Di sicuro, oggi, preparare conserve di confetture, marmellate, passate di pomodoro e quant’altro è la pratica più usata, ma prima di questo? E prima del frigorifero, quali erano le metodologie passate utilizzate dall’uomo che oggi tornano in auge nelle cucine di mezzo mondo?
Ci si avvicina al cambio stagione e sul finire dell’estate, quando i frutti e le verdure cominciano a cambiare e gli orti diventano sempre meno rigogliosi, il pensiero va spesso al mondo delle conserve, per poter godere anche nei mesi meno caldi dei frutti della bella stagione.
Tecniche di conservazione più antiche come salagione, essiccazione, affumicatura e fermentazione sono tuttora utilizzate anche se si può fare affidamento su potenti frigoriferi, questo perché, negli anni ci si è sempre più avvicinati a una cucina amica dell’ambiente, rispettosa delle materie prime, della salute e, perché no, sostenibile anche per il portafoglio se pensiamo ai concetti di recupero in cucina e di zero spreco, che inevitabilmente ci portano a tecniche del passato, praticabili anche a casa.
Storia: la rivoluzione grazie alle conserve in barattolo e al frigorifero
Nell’Ottocento, Nicolas-François Appert compì una vera e propria rivoluzione che cambiò per sempre la storia della cucina e della gastronomia universale: l’invenzione della conservazione dei cibi in scatola – o l’invention de la boîte de conserve – oggi conosciuta come l’appertizzazione, ovvero il procedimento di conservazione delle sostanze alimentari che consiste nella sterilizzazione dentro recipienti a chiusura ermetica (per lo più autoclavi). Da quel giorno il mondo della cucina non sarà più lo stesso: si determineranno nuove abitudini alimentari e cambiamenti sociali, portando a un nuovo benessere anche per le classi meno privilegiate. Una rivoluzione che in sé ha due elementi fondamentali: la conservazione dei cibi in scatola, appunto, e l’avvento dell’era del freddo, qualche decennio più tardi, con l’invenzione del frigorifero da parte di Charles Tellier.
Salagione
Il sale era una delle forme di conservazione più diffuse, sia a livello domestico che industriale, già in tempi remoti, essendo una tecnica sviluppatasi nel corso dei secoli mantenendo sempre un forte legame con le tradizioni: salare le carni e i pesci a secco o creare salamoie per formaggi e ortaggi era pratica comune.
Questo tipo di metodologia sfrutta le proprietà antisettiche e disidratanti del sale: togliendo acqua si inibiscono la maggior parte dei batteri avviando il processo di mantenimento.
Supermercato: il sale
RSI Food 28.03.2024, 12:00
Sono due i metodi di salagione: a secco o in salamoia
Nella salagione a secco l’alimento è messo a contatto diretto con il sale (grosso).
Può essere effettuata per sfregamento del sale sulla superficie (come avviene per il prosciutto) o per sovrapposizione, alternando strati di prodotto e di sale, cambiando periodicamente la disposizione.
Il pesce, sin da tempi antichissimi, è l’alimento più trattato con le tecniche di salagione.
Ancora oggi, sulle coste del Mediterraneo, è possibile imbattersi in antiche saline o in costruzioni di antichi stabilimenti di salagione di acciughe che impiegavano le donne, mentre gli uomini erano addetti alla pesca.
Anche nella cucina casalinga questa metodologia può essere usata per carni e pesci, ed è un ottimo modo per conservare più a lungo le materie prime fresche e per gustare in modo diverso e originale certe pietanze; la marinatura, infatti, può essere aromatizzata a piacere con agrumi, spezie ed erbe aromatiche, e dona alla carne o al pesce una consistenza sorprendente.
La salagione in umido, invece, consiste nell’immersione del prodotto nella salamoia, una soluzione di acqua e sale. La salamoia si utilizza tuttora per la conservazione di prodotti vegetali fermentati come crauti, cetriolini, olive, o per la conservazione dell’aglio, come abbiamo già mostrato in questa ricetta di aglio fermentato, che ne avvia la conservazione e lo rende più digeribile.
Essicazione
Anche l’aria può conservare i cibi.
L’essiccazione riguarda pesce, carne, cereali, frutta, verdura e consente di eliminare la componente liquida per allungare la conservazione del cibo.
Tecnica largamente diffusa, l’essicazione può essere fatta da chiunque e ovunque, dato che l’unico “strumento” necessario è, appunto, l’aria. E’ vero, oggi si usano largamente comodi essiccatori, ma essendone sprovvisti, nessuno ci vieta di utilizzare le calde temperature delle giornate estive per essiccare fichi, per esempio, o pomodori; oppure, per funghi porcini appena raccolti da essiccare a casa.
L’essicazione nella storia
Gli scandinavi furono i primi in Europa ad adottare questa tecnica, sotto le dinastie Vichinghe, per conservare i cibi più a lungo e fare scorta per il periodo invernale in cui diventava difficile reperire le materie prime a causa delle temperature rigide. Non a caso, in quelle zone, è tuttora possibile trovare enormi strutture che ospitano grappoli di pesci appesi a essiccare all’aperto, sfruttando l’aria gelida e secca che tira sulle coste. In Norvegia, poco lontano da Tromsø nella parte settentrionale, per esempio, del merluzzo (che essiccato diventa stoccafisso) non si butta via nulla e si producono “bottarghe” di merluzzo che maturano all’aria aperta, coperte dalla neve.
A casa nostra, nei Grigioni, l’aria è un ingrediente importante per la carne secca e per tanti altri prodotti che si rifanno a tecniche antiche.
Nel contesto casalingo, l’essiccazione è sicuramente una manna dal cielo: poca fatica, semplicità e un’incetta di snack salutari a base di frutta e verdura. Qualche esempio? Beh, le classiche chips di mela, pera e frutta a volontà, così come i “croccanti” di cavolo nero: quando è stagione, lavate bene sotto acqua corrente il cavolo nero, asciugatelo con cura, stendetelo su una placca, conditelo con un goccio di olio, sale e pepe – oppure, se avete gli ingredienti giusti e voleste dare un tocco un più, preparate un intingolo con olio, semi di sesamo, sale, pepe e spezie e piacere e pennellate ogni foglia di cavolo nero – ed essiccate in forno a 180°C per 10-15 minuti. Il risultato? Se conservate in una scatola di latta ben chiusa, in 10 minuti avrete ottenuto uno snack o un ingrediente da sbriciolare su piatti a piacere per dare sapore e croccantezza, per lungo tempo.
Un consiglio: per far sì che le chips rimangano croccanti, prima di essiccarle, eliminare il gambo più coriaceo centrale, contenendo molta acqua potrebbe creare umidità.
Fermentazione
Una tecnica molto interessante, sia culturalmente che per la salute, è sicuramente quella della fermentazione. È un mondo complesso, utilizzato da sempre dalle culture orientali dove miso (un condimento giapponese ricavato dalla fermentazione di soia gialla, sale marino e cereali come riso o orzo) o kimchi (piatto coreano a base di cavolo fermentato) sono preparazioni tradizionali entrate a far parte anche della nostra routine gastronomica perché reperibili un po’ ovunque oramai.
Senza andare lontano, però, pensiamo a tutto il mondo dei formaggi, del vino, della birra, del pane... La fermentazione è ovunque ci sia “vita” nell’alimento e ovunque nel mondo, dalla notte dei tempi.
Oggi questa tecnica è stata molto rivalutata grazie alla cucina nordica ed è diventata una vera e propria moda, oltre a essere parte integrante di diete come il crudismo, per esempio.
Se in passato, infatti, la fermentazione era una semplice tecnica di conservazione come tante altre, oggi è molto sfruttata per valorizzare materie prime e renderle più digeribili grazie a un processo estremamente amico dell’ambiente e naturale dato che si affida all’azione spontanea di muffe, lieviti e batteri.
Conservazione dei cibi
La pulce in cucina 14.01.2023, 12:00
Fonti:
M. Liverani, Atlante di geogastronomia, Rizzoli, 2020
www.museodellacucina.com