Nonostante la sua preparazione sia ormai ridotta a poche famiglie che ne conservano gelosamente la ricetta, la Torta di San Giorgio, a base di pasta frolla ben cotta, è una tradizione che si inforna il lunedì di Pentecoste a Meride. Un giorno di festa importante per la comunità, in cui tradizionalmente gli abitanti del piccolo ex-comune - oramai diventato quartiere della città di Mendrisio - si recavano sul Monte San Giorgio per festeggiare tutti assieme non solo la festa cristiana ma anche l’arrivo della bella stagione. A condurci in questo viaggio saranno Gianfranco Albisetti, memoria storica di Meride e autore di “I caraduu da Mérat. Emozionante ricostruzione del paesaggio del Monte San Giorgio di fine Ottocento inizio Novecento” e alcuni abitanti dello splendido borgo già famoso per il più importante giacimento fossilifero al mondo.
Gianfranco Albisetti - Sabrina Hilpisch
Quarto pilastro 24.04.2024, 15:00
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Al Monte San Giorgio per condividere la torta
Per ricostruire la storia di questo dolce locale, la ricerca parte dal Monte San Giorgio - sito UNESCO da oltre 20 anni - e più precisamente dal Romitorio e la chiesa di San Giorgio. A fine 1578, infatti, il vescovo di Como Mons. Bonomi, presumibilmente dopo una visita pastorale, la cita come una chiesa parrocchiale lasciando gli storici dei secoli successivi spiazzati. Come spiega Gianfranco Albisetti, riferendosi alle considerazioni degli storici: «Dissero fosse impossibile che la popolazione si recasse sul San Giorgio per le funzioni religiose, che è troppo distante e che il Monte era considerato un luogo di lavoro e non di culto». Secondo Albisetti, al contrario, la testimonianza del Mons. Bonomi sottolinea la fede della popolazione di Meride: «La citazione del vescovo di Como ci fa capire come la gente vivesse la fede con molta forza e convinzione e che andasse lassù trasportata dal forte sentimento religioso».
Il lunedì di Pentecoste si andava al San Giorgio e lassù sul prato si mangiava un pranzo al sacco, portato da casa. A fine pasto, ognuno condivideva un pezzetto della propria torta.
Signora Ornella
Il sito "Unesco" del Monte San Giorgio compie 20 anni
Alphaville 14.09.2023, 11:05
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Una festa e una torta per far fronte alle difficoltà della vita rurale
La torta di San Giorgio, come l’usanza della festa del lunedì di Pentecoste, è una tradizione che è rimasta viva tra gli abitanti di Meride. Testimonianza concreta - e dolce - della vita di un tempo che, senza edulcorare il racconto, ci descrive vividamente Albisetti:
«La gente un tempo lavorava nei boschi, faceva lavori duri e la primavera sanciva la fine di inverni che al tempo erano molto più rigidi di quelli odierni. Con la festa di San Giorgio a Pentecoste si scaricavano la stanchezza e la tensione, c’era il sollievo della bella stagione. La festa terminava spesso con gente ubriaca, perché per scaricare le fatiche si alzava un po’ troppo il gomito, per poi, a volte, tornare a casa anche dopo due o tre giorni. La festa portava gioia ma anche momenti duri e difficili alla famiglia: a volte alcune mogli andavano a prelevare il marito all’osteria. Certo, si cantava e ci si divertiva, ma qualcuno tornava a casa mezzo addormentato e ammaccato. Non solo la fatica del corpo, ma quella di un’intera popolazione che aveva sofferto l’inverno e veniva elaborata attraverso i festeggiamenti. Al tempo si aveva ben poco e la festa era per tutti una valvola di sfogo. Noi non abbiamo vissuto queste contingenze e problemi, oggi siamo privilegiati e abbiamo strumenti per affrontare il quotidiano, ma per loro questa festa era un appuntamento fondamentale».
Ingredienti semplici e la lunga conservazione: i ricordi dei meridesi
Non c’è idea certa di quando sia nata la torta, ma alcune certezze sono salde. La torta veniva preparata in un periodo in cui c’era grande disponibilità di uova e la sua particolarità di semplice torta di pasta frolla ben cotta ne permetteva una conservazione di lunga durata. Alcune signore di Meride garantiscono che le torte ben cotte si conservano senza problemi, se ben avvolte in carta oleata, e che con il tempo acquistino addirittura un sapore ancora più buono. La Signora Renata, per esempio, racconta che la torta dopo 1 mese o mese e mezzo era più buona, che addirittura le torte venivano mandate ad amici e parenti; una sua amica di 98 anni, ricorda, la spediva sempre ad una amica di Lucerna.
Disponibilità di ingredienti, necessità di una lunga conservazione, una derrata alimentare ricca di calorie e in grado di dare energia ai lavoratori: tre elementi fondamentali che ne sottolineano la tradizione culinaria delle modeste famiglie del Ticino rurale. Un tempo, infatti, le torte non venivano consumate regolarmente e questa torta nello specifico significava festa.
In paese si facevano un centinaio di torte e tutte venivano portate al forno del prestinaio Schera, che la mattina dopo aver fatto il pane le cuoceva nel suo forno a legna. Le torte cotte dal Germano erano sempre ben cotte e molto buone.
Signora Ornella
Il prestinee di paese: quando si andava dal fornaio per cuocere pane e torte di casa
Nessun, ai tempi, aveva un forno privato, dunque il pane e le torte da cuocere venivano portati dalle famiglie di Meride da uno dei due prestinai del paese. Germano Schera, prima prestinaio e poi gerente del bar e dell’osteria San Giorgio, rimase attivo fino a circa 50 anni fa. Era lui che portava il pane nei comuni limitrofi e cucinava le torte di San Giorgio per la popolazione.
Per riconoscere le proprie torte ognuno aveva le sue padelle e i suoi “ricami”, come li definisce la Signora Ornella nel suo ricordo dei tempi passati: «Per una settimana, durante la giornata, si facevano mano mano le torte che andavano poi distribuite. Una era per la famiglia, una magari per la famiglia di altri parenti, oppure per il medico, un’altra per i parenti in Svizzera interna o dei conoscenti non di Meride. Insomma, se ne facevano facilmente circa 5 o 6 come minimo per ogni famiglia. Venivano fatte delle decorazioni con il bordo di un cicchett oppure si prendeva lo schiaccialimoni o un tagliabiscotti per rendere riconoscibili le proprie torte. Alcune famiglie avevano un vero e proprio stampo, c’erano una stella a 5 punte e un’altra una stella con 6 punte. In paese si facevano un centinaio di torte e tutte venivano portate al forno del prestinaio Schera, che la mattina dopo aver fatto il pane le cuoceva nel suo forno a legna. Le torte cotte dal Germano erano sempre ben cotte e al palato molto buone, probabilmente proprio grazie alla cottura a “fuoco vivo”».
Per distinguere le torte, le famiglie praticavano decorazioni e “ricami”
Una torta “di famiglia”
Che siano un segreto gli ingredienti di questo dolce così carico di storia e tramandato da più di un secolo? Gianfranco Albisetti parla di una tradizione forte, che gli abitanti di Meride sentono nel cuore, nonostante ricetta e usanze si siano alterate nel corso del tempo. La ricetta, infatti, nel corso del tempo si è evoluta.
Pare che da una semplice frolla con farina, burro e zucchero, le singole famiglie abbiano iniziato ad apportare le loro modifiche. Comune a tutte le ricette è l’aggiunta di due o tre tuorli d’uovo, ma c’è anche chi “taglia” il burro con la margarina, chi aggiunge all’impasto della scorza di limone grattugiata e chi non spreca nemmeno una goccia del succo dello stesso limone, chi giura su una piccolissima punta di lievito e poi qualcuno ha iniziato anche ad aggiungere un cicchett di kirsch per dare più gradevolezza al palato.
In una puntata dell’ottobre 2022 (dal min. 32, circa) di “Siamo Fuori”, programma itinerante del pomeriggio di LA1, la Signora Rachele Wütrich (la cui torta pare essere la migliore del paese) parla della tradizione dolciaria locale ed è categorica: «Senza un cicchett di kirsch di amarene di Meride non è la Torta di San Giorgio!»
Prima dei vigneti commerciali, infatti, Meride era famosa per le tante piante di questo frutto dolce-aspro, eliminate nel tempo proprio per favorire la produzione vitivinicola.
Torta di San Giorgio della Rachele
per una teglia di 22 cm circa
500 farina
250 zucchero
250 burro
2 rossi uovo
zucchero vanigliato
una punta di coltello di lievito chimico
un bicchierino da liquore di kirsch alle amarene di Meride
Purtroppo non abbiamo indicazioni sull’ordine di inserimento degli ingredienti. Che sia questo il segreto meglio custodito?
L’unico dato certo è la cottura 200°C per circa 40 minuti.
*La ricetta è di Rachele Wütrich, la stessa utilizzata per i tortini preparati per le foto che si trovano nell’articolo.
Altra particolarità di questa frolla è, tradizionalmente, la cottura in recipienti di rame ma purtroppo non si è trovato nessuno che potesse mostrare uno stampo di rame tramandato per questa specifica torta.
La torta di San Giorgio oggi
Oggi, ognuno prepara questi tortini a casa propria e, da circa 3-4 anni, la domenica di Pentecoste, la parrocchia organizza una bancarella che vende solo torte di San Giorgio per chi non riesce a farle a casa. Le torte vengono vendute dopo la messa e la signora Ornella garantisce che questa iniziativa è molto popolare e che le torte vengono tutte vendute.
Anche la signora Ornella prepara tutt’oggi delle torte per la bancarella, come altri cittadini di Meride che generalmente ne preparano 3 o 4, ma invece che farne una grande unica, lei preferisce preparare dei tortini piccolini comodi da mangiare, dato che la torta più grande tende a sbriciolarsi un po’ quando viene tagliata. In genere ne prepara due per ogni persona a cui ne fa dono e trova che sia un regalo che rende molto felici i bambini.
Un grazie di cuore a tutti gli abitanti di Meride che mi hanno aiutata a raccogliere informazioni e contatti utili a scrivere questo articolo. Siete stati tutti generosissimi!

Siamo fuori a Meride
Siamo Fuori 11.10.2022, 17:00
Fonti:
Dizionario Storico della Svizzera
Ticino.ch
Gianfranco Albisetti, I caraduu da Mérat. Emozionante ricostruzione del paesaggio del Monte San Giorgio di fine Ottocento inizio Novecento, Comune di Meride, Meride, 2009