Reportage

Quale mucca salverà gli alpeggi?

Si cerca una razza che possa frenare la scomparsa dei pascoli alpini, che ogni anno in Svizzera perdono una superficie pari a 3’400 campi da calcio

  • Oggi, 05:48
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La ricerca è stata condotta a 2000 metri di quota sopra Bergün, nei Grigioni

La ricerca è stata condotta a 2000 metri di quota sopra Bergün, nei Grigioni

  • SRF
Di: François Loriol (SRF)/sf 

“Benvenuti sull’unico alpeggio di ricerca al mondo!”, dice sorridendo Caren Pauler. Quest’estate, l’agroecologa di Agroscope accoglie il suo team sull’alpe di Weissenstein, a 2000 metri di altitudine, sopra Bergün, nei Grigioni. Qui, nel laboratorio a cielo aperto del Politecnico federale di Zurigo, i ricercatori cercano soluzioni per contrastare il progressivo inselvatichimento che minaccia i pascoli alpini svizzeri.

Ogni anno, infatti, scompare una superficie di pascolo di circa 24 chilometri quadrati, pari a 3’400 campi da calcio. Uno dei motivi è che le mucche da alta produzione sono sempre meno adatte alla vita in montagna.

Alla ricerca della mucca perfetta (Einstein, SRF, 23.10.2025)

Animali e alpeggi non vanno più d’accordo

Le moderne mucche da latte non riescono a muoversi sui terreni ripidi e mangiano solo le erbe più nutrienti. “Quando animali e alpeggio non sono più compatibili, abbiamo un problema. Perdiamo i nostri pascoli alpini e imponiamo agli animali condizioni che non gli fanno loro bene”, afferma Caren Pauler.

Come si è arrivati a questo punto? “Circa 150 anni fa, si è iniziato a selezionare le mucche puntando solo sulle più produttive”, spiega. “Alcune razze oggi producono tre volte più latte rispetto al passato e sono diventate più grandi, pesanti ed esigenti”.

Per raggiungere una produzione annua di 10’000 litri di latte, l’erba semplice non basta più. Questi animali hanno bisogno di mangimi per soddisfare il loro fabbisogno energetico. Ma sull’alpe, la qualità del foraggio è rimasta modesta, come cento anni fa.

Ricerca sulle mucche per salvare i pascoli

Quanto sono ancora adatte le mucche moderne alla vita in alpeggio? Qual è il livello di benessere animale, e quanto è sostenibile l’economia alpestre se la biodiversità diminuisce mentre la perdita di superficie continua allo stesso ritmo?

Per trovare delle risposte, Agroscope, con il sostegno del Fondo nazionale svizzero e del Politecnico di Zurigo, ha avviato un esperimento unico nel suo genere.

Il team di dodici persone guidato da Caren Pauler ha studiato sull’alpe di Weissenstein, che si estende per 400 ettari, tre tipi di pascolo con diversa pendenza de terreno e qualità del foraggio.

Le protagoniste dell’esperimento sono 45 mucche da latte di tre razze, scelte per rappresentare l’intero spettro tra alta produttività e robustezza.

  • Frisona: la razza da latte più diffusa al mondo, simbolo della moderna mucca ad alta produzione, è la principale fonte del latte che consumiamo ogni giorno.

  • Bruna originale: razza tradizionale a duplice attitudine, selezionata per la produzione di latte e carne, emblema dell’allevamento alpino classico svizzero.

  • Hinterwälder: la più piccola razza da latte dell’Europa centrale, robusta, dal passo sicuro, frugale e praticamente inalterata dalla selezione moderna.

Durante l’estate alpina, tutte e tre le razze hanno pascolato a turno sui diversi tipi di terreno. Le rotazioni sono state ripetute più volte per ottenere dati comparabili.

Meno emissioni di metano sull’alpe che in valle

Il team non ha lasciato nulla al caso: ogni mucca era dotata di sensori esterni e interni: un GPS al collo, un contapassi sulla zampa posteriore e una sonda nel rumine.

In questo modo è stato possibile monitorare 24 ore su 24 l’attività motoria, l’uso dello spazio, il comportamento di ruminazione e lo stato di salute. A ciò si sono aggiunti campioni quotidiani di latte e settimanali di sangue. “Le mucche più monitorate della Svizzera”, commenta Pauler con un sorriso.

Una delle misurazioni ha riservato una prima grande sorpresa: le mucche emettono molto meno metano sull’alpeggio rispetto alla valle. I ricercatori si aspettavano il contrario. Ma le piante alpine contengono una quantità elevata di tannini, sostanze che riducono le emissioni di metano, come confermato dalle analisi.

Questa scoperta è tutt’altro che trascurabile: il metano è circa 30 volte più dannoso per il clima rispetto alla CO₂. E a livello globale, il 30–40% delle emissioni di metano in agricoltura proviene dai bovini.

Le frisone sfruttano il proprio corpo fino all’esaurimento

Anche sui pascoli di prova, la responsabile dell’esperimento ha sempre con sé il tablet. In questo modo può consultare in tempo reale i dati sulle funzioni corporee delle mucche, come un’allenatrice di calcio che tiene sotto controllo le statistiche delle sue giocatrici. Eppure, nel laboratorio a cielo aperto, l’osservazione diretta resta fondamentale.

Prendiamo le frisone: animali grandi, con zampe lunghe e sottili, che si muovono poco e solo su terreni pianeggianti. Dipendenti dai foraggi, mangiano solo le erbe e le piante più nutrienti. Il risultato? Perdono peso rapidamente.

“Ci aspettavamo che le frisone riducessero la produzione di latte. Invece no. Continuano a produrre, ma lo fanno consumando le riserve energetiche accumulate prima di salire all’alpeggio”, rileva Caren Pauler.

Sorge spontanea la domanda: perché portarle sull’alpe, se non sono per niente adatte? “Ormai sono di gran lunga la razza bovina più diffusa. Le razze tradizionali svizzere come la Bruna o la Simmental sono sempre meno presenti. Producono meno latte, e in un sistema agricolo intensivo questo non sembra più essere sostenibile”, spiega Pauler.

Le razze selezionate fanno fatica

Sui pascoli di prova è evidente che la Bruna originale si adatta bene al terreno. Ancora più impressionanti sono le Hinterwälder, poco produttive ma estremamente agili. Sono vere e proprie arrampicatrici e riescono a nutrirsi anche nei pendii più ripidi, dove il foraggio è scarso.

Sull’alpe di Weissenstein basta uno sguardo ai versanti più scoscesi per rendersi conto che se le mucche non utilizzano le zone più remote, l’inselvatichimento avanza rapidamente. Dove pochi anni fa comparivano i primi cespugli, oggi c’è già il bosco.

I dati dell’esperimento vengono attualmente elaborati. Ma studi precedenti condotti con vacche nutrici suggeriscono ciò che anche qui sembra emergere: le razze altamente selezionate come le frisone faticano nei terreni ripidi. La loro anatomia e il loro comportamento alimentare sono pensati per la stabulazione e l’alimentazione intensiva.

Con i pascoli scompaiono anche gli habitat naturali

Tutt’altra storia per le Hinterwälder: piccole, robuste e sorprendentemente sicure sui terreni difficili. Si accontentano di foraggio povero, pascolano in modo uniforme e contribuiscono così alla biodiversità.

“Non riesco a immaginare una Svizzera senza pascoli alpini”, afferma Caren Pauler. “Se crescono solo cespugli e alberi, e non pascolano più animali, perdiamo una parte della nostra identità”.

Ma c’è un’altra preoccupazione: con la scomparsa dei pascoli, spariscono anche gli habitat di innumerevoli piante e insetti. Per questo il suo team è alla ricerca di soluzioni che siano ecologicamente valide e praticabili per agricoltori e allevatori.

“Quando avremo i risultati dello studio, vogliamo proporre percorsi realmente attuabili per chi lavora in alpeggio. Possiamo fare ottime proposte su quale sarebbe la mucca alpina ideale, ma se non sono sostenibili dal punto di vista economico, non servono”.

La ricerca punta quindi a trovare modi per preservare i pascoli alpini come habitat per animali e piante, garantendo al tempo stesso un futuro per i contadini.

51:00
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L'ora della terra 02.11.2025, 09:05

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