A Belém, in Brasile, entra nel vivo la fase più delicata della conferenza sul clima: quella in cui i negoziati si intensificano e le decisioni politiche diventano inevitabili. Dopo una prima settimana segnata dal lavoro tecnico, dalla pressione costante sui delegati e da sessioni prolungate, ora tocca ai ministri assumere un ruolo centrale e provare a sciogliere i nodi ancora irrisolti. SEIDISERA ne ha parlato in diretta con Antonio Piemontese, giornalista esperto di clima che si trova alla COP30 di Belém.
La presidenza, spiega il giornalista, ha adottato nella prima settimana una strategia molto rigida, “inchiodando” i delegati alle sale negoziali. Con l’avvio del segmento ministeriale, però, non è ancora chiaro se questa linea verrà mantenuta.
Un ruolo chiave è quello del presidente della COP, André Corrêa do Lago, figura rispettata nella diplomazia climatica internazionale, che, insieme alla direttrice generale Ana Toni, potrebbe facilitare il dialogo negli incontri più riservati dove, come ricorda Piemontese, “si negozia nelle stanzette dove è possibile veramente risolvere l’impasse”.
Adattamento, fondi e criteri
Tra i temi più attesi di questa seconda settimana c’è l’accordo sul Global Goal on Adaptation, l’obiettivo globale sull’adattamento ai cambiamenti climatici. Piemontese chiarisce che l’elemento centrale riguarda la scelta degli indicatori per distribuire in modo efficace i fondi: “Si può usare il livello dei fiumi? Si può usare l’innalzamento delle temperature? Si usano entrambe? Ce n’erano centinaia nelle settimane scorse e sono stati ridotti a circa un centinaio. Si vuole scendere ancora”.
La discussione, però, è complessa: i Paesi meno sviluppati temono che criteri troppo rigidi o complessi possano bloccare i finanziamenti, rendendo inefficaci gli impegni assunti. Dall’altra parte, i Paesi donatori chiedono garanzie sulla trasparenza nell’uso dei fondi; “molti Stati non sviluppati sono dittature ostaggio di burocrazie corrotte e molti denari sono ben custoditi in paradisi fiscali nazionali“, ricorda Piemontese.
Verso l’uscita dai combustibili fossili
Il nodo politico più rilevante rimane però il possibile accordo su una tabella di marcia globale per l’uscita dalle fonti fossili. Non un obiettivo a breve scadenza, precisa Piemontese, ma un cronoprogramma chiaro che indichi tempi e modalità dell’uscita. Un primo sostegno è arrivato da Regno Unito, Francia e Germania. La Svizzera, tramite il suo inviato per il clima Felix Bardi, si è detta “interessata al processo”. Resta da vedere se altri Paesi si uniranno.
Una “giusta transizione”
Altri progressi sono attesi sul tema della “just transition” (letteralmente “giusta transizione”), legata all’impatto socioeconomico del passaggio a un’economia decarbonizzata. Su questo fronte, sottolinea Piemontese, le posizioni sono “meno polarizzate”, e ciò rende più plausibile un avanzamento negoziale.

Ambiente: gli aggiornamenti dalla COP30
SEIDISERA 17.11.2025, 18:00
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