Società

Icona inaspettata

Hello Kitty e la sua trasformazione culturale

  • 16 febbraio, 08:32
  • 16 febbraio, 10:55
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Di: Estelle Travella

Su un portamonete di plastica nel 1974 in Giappone nasceva un simbolo destinato a rivoluzionare la cultura pop: Hello Kitty. Originariamente commercializzata per i bambini, negli anni ‘90 ha riscosso un successo commerciale immenso, allargando il suo profilo e diventando un simbolo di ribellione, inclusività e trasformazione culturale. Dall’esplosione del kawaii in un giappone post-imperialista al successo globale e milionario della Sanrio, Hello Kitty riflette non solo una strategia commerciale di successo ma anche un’evoluzione culturale profonda.

Caratterizzata dall’assenza della bocca, la sua figura ha alimentato un’infinità di speculazioni: da un gesto di apertura empatica voluto da Sanrio, a oscure teorie che spaziano dal paranormale a tragiche vicende personali del suo creatore. Questo dettaglio ha trasformato Hello Kitty in enigma, invitando ad una riflessione più profonda sulla comunicazione e sull’immaginario contemporaneo.

Nel panorama musicale, Hello Kitty si rivela una musa eclettica, la cui immagine kawaii è stata abbracciata da un’ampia gamma di generi, dai toni leggeri a quelli più oscuri. Avril Lavigne, con la sua canzone “Hello Kitty”, ha sollevato controversie in termini di rappresentazione culturale, mentre Jazmin Bean con il suo brano omonimo ci porta in un viaggio intimo di superamento della solitudine attraverso il mondo edulcorato dei cartoni animati.

Se si pensa alla gattina - anzi, bambina come preferisce definire la Sanrio - non si può non pensare al mondo del fashion wear. Harajuku - distretto della moda giovanile giapponese a Tokyo - rappresenta un crogiuolo di stili dove Hello Kitty fonde lo stile kawaii ad uno streetwear più ribelle. Espandendosi su scala globale, stringendo collaborazioni con Balenciaga, Supreme, Uniqlo e molti altri, Hello Kitty diventa un ponte tra culture, ridefinendo le nozioni di appartenenza e espressione personale.

Tanti artisti ne hanno riappropriato l’immagine esplorando il concetto e la cultura kawaii. Sebastian Masuda, attraverso il suo uso di Hello Kitty nell’arte, ne approfondisce il significato non solo come estetica ma come commento sulla società e la globalizzazione. Questo approccio artistico sottolinea come il kawaii, e con esso Hello Kitty, possano essere letti come critica alla commercializzazione e alla perdita di innocenza, invitando a una riflessione più ampia sulla cultura contemporanea e le sue contraddizioni. Questo concetto viene esplorato nella mostra “cute” alla Somerset House, che celebra il 50° anniversario di Hello Kitty, attraverso le opere di artisti contemporanei.

Nel contesto sociale, Hello Kitty è stata abbracciata più volte dai movimenti femministi. Per le Riot Grrrl diventa simbolo di una femminilità che sfida le convenzioni, utilizzando l’icona per esprimere un senso di appartenenza e resistenza. Questa riappropriazione sottolinea come simboli apparentemente innocui possano diventare strumenti di espressione politica e personale.

Nell’era digitale, Hello Kitty ha trascorso con grazia il ponte tra il mondo fisico e quello virtuale, diventando una figura centrale nella cultura Sanriocore. Su piattaforme come TikTok, hub di nuove community e subculture, Hello Kitty è stata riconsiderata non solo come un’icona kawaii ma come emblema di espressione estetica ed identitaria. E-girls, e-boys hanno trovato in lei - assieme agli altri personaggi Sanrio - un simbolo con cui esplorare e ridefinire i confini dell’autorappresentazione online.

Hello Kitty ci lascia con un sorriso che, sebbene invisibile, è profondamente radicato nell’immaginario collettivo. La sua eredità, a cinquant’anni dalla nascita, è un testamento alla complessità dell’identità culturale, ricordandoci che, a volte, la vera forza risiede nella capacità di adattarsi e resistere, sempre con un tocco di cuteness.

Anna Göldi

RSI Cultura 20.10.2021, 02:00

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