Barack Obama tenta forse un’ultima carta, a 10 mesi dalla fine del suo secondo mancato presidenziale. Con la sua visita a Cuba, che non è una visita di stato, intende rendere irreversibile il processo di normalizzazione dei rapporti con l’Avana, avviati nel 2014 con Raul Castro. Con una lunga stretta di mano nel Palazzo della Rivoluzione, i due presidenti vogliono cancellare quasi 60 anni di tensioni tra i due paesi e l’embargo imposto all’isola caraibica fin dal 1962 che, tranne piccoli segnali, ancora pesa come un macigno sull’economia di Cuba e la vita degli 11 milioni di abitanti.
Un riavvicinamento spettacolare, preceduto da visiti simboliche di tre papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Francesco che hanno contribuito alla distensione tra Cuba e Stai Uniti. Nell’agenda dei due presidenti, la il rafforzamento della ripresa degli scambi economici, una certa liberalizzazione dei servizi e, almeno per il presidente Obama la delicata e irrisolta questione del rispetto dei diritti umani. Obiettivi per raggiungere i quali Obama deve vedersela con il Congresso americano, nonostante dal Paese arrivino segnali positivi verso la ripresa delle relazioni tra Cuba e USA.
Modem ne parla con:
Alessandra Riccio, professoressa associata di lingue e letterature sudamericane all’Università Orientale di Napoli;
Mario del Pero, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino;
Roberto Da Rin, inviato del Sole 24 Ore.
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