Gli animali meno eleganti sono generalmente meno studiati. Di conseguenza, mancano storicamente dati su un gran numero di specie. Questo fenomeno non è nuovo e risale addirittura alla preistoria, secondo Valérie Chansigaud, storica delle scienze e dell’ambiente.
“Fin dalla preistoria, l’umanità manifesta una preferenza per alcune specie a scapito di altre. Ce ne possiamo convincere visitando le grotte decorate che si trovano in Europa”, spiega la scienziata alla RTS. “Ogni volta, vi troveremo rappresentati più o meno gli stessi animali, e mai vegetali.”
Gli animali “brutti” sono meno protetti degli altri (CQFD, RTS, 12.06.2025)
“Tra questi animali, sono soprattutto i grandi mammiferi ad essere rappresentati. Ci sono alcuni uccelli o alcuni pesci, ma molto pochi. E sono sempre gli stessi mammiferi, grandi ungulati o carnivori, che ritornano. Non ci sono mai pipistrelli o roditori”, precisa la ricercatrice.
Queste preferenze per certi animali non sono tuttavia fisse e variano nel tempo. Chansigaud prende l’esempio dei rapaci, a lungo trascurati dalla comunità scientifica. “Persino i protettori degli uccelli non si interessavano ai rapaci. Cercavano addirittura di distruggerli. L’interesse per i rapaci è nato e si è evoluto negli anni 1920-1930, prima negli Stati Uniti, poi molto rapidamente in altri Paesi”.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/natura-e-animali/Blobfish-da-re-dei-brutti-a-pesce-dell%E2%80%99anno--2696324.html
Diversi criteri
Questa categorizzazione ha un forte impatto sulla distribuzione delle pubblicazioni scientifiche. “C’è una sovrapproduzione riguardante alcune specie ‘carismatiche’, quelle che fanno sognare. Possiamo pensare ai delfini, ai grandi predatori, ma anche alle farfalle diurne, in misura minore”.
La bellezza degli animali non è l’unico criterio. Le specie considerate nocive, ad esempio i parassiti delle colture o i vettori di malattie, sono anch’esse particolarmente studiate, precisa Chansigaud. “Ci sono anche le specie da cui traiamo profitto, come gli invertebrati marini che alleviamo in acquacoltura”.
La ricercatrice spiega che la scienza non è separata dalla società. “Gli scienziati fanno parte di un universo culturale particolare di cui condividono i valori. È abbastanza logico che l’orientamento delle ricerche rifletta questo contesto culturale”. E indica ragioni economiche: “È più facile sollecitare finanziamenti per specie che sono già valorizzate”.
I parassiti dimenticati
Tra i grandi perdenti della ricerca scientifica troviamo soprattutto i parassiti. Eppure sono onnipresenti: ogni specie animale possiede tra due e cinque specie parassite che vivono unicamente grazie ad essa: “Se una specie di uccello scompare, ciò comporta inevitabilmente la scomparsa di un certo numero di specie di insetti, nematodi o altri animali che possono vivere solo grazie a quella specie di uccelli”.
La storica delle scienze continua: “C’è una sorta di punto cieco sulla mappa del vivente che studiamo. Il parassitismo è uno degli aspetti che viene fortemente dimenticato dalle politiche di protezione della natura. Tuttavia, una specie può sopravvivere solo se la totalità delle specie che vivono con e intorno ad essa viene preservata”.
Chansigaud lo chiama un “crimine ecologico perfetto”, in riferimento al crimine poliziesco perfetto dove nessuno nota la vittima. “Una parte non trascurabile della biodiversità scompare prima ancora che abbiamo potuto studiarla. Il nostro sguardo non si è nemmeno posato su di essa. È tragico”.
E ricorda che non bisogna puntare il dito contro gli scienziati. “Le cause principali dell’erosione della biodiversità non sono legate all’attività degli scienziati, ma alle attività economiche. E alla mancanza di considerazione per la biodiversità, che non esitiamo a distruggere guardando altrove”, conclude la ricercatrice.
Chiudere il cerchio
Laser 17.06.2025, 09:00
Contenuto audio