Territorio e tradizioni

Il nocino

Storia del tipico digestivo, oggi di tendenza anche al nord delle Alpi grazie a un giovane ticinese

  • 20 June 2022, 08:57
  • FOOD
Nocino

Nocino

  • © Yves Branchi
Di: Alice Tognacci

Il nocino, liquore ottenuto dall’infusione del mallo di noce verde nella grappa e altri aromi, è senza dubbio il digestivo più diffuso della Svizzera italiana e anche il più iconico al di fuori della nostra regione.
Vediamo insieme da dove viene l’usanza di prepararlo nelle proprie case e di come un giovane ticinese si dedichi alla sua produzione a livello professionale.

Un tempo era il ratafià

In epoche meno recenti conosciuto come “ratafià” perché rientrava in quel gruppo di bevande alcoliche a base di frutta, zucchero e spezie, consumate per suggellare un accordo o un patto – l’etimologia, infatti, viene fatta risalire al rata fiat: “che si ratifichi” –, il nocino deve forse la diffusione della sua tradizione alle nostre latitudini alla vicina Italia, da regioni quali l’Emilia Romagna, dove il nocino è storia antichissima. Il celebre Pellegrino Artusi, gastronomo romagnolo e autore del manuale “La Scienza in Cucina e l’arte di Mangiar bene” (prima edizione del 1891), lo descrive così: “È grato di sapore ed esercita un’azione stomatica e tonica”.

Come riporta il Patrimonio Culinario Svizzero: “La ricetta originale ticinese è attribuita al Convento Santa Maria dei Frati Cappuccini di Bigorio, il cui insediamento risale intorno al 1535. I frati fabbricano grappa perlomeno dal XIX secolo e nocino da almeno cent’anni. Non si sa però chi fu il primo a produrre questo ratafià. In tutto il Ticino il nocino era prerogativa dei frati, la maggior parte dei conventi preparava il suo, con ricette personalizzate.”


Il nocino, per i frati, era un liquore da offrire a benefattori ed amici che rendevano visita al convento. Un sapere, il loro, che è rimasto intatto negli anni, come testimonia questo interessante contributo datato 1973 e ripescato dai nostri archivi:

Il ratafià di San Giovanni

RSI Archivi 29.06.1973, 15:10

"Chi vör fà ul ratafià, al déef catà i nuus"

Secondo i racconti, i frati raccoglievano i malli dagli alberi vicini al convento, o da conoscenti che mettevano a disposizione le proprie piante alla raccolta, operazione che per tradizione veniva fatta la notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno di ogni anno.

Secondo Pellegrino Grappi, notaio a Modena e Reggio Emilia nel Settecento, erano diverse le accortezze imprescindibili per un ottimo nocino: le noci devono essere raccolte, immature, da piedi scalzi e da mani femminili la notte di San Giovanni e il frutto non deve mai essere tagliato con il ferro bensì con una lama di legno.

Come tutte le storie, anche quella del nocino si perde tra sacro e profano, una cosa è certa: quei giorni, che vanno dal solstizio d’estate e il giorno di San Giovanni, la pianta è nel suo "tempo balsamico": secondo gli erboristi, il frutto, in questo periodo, ancora verde, è nel massimo della “forma” con note profumate intense, tessuti ricchi di linfa e abbondanti oli essenziali e principi attivi. Insomma, la fase ideale per l’infusione!

Un ticinese è voluto andare oltre: usanze ancor più antiche per un raccolto “magico”

“La prima nota storica relativa a una bevanda antenata del nocino, prodotta con malli verdi, risale ai tempi dei Romani, quando i Pitti – popolo celtico nelle zone al limite del confine con la Scozia – raccoglievano i frutti esclusivamente la notte del solstizio d’estate, quando il frutto riceveva il sole della giornata più lunga dell’anno, per mano di donne vergini a piedi nudi.

Raccolta frutti

Raccolta frutti

  • © Yves Branchi

Ecco perché ho deciso di produrre il mio nocino rifacendomi a queste usanze ancor più ancestrali. Per il mio nocino, quindi, solo donne a piedi nudi a raccogliere i frutti, tassativamente il 21 di giugno!”

Queste sono le parole di Yves Branchi, giovane ticinese emigrato in quel di Basilea ma originario di Caslano, che dal 2016 produce un nocino 100% ticinese secondo usanze pagane dell’epoca romanica.

Effettivamente, notte del solstizio d’estate e quella dedicata alla celebrazione di San Giovanni Battista si sono unite con l’avvento del Cristianesimo: La Notte di San Giovanni è una celebrazione prettamente cristiana e, come molte celebrazioni cristiane, si basano sul calendario del paganesimo. Di base, la notte di Mezzaestate, sin dall'alba della storia, è quella in cui tutto può succedere, in cui riti propiziatori e scaramantici prendono forma e chissà che effettivamente non sia così anche per questo “magico” nocino…

Quello della mamma è sempre il più buono…

Per Yves, la volontà di produrre nocino e promuoverlo in terra “straniera” nasce da un cambio radicale di vita.
Suoi amici di famiglia producevano nocino nel Malcantone ad uso famigliare e spesso davano al ragazzo qualche bottiglia da portare in Svizzera interna, vedendo che il prodotto era apprezzatissimo e stanco di lavorare nel mondo del marketing per una multinazionale famosissima nel settore del cibo, il giovane ticinese decide di cambiare vita, mollare tutto e dedicarsi anima e corpo alla produzione del nocino. E siccome, come racconta sorridendo l’imprenditore, “il nocino di mia mamma è il più buono di tutti!”, ha deciso di chiederle la ricetta e prepararlo in casa per gli amici. Il primo “lotto” fu di 3 litri e, talmente fiero del risultato, dopo vari esperimenti in cucina, l’anno successivo fece già il grande salto passando direttamente a produrne ben 300 litri e attrezzandosi per farne un vero e proprio business.
Il risultato è un nocino 100% ticinese: i frutti sono raccolti a Vigana, a Camorino – da ragazze a piedi nudi – per poi essere tagliati e messi a macerare in una grappa ticinese insieme a vaniglia, chiodi di garofano, cannella e zucchero, per quaranta notti; dopodiché viene filtrato, imbottigliato e lasciato riposare per almeno un paio di mesi sempre in Ticino. Solo una volta pronto viene portato in Svizzera interna dove pasticceri, chef e bartender ne hanno fatto un ingrediente di tendenza.

Quando tradizione e innovazione vanno a braccetto

L’idea di Yves è chiara: promuovere un territorio attraverso un prodotto che parla dei saperi popolari e delle tradizioni di famiglia, facendolo diventare di “tendenza” anche nel mondo dei giovani. Perché, quindi, non promuoverlo nella cultura del bar miscelandolo in ottimi cocktail, o in quella delle cucine di prestigio per piatti gourmet?

Anche se per sua stessa ammissione il nocino “puro” bevuto come digestivo è imbattibile, la voce di Yves si riempie di entusiasmo quando racconta la lunga lista di collaborazioni con chef e conosciuti bartender. I premi vinti o finali raggiunte a livello nazionale sono tanti. Il più recente successo vede due cocktail a base del suo nocino in finale nell’ultimo Swiss Cocktail Open a Zurigo. Insomma, un nocino vincente!

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Fonti:
M.Guarnaschelli Gotti, "Grande enciclopedia illustrata della gastronomia", 2006

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