Salute e ambiente

Il mondo invisibile che ci tiene in ostaggio

La crisi microbica, tra ghiacciai che rilasciano patogeni e antibiotici che non funzionano più. Antonella Fioravanti ci guida nel mondo dei microrganismi: adattamento, minaccia e possibilità di salvezza

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Ghiacciaio Rodano.jpg
  • Keystone
Di: Laser/Mat 

Nel rumore assordante delle emergenze globali — guerre, pandemie, crisi climatica — c’è una minaccia che non fa rumore. Non si vede, non si sente, ma cresce. È la crisi microbica. Invisibile, sottovalutata, eppure già in atto. Non è fantascienza, è biologia. E a raccontarla con precisione è Antonella Fioravanti, microbiologa di fama internazionale, nel suo nuovo libro dal titoloViaggio nel mondo invisibile (ABOCA edizioni). Un libro che ci costringe a guardare dove non vogliamo: nel mondo microscopico che ci tiene in vita.

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La crisi microbica: un’emergenza invisibile 

Laser 01.09.2025, 09:00

  • Emanuela Burgazzoli

«Gli organismi viventi più abbondanti di questo pianeta, i più antichi di questo pianeta, non siamo noi, non sono le piante, non sono neanche gli animali, ma sono i microrganismi», racconta Fioravanti al microfono di Emanuela Burgazzoli nella rubrica radiofonica Laser. Batteri, virus, funghi: sono loro a reggere l’impalcatura biologica della Terra. E sono loro, oggi, a ribellarsi. Non per vendetta, ma per adattamento. E noi, come sempre, siamo in ritardo.

Soprannominata “The Bugs Slayer” per le sue ricerche sull’antrace, Fioravanti ci ricorda che i microbi «hanno plasmato la storia dell’umanità in maniera più incisiva di ogni guerra o impero». Le pandemie non sono anomalie: sono risposte evolutive. E il cambiamento climatico le sta accelerando.

Lo scioglimento dei ghiacciai, ad esempio, non è solo una questione ambientale. È una liberazione di memoria biologica. «Ci sono degli studi che hanno calcolato che dai ghiacciai in fusione vengono rilasciati ogni anno 4/6 milioni di microrganismi nelle nostre acque». Un esercito silenzioso che torna a camminare.

Ma il vero incubo è la velocità. I microrganismi si adattano in pochi minuti. «Loro si adattano velocemente perché hanno dei cicli di vita che variano da alcuni minuti a qualche ora». Mentre noi discutiamo, loro evolvono.

E poi c’è la resistenza antimicrobica, definita dall’OMS come la più grande minaccia sanitaria globale. Fioravanti è lapidaria: «Tra il 1990 e il 2021, 1 milione di ricette all’anno nel mondo è stato causato da infezioni di microrganismi resistenti alle nostre medicine. E se non cambiamo passo, da qui al 2050 ce ne troveremo 2 milioni all’anno».

Il cambiamento climatico sta anche ridisegnando la geografia delle malattie. «In Etiopia e in Colombia un innalzamento di 0,2 gradi della temperatura ha fatto sì che le zanzare potessero insediarsi ad altitudini più elevate, portando la malaria in posti dove prima non c’era». Le mappe non bastano più. I confini si spostano con il termometro.

Fioravanti insiste sull’importanza della ricerca di base, quella che si fa nel fango, non nei titoli di giornale. E proprio da questa ricerca arriva un barlume di speranza. Fioravanti racconta di un fungo scoperto nel reattore di Chernobyl, capace di utilizzare le radiazioni come fonte di energia. «Questo fungo è stato portato sulla Stazione Spaziale Internazionale Europea ed è stato utilizzato in un esperimento nel 2020. È stato quantificato che riusciva a ridurre l’esposizione alle radiazioni del 2%». Un piccolo scudo biologico, una promessa di resilienza.

La lezione finale è brutale, ma necessaria: «Noi non dobbiamo salvare il mondo, noi dobbiamo salvare noi, la nostra specie, i nostri bambini, il nostro futuro. Il mondo si salva da solo, c’era prima di noi, ci sarà dopo di noi». I microrganismi, infatti, «stavano proprio bene senza di noi».

La crisi microbica non è una nota a piè di pagina nella storia dell’ecologia. È il suo cuore pulsante. E ci pone una domanda che non possiamo più rimandare: «La domanda è: ci vogliamo essere o no? Come ci vogliamo essere?». La risposta non è nei laboratori. È nelle scelte che facciamo ogni giorno. E nel coraggio di guardare il nemico invisibile, prima che sia troppo tardi.

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