storie

Afghanistan, l’eterno ritorno

L’ultimo secolo afghano è una successione di guerre civili e interventi di potenze esterne. Da re Amanullah ai talebani, ogni volta che il paese sembra pronto per un’evoluzione verso la libertà, finisce per tornare al punto di partenza

  • Oggi, 08:00
1:43:02

RIVERBOOM

Storie 26.10.2025, 20:40

Di: Roberto Antonini 

In occasione della messa in onda su Storie del documentario Riverboom di Claude Baechtold - un viaggio attraverso l’Afghanistan dei primi anni Duemila - ospitiamo un intervento di Roberto Antonini riguardo al Paese dell’Asia meridionale, crocevia della storia dell’ultimo secolo.

Si torna regolarmente alla casella di partenza, in Afghanistan.
La Storia ci propone una sorta di eterno ritorno: la maledizione che si abbatte sul Paese, poi la rinascita e poi di nuovo il buio, con la speranza che a fatica ritrova nuova linfa.

Paese perennemente in guerra, “tomba degli imperi”, perché lì in quelle “terre delle montagne” (Kōruno Watan in pashto, la lingua dei talebani) si sono consumati conflitti atroci e si sono schiantati, appunto, gli imperi: dapprima quello inglese nel XIX secolo, in quello che è stato battezzato “Il grande gioco”, poi nel XX secolo quello sovietico, e, più vicino a noi, quello statunitense. Nessuno è mai riuscito a conquistare quella terra ostile, che stando a un’amara leggenda fu creata per ultima da Dio, con il materiale di scarto dopo la creazione del mondo.

Poco più di 100 anni fa, fu un sovrano illuminato a far rinascere il Paese dalla ceneri della terza guerra anglo-afghana: re Amanullah cercò di far uscire l’Afghanistan dalle tenebre stabilendo che tutti, ragazze e ragazzi, avessero diritto al’’educazione, decidendo di annullare le distinzioni etniche sui documenti ufficiali, promuovendo l’arte e l’archeologia.
10 anni dopo, nel 1929, il monarca troppo progressista per i capi tribali venne rovesciato.
Un’altra età aurea arrivò negli anni ’60 e inizio ’70, prima della serie di colpi di Stato e dell’invasione sovietica del 1979.

Guerre e massacri, Afghanistan come terreno della “proxy war” tra Mosca e Washington. Saranno i talebani, una creazione del vicino Pakistan, a mettere fine, ma nel totalitarismo più estremo, alla guerra civile nel 1996. Segue un periodo di totale oscurantismo, in cui la libertà in tutte le sue articolazioni viene soffocata: fucilazioni sistematiche, lapidazioni, messa al bando di tutte le forme artistiche, dello sport, dei giochi. Censura spietata. Non volano più gli aquiloni, nei cieli di Kabul: “potrebbero infastidire Dio”. A farne le spese sono soprattutto le donne, sulle quali si abbatte la scure della repressione patriarcale più totale: per loro si chiudono le porte delle scuole e delle professioni. 5 anni di inferno, a cui mette fine il massiccio intervento statunitense.

05:29

Storie - Afghanistan, il racconto di Roberto Antonini

RSI New Articles 27.10.2025, 11:12

È il 7 ottobre del 2001, meno di un mese dopo gli attentati alle torri gemelle. I talebani non vogliono saperne di consegnare Osama Bin Laden: Washington non esita a lungo, vuole la testa di quello che considera il responsabile del maggior attacco terroristico nella storia americana. Cerca di stanarlo a suon di bombe. Cade il regime dei fanatici di Dio, e da subito si apre una nuova fase, dove malgrado la guerra strisciante che continua coi talebani, il Paese imbocca la strada di un certo progresso e di un’apertura democratica.

Il termometro dei diritti è sempre quello: la condizione femminile. Aveva fatto passi in avanti con Amanullah, poi di nuovo sotto i sovietici ed ecco che l’invasione yankee dà una nuova forte spinta all’emancipazione: vengono riaperte le scuole per bimbe e ragazze, e anche se la parità rimane una chimera, le donne entrano in parlamento e in numerosi ambiti professionali. Il ventennio “americano” porta un vento di inedita libertà, perlomeno nelle aree urbane. Ma Washington fa capo a un governo alleato corrotto, la superpotenza non capisce e non si interessa molto delle dinamiche interne. L’Afghanistan, in fondo, agli occhi degli americani serviva a fermare i sovietici prima, e poi a tagliare l’erba sotto ai piedi del terrorismo islamista. Dunque diventa vieppiù inutile nell’ambito della geopolitica. Venti anni che si concludono in quel tragico 15 agosto del 2021 quanto gli “studenti” di Allah (“taleb” in arabo, da cui “talebani”) riconquistano facilmente il potere.

Un ritorno, il loro: si tratta in sostanza degli stessi combattenti, o dei loro figli e parenti, che avevano fatto sprofondare l’Afghanistan nell’incubo 25 anni prima. Riappare subito il regime di schiavitù delle donne, costrette all’invisibilità sociale. I riflettori progressivamente si spengono, su quel Paese così retrogrado e misterioso agli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Il suo destino è ancora una volta in mano ai fanatici di Dio: ma contrariamente al passato, è un destino che si consuma nel disinteresse internazionale, se non nell’oblio. 

Correlati

Ti potrebbe interessare