100 anni dalla nascita

Margaret Thatcher: il ferro e la fiamma di un’era

Prima premier donna del Regno Unito, ridisegnò l’identità britannica del secondo dopoguerra, cambiandone per sempre la politica, tra audacia riformatrice e ferite sociali ancora aperte.

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Ritratto di Margaret Thatcher (1925–2013).

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Di: Elizabeth Camozzi  

Margaret Thatcher (13 ottobre 1925 – 8 aprile 2013) è stata la prima donna a guidare il Regno Unito e ad oggi rimane una figura controversa: per alcuni un simbolo di decisione e riforma, per altri l’origine di profonde fratture sociali.

Primo Ministro dal 1979 al 1990, vinse tre elezioni consecutive (1979, 1983, 1987) e impresse al Paese una traiettoria politica e istituzionale destinata a essere ricordata come thatcherismo.

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Margaret Thatcher

Altri Programmi 16.06.2025, 17:10

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Il bilancio del potere

Soprannominata la “Lady di ferro”, Thatcher non fu soltanto una leader longeva ma un’ideologa capace di dare forma a un progetto politico coerente. Come osserva il docente di storia delle istituzioni politiche alla LUISS Lorenzo Castellani, la sua eredità risiede proprio nella capacità di coniugare durata e visione.

La sua ascesa coincise con un decennio di crisi per il Regno Unito: inflazione, stagnazione, declino industriale, perdita di fiducia nei governi laburisti. Le crisi petrolifere del 1973 e del 1979 misero in ginocchio l’economia e la credibilità politica, mentre tra il 1974 e il 1979 il Paese visse una fase di instabilità e sfiducia (The Downing Street Years. Margaret Thatcher, HarperCollins, 1993). In questo scenario di disordine e incertezza, Thatcher seppe incarnare la promessa di restaurazione dell’autorità e del rigore economico.

Il thatcherismo non designa infatti solo uno stile decisionista, ma un insieme di politiche organiche che rivoluzionarono il rapporto tra Stato, mercato e cittadini.

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Graffiti art sotto il Southbank Centre, Londra.

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Le linee di forza: mercato, sindacati, Stato

Come sottolinea il professore di Scienze Politiche alla Scuola Sant’Anna di Pisa Edoardo Bressanelli (intervistato ad Alphaville insieme a Castellani): «I sindacati nell’idea di Margaret Thatcher erano il nemico», un freno alla disciplina economica, al contenimento dell’inflazione e alla competitività. Le leggi approvate tra il 1980 e il 1985 (Employment Acts e Trade Union Acts ) limitarono il diritto di sciopero e ridefinirono la contrattazione collettiva. Lo scontro culminò nello storico conflitto con i minatori (1984–1985), che segnò la sconfitta del sindacalismo tradizionale e la fine di un’epoca. La chiusura delle miniere e la disoccupazione che ne derivò trasformarono in profondità la geografia sociale del Paese (The BBC and the miners’ strike of 1984/85: coverage of the “Battle of Orgreave”. Jeremy Tranmer, 2022).

Parallelamente, Thatcher inaugurò una vasta stagione di privatizzazioni (British Telecom, British Gas, British Steel, British Airways), giustificate in nome dell’efficienza, della concorrenza e della riduzione del debito. Tuttavia, queste operazioni generarono anche precarizzazione, concentrazione di ricchezza e perdita di controllo pubblico su settori strategici (Privatisation and Regulation: The UK Experience. Kay, Colin e Thompson, Clarendon Press, 1986).

Non meno controverso fu l’intervento sul National Health Service e sul welfare. Pur ribadendo che la sanità sarebbe rimasta pubblica, Thatcher introdusse principi di mercato - competizione, libertà di scelta, controllo dei costi - e promosse l’esternalizzazione di alcuni servizi. Queste riforme volte a contenere la spesa, secondo analisi recenti rafforzarono però anche le disuguaglianze strutturali del sistema sanitario (The New Politics of the NHS: From Creation to Reinvention. Rudolf Klein, CRC Press, 2013).  

Politica internazionale ed interna: precisione tattica e forza retorica

Margaret Thatcher, in qualità di leader del Partito Conservatore britannico, a colloquio con il presidente degli Stati Uniti Gerald Ford nell'ufficio ovale nel 1975.jpg

Margaret Thatcher, in qualità di leader del Partito Conservatore britannico, a colloquio con il presidente degli Stati Uniti Gerald Ford nell'ufficio ovale nel 1975.

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Sul piano estero, Margaret Thatcher intrecciò un saldo asse con gli Stati Uniti, fondato su liberalismo economico e anticomunismo condivisi con Ronald Reagan. La loro alleanza ridefinì in effetti la postura occidentale durante la Guerra Fredda, sostenendo la deterrenza nucleare della NATO e l’opposizione all’URSS. Durante la guerra delle Falkland del 1982, il sostegno logistico e d’intelligence americano contribuì alla vittoria britannica, rafforzando il suo prestigio globale. Con Bush padre appoggiò poi la linea di intervento nella crisi del Golfo e, pur con riserve, la riunificazione tedesca, confermando il ruolo del Regno Unito come partner chiave dell’egemonia atlantica. Sul versante europeo, pur mantenendo un atteggiamento euroscettico verso la cessione di sovranità, Thatcher sostenne poi le liberalizzazioni e il rafforzamento del mercato unico, contribuendo a definire la futura integrazione economica del continente.

Sul piano nazionale invece, non solo modificò l’economia - come affermato dal sociologo e teorico culturale Stuart Hall - ma mutò anche la psicologia del Paese (The Great Moving Right Show, 1979), basandola su nazionalismo (recupero dell’orgoglio e dell’identità britannica) e competitività (valorizzazione dell’individuo, del merito e della concorrenza).

Luci e ombre: un’eredità controversa

La leadership di Margaret Thatcher fu segnata da una visione strategica lucida e da un’audacia senza precedenti e rimane una delle figure più divisive e influenti del XX secolo britannico.

Mirò a rilanciare la credibilità internazionale del Regno Unito e a modernizzarne l’economia, ma il prezzo di quella trasformazione fu alto. La chiusura delle acciaierie e delle miniere nel Nord industriale, il ridimensionamento dello stato sociale e l’ascesa del settore finanziario londinese produssero una società più dinamica ma anche più diseguale (Thatcher’s Britain: The Politics and Social Upheaval of the Thatcher Era. Richard Vinen, Simon & Schuster UK, 2010, pp. 132–136).

Anche da un punto di vista storico il suo intervento può essere letto in duplice chiave: come risposta drastica alla crisi sistemica degli anni Settanta e come svolta ideologica che riscrisse la grammatica politica britannica. Dopo di lei, la sinistra dovette ridefinirsi senza la centralità del sindacato, mentre il centro-destra fece proprie molte delle sue politiche economiche, consolidandole come nuovo paradigma. Emblematiche le sue parole al Sunday Times (3 maggio 1981): «Economics are the method; the object is to change the soul». L’economia era per lei dunque uno strumento di trasformazione morale prima ancora che materiale.

Il suo lascito, pertanto, rimane ambivalente: modernizzazione e polarizzazione come due facce della stessa medaglia; valutare Margaret Thatcher significa in effetti riconoscere che le grandi trasformazioni non producono vincitori universali e che il successo politico non si misura solo nella crescita economica, ma va ricercata anche nella qualità della coesione collettiva che lascia dietro di sé.

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L’eredità controversa, ma imprescindibile, di Margaret Thatcher

Alphaville 15.10.2025, 12:05

  • Keystone
  • Francesca Rodesino e Barbara Camplani

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