C’è un debito che non si misura in franchi, né si negozia con le banche centrali. È il debito ecologico: quello contratto con la terra, con il mare, con il tempo. Un debito che cresce silenziosamente, mentre il mondo continua a produrre, consumare, inquinare. E che, come ogni debito ignorato, prima o poi presenta il conto.
In Bretagna, questo conto si chiama alghe verdi. Crescono a dismisura sulle coste, soffocano la vita marina, emanano gas tossici. Sono il risultato diretto di un’agricoltura intensiva, di allevamenti iperproduttivi, di un modello economico che ha trasformato la terra in fabbrica e il mare in discarica. Le alghe verdi non sono un incidente: sono un sintomo. Un segnale che qualcosa, nel rapporto tra economia e ambiente, si è rotto.
C’era una volta l’ansia ambientalista
Modem 10.02.2025, 08:30
Ma la Bretagna non è sola. In Svizzera, la pressione ambientale resta elevata nonostante gli sforzi di mitigazione. Il consumo di risorse naturali è superiore alla media europea. La mobilità, l’alimentazione e l’edilizia sono responsabili di oltre due terzi del carico ambientale globale. Le falde acquifere sono minacciate dai nitrati, i suoli agricoli impoveriti da pratiche intensive, e la biodiversità continua a diminuire. Anche qui, il debito si accumula.

La cappa di inquinamento che avvolge Milano
In Germania, le acque della Bassa Sassonia sono contaminate da fertilizzanti, mentre nei Paesi Bassi l’eccesso di azoto ha scatenato una crisi politica e ambientale. In Italia, la Pianura Padana soffre di un inquinamento atmosferico cronico, frutto di traffico, industrie e agricoltura non sostenibile. In tutti questi casi, il meccanismo è lo stesso: un sistema produttivo che da un lato genera ricchezza, dall’altro degrado.
Il debito ecologico non è solo una metafora: è una struttura di potere. Chi inquina non paga, chi subisce non decide. E la natura, che non ha voce né rappresentanza, viene trattata come un fondo da sfruttare, non come un soggetto da rispettare. Le soluzioni tecniche — pannelli solari, auto elettriche, compensazioni — non bastano. Serve una revisione profonda del modello economico, che metta al centro la giustizia ambientale.
Clima, il mio cervello fa lo struzzo
Il giardino di Albert 06.09.2025, 17:00
La crisi climatica non è solo una questione di CO₂. È una crisi del senso, del limite, della responsabilità. Ogni algale verde che si accumula, ogni falda contaminata, ogni specie scomparsa è una rata non pagata di un debito che ci riguarda tutti. È tempo di riconoscere che il benessere non può essere costruito sull’avvelenamento del suolo, dell’aria, dell’acqua. Il debito ecologico non si paga con denaro. Si paga con il cambiamento.
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Alphaville 12.05.2025, 11:45
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