Tecnologia e società

IndieWeb: la via alternativa

“Pubblica sul tuo sito, condividi altrove, resta sovrano di te stesso”: un movimento di sviluppatori e creativi riscopre l’autonomia digitale, tra blog personali e protocolli aperti

  • Oggi, 08:30
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  • IMAGO / NurPhoto
Di:  Emanuela Musto 

C’era una volta Internet.
Non quello che oggi ci rincorre con notifiche, algoritmi e pubblicità personalizzate, ma quello che odorava di plastica bruciata e modem a 56k. Un web lento, rumoroso, ma personale. Le homepage su Geocities brillavano come costellazioni digitali, i blog erano confessionali con sfondi stellati e i contatori di visite avanzavano con la lentezza di un bradipo. Era il web dell’artigianato digitale, dove ogni pixel e gif rappresentavano una dichiarazione di intenti, un atto d’amore.

Poi sono arrivati loro - i social network – e il panorama è cambiato. Più comodi e accessibili, certo, ma più centralizzati. Hanno semplificato l’esperienza: iscrizione in tre click, layout preconfezionati, pubblico garantito. E i più, sedotti dalla facilità, hanno rinunciato alla costruzione autonoma di spazi digitali. Le piattaforme, nel tempo, hanno assunto un ruolo sempre più attivo nella selezione e distribuzione dei contenuti. In alcuni casi, bastano pochi elementi fuori standard per vedere un profilo rimosso o un post etichettato come “non conforme”. Il web, da spazio di espressione, si è trasformato in un flusso regolato, dove la creatività deve passare prima dal metal detector del marketing.

Ma come in ogni fiaba che si rispetti, c’è sempre un gruppo di ribelli romantici pronto a riscrivere il finale. Si chiamano IndieWeb, e no, non sono un gruppo musicale alternativo. Sono sviluppatori, blogger, artisti, filosofi digitali che hanno deciso di tornare a essere padroni del proprio spazio online. Il loro motto suona più o meno così: “Pubblica sul tuo sito, condividi altrove, resta sovrano di te stesso.” Un invito a riscoprire il web come luogo di autonomia, non come condominio algoritmico.

Cos’è l’IndieWeb?

Secondo la definizione ufficiale, l’IndieWeb è un movimento che promuove la costruzione di un web decentralizzato, dove gli utenti possiedono e controllano i propri contenuti, identità e dati. Non si tratta di una piattaforma, ma di una filosofia: “Il tuo contenuto dovrebbe appartenere a te, non a una società terza”. In pratica, significa pubblicare sul proprio sito personale e poi, se si vuole, condividere altrove — una pratica nota come POSSE (Publish on your Own Site, Syndicate Elsewhere). Tra i principi chiave di questo approccio controcorrente vi sono il possedere i propri contenuti, metadati e identità. Costruire per sé stessi è il valore portante di questo approccio; creare strumenti che rispondano ai propri bisogni, non a quelli di un utente ipotetico. Il sito diventa così uno spazio vivo, non una vetrina, in cui il sapere tecnico diventa patrimonio comune attraverso la documentazione e condivisione. Parola d’ordine: modularità e longevità.

Per rendere possibile questa utopia digitale, l’IndieWeb si affida a standard aperti come Webmention (per ricevere notifiche quando altri siti linkano o rispondono ai tuoi contenuti), Microformats (permette di strutturare i dati in modo leggibile sia per gli umani che per le macchine) e Micropub (un protocollo per pubblicare contenuti sul proprio sito da app esterne). Questi strumenti consentono ai siti di “parlarsi” tra loro, ricreando un ecosistema distribuito dove commenti, like e risposte non dipendono da una piattaforma centrale.

Uno degli esempi più noti è quello di Aaron Parecki, co-fondatore del movimento, che gestisce il proprio sito come hub personale: pubblica articoli, foto, tweet, e persino check-in geografici, tutto sotto il suo dominio. Altri progetti come Micro.blog offrono soluzioni ibride per chi vuole entrare nell’IndieWeb senza dover scrivere codici.

Perché oggi?

In un’epoca in cui il 95% della popolazione si connette quasi esclusivamente da smartphone e percepisce Internet come un feed verticale da scrollare, l’IndieWeb ricorda che la rete non è solo social media. È anche uno spazio che può tornare ad essere creativo, anarchico, caotico. Non è solo nostalgia: è una risposta culturale alla crescente standardizzazione e alla gestione esterna dell’identità digitale.

Certo, non torneremo tutti ai blog glitterati degli anni ’90. Ma l’idea di raccontare la propria vita online in uno spazio che si gestisce direttamente, con libertà e consapevolezza, ha un fascino difficile da scrollare via. E se per farlo bisogna imparare cosa sono i Microformats, pazienza. Per molti, è un piccolo prezzo da pagare per tornare a scrivere — e a leggere — con maggiore autonomia.

25:41

Dipendenza tecnologica

Laser 22.09.2025, 09:00

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  • Alessandra Bonzi

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