«Noi oggi stiamo riducendo la biodiversità a un ritmo che è superiore a quello causato dall’asteroide che 66 milioni di anni fa causò l’estinzione dei dinosauri», avverte Pievani. L’asteroide questa volta siamo noi; l’era che stiamo vivendo si chiama Antropocene, e vede l’uomo quale responsabile di questa estinzione.
Questa “sesta estinzione di massa” in corso solleva questioni cruciali sul nostro impatto sull’ambiente e sulla nostra capacità di affrontarlo. I mammiferi, antenati dell’uomo, allora sopravvissero, ma non è detto che oggi l’uomo sopravviva a questa estinzione della biodiversità.
Del resto, contrariamente alle idee comuni, l’evoluzione non è sinonimo di un progresso costante. L’evoluzione è in realtà un processo contingente, nel senso che non prevede un miglioramento necessario. Le specie più durature sono spesso quelle più flessibili e opportuniste, capaci di adattarsi rapidamente ai cambiamenti ambientali. Nonostante il successo evolutivo, l’uomo appare oggi vulnerabile a causa della sua giovane storia evolutiva e della rapido stravolgimento dell’ambiente.
Fra questi stravolgimenti, il surriscaldamento climatico è una sfida senza precedenti che mette a repentaglio la sopravvivenza di molte specie, fra cui l’uomo. «Se noi arriviamo vicino ai tre quattro gradi di aumento della temperatura – spiega Giuseppe Remuzzi – andiamo vicino a fenomeni che sono già successi in passato che comportano l’estinzione del genere umano».
Di fronte a questa minaccia, la scienza appare come la migliore alleata: «Possiamo fidarci della scienza? – si interroga Giuseppe Remuzzi – È l’unica possibilità che abbiamo e io sono fiducioso che gli scienziati col nostro aiuto, perché ciascuno di noi deve fare la sua parte, gli scienziati forse la soluzione la troveranno».
Scienza ma anche responsabilità collettiva, perché, come sottolinea Telmo Pievani: «ci vuole fantasia, immaginazione e un po’ di generosità per chi ancora non c’è, ma ci sarà in futuro».
Dove comincia l’uomo
Laser 30.04.2025, 09:00
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