020, 17:10

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In Svizzera, la vulnerabilità agli shock geopolitici è superiore alla media europea. L’apertura commerciale, la dipendenza energetica e la concentrazione delle esportazioni su pochi mercati rendono la Confederazione esposta alle turbolenze globali. E proprio in questo contesto, i grandi fondi SMP (Strategic Market Portfolios) si muovono con disinvoltura, investendo in infrastrutture, energia, tecnologia e finanza svizzera. BlackRock, ad esempio, è tra i principali investitori in aziende elvetiche quotate, influenzando indirettamente scelte strategiche e politiche industriali.

In Italia, il quadro è diverso ma non meno critico. La presenza dei fondi americani è massiccia nei settori bancario, energetico e delle telecomunicazioni. Quando BlackRock investe in Eni o Intesa Sanpaolo , non sta solo diversificando un portafoglio: sta orientando la politica energetica e finanziaria del paese. Vanguard, con la sua gestione passiva, detiene quote rilevanti in decine di aziende italiane, mentre Fidelity è attiva nel mercato obbligazionario e nella distribuzione retail. Il risultato? Una finanza che non osserva il mondo, ma lo modella.

Il paradosso è che lo fanno senza essere eletti, senza dover rendere conto a nessuno. La loro governance è opaca, le loro strategie sono spesso automatizzate, e il loro impatto è sistemico. Due professori di Harvard, Lucian Bebchuk e Scott Hirst, hanno stimato che entro vent’anni i tre fondi esprimeranno oltre il 40% dei diritti di voto nelle società quotate americane. Una concentrazione di potere che non ha precedenti nella storia del capitalismo.

Eppure, il dibattito pubblico resta timido. Si parla di banche centrali, di governi, di multinazionali, ma raramente si discute del ruolo dei fondi SMP (Strategic Market Portfolios) come attori geopolitici. E questo silenzio è parte del problema. Perché mentre la politica si frammenta, la finanza si concentra. Mentre gli Stati si indeboliscono, i fondi si rafforzano. E mentre i cittadini votano ogni quattro o cinque anni, i fondi votano ogni giorno, in ogni consiglio di amministrazione.

La finanziarizzazione dell’economia ha trasformato il capitalismo industriale in un capitalismo algoritmico. Le decisioni non vengono più prese nei ministeri, ma nei data center. L’intelligenza artificiale e i big data guidano le scelte di investimento, con una velocità e una scala che la politica non riesce a eguagliare. E così, il potere si sposta: non più verticale, ma reticolare; non più visibile, ma pervasivo.

Serve una nuova alfabetizzazione geopolitica. Non basta più parlare di Stati e confini: bisogna parlare di fondi, flussi e algoritmi. Serve una regolazione internazionale che limiti la concentrazione del potere finanziario, che imponga trasparenza, che restituisca ai cittadini la possibilità di incidere. Perché il rischio non è solo economico: è democratico.

I nuovi imperi non invadono. Investono. E il loro esercito è fatto di azioni, non di armi. Ma il risultato è lo stesso: controllo, influenza, dominio. Se vogliamo difendere la sovranità, dobbiamo iniziare a guardare dove si trova davvero il potere. E oggi, quel potere è cucito nei fondi. Silenzioso, ma decisivo.

29:54

Aria di tempesta sull'economia occidentale? 

Modem 14.06.2022, 08:30

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