ANALISI

Crisi ucraina: la diplomazia di Trump cambia rotta

La Casa Bianca antepone la mediazione al sostegno militare - Zelensky in difficoltà sul campo, l’UE riduce il sostegno - Attesa per il vertice Stati Uniti-Russia a Budapest

  • Oggi, 09:09
  • Oggi, 09:25
2025-10-17T180022Z_602267867_RC2UDHAYP7DZ_RTRMADP_3_UKRAINE-CRISIS.JPG

Il presidente statunitense Donald Trump accoglie alla Casa Bianca il 17 ottobre 2025 l'omologo ucraino Volodymyr Zelenski

  • REUTERS
Di: Stefano Grazioli 

I binari su cui viaggia la crisi ucraina sono in questo momento in sostanza due, quello della diplomazia e quello militare, e non puntano necessariamente nella stessa direzione. Il primo è zigzagante e il corso è dipeso negli ultimi mesi dall’elastico teso sia tra Washington e Mosca che tra Washington e Kiev, con un’estremità in mano a Donald Trump, sempre a dirigere il movimento, accorciando o allungando le distanze fra gli attori, almeno in apparenza. Dopo il primo riavvicinamento a febbraio tra il presidente statunitense e Vladimir Putin, e la contemporanea presa di distanze da Volodymr Zelensky, il pendolo del favore a stelle e strisce si è mosso tra primavera ed estate in direzione di Mosca o di Kiev, accompagnando l’inizio delle trattative dirette tra Russia e Ucraina, avviate a Istanbul ormai cinque mesi fa e passando anche per il vertice diretto fra Trump e Putin in agosto in Alaska.

Alle speranze per il dialogo apparso inizialmente aperto è subentrata in seguito l’impressione della sua chiusura, dopo che a settembre la Casa Bianca, di fronte all’immobilità del Cremlino nelle richieste di capitolazione di Kiev, aveva dichiarato di voler sostenere la volontà ucraina di riconquistare i territori perduti, dalla Crimea al Donbass. Zelensky, appoggiato dalla Nato e dall’Unione Europea, ha quindi rilanciato, chiedendo agli Usa le forniture di missili a lungo raggio Tomahawk, considerati possibili “game changer”. La questione è stata però di fatto stralciata dall’ordine del giorno proprio nell’ultimo vertice a Washington fra Trump e Zelensky, anche in vista del prossimo vertice di Budapest con Putin, annunciato dalla Casa Bianca e confermato dal Cremlino.

Il doppio binario della diplomazia

Il binario della diplomazia è a sua volta doppio ed è fatto da ciò che vien detto, fra la nebbia della guerra e il fumo della propaganda, ma soprattutto da quel che vien fatto. La realtà, dall’insediamento a gennaio di Trump, è che gli Stati Uniti hanno cambiato radicalmente il loro posizionamento, abbandonando quello di principali sostenitori dell’Ucraina a livello militare, e hanno assunto un ruolo di mediazione, con il nuovo capo di Stato alla ricerca di un “deal”, per far terminare il conflitto. La Casa Bianca ha azzerato il sostegno effettivo e, al di là della retorica altalenante filorussa o filoucraina, non ha concesso più di quello che era stato già fatto ai tempi di Joe Biden, che solo nell’ultima fase della sua amministrazione aveva permesso l’utilizzo di missili Atacms, seppur consegnati, alla pari di altri presunti armamenti letali, come i caccia F16, con il contagocce. Di fronte al muro del Cremlino, con Putin irremovibile sulle condizioni per un’eventuale tregua e pacificazione, Trump ha adottato una tattica comunicativa differente a seconda delle situazioni, mentre non ha modificato la sostanza: contro Mosca non ci sono stati giri di vite e anche le minacce di sanzioni contro paesi terzi, Cina e India prima di tutto, sono rimaste a livello teorico. E ad agganciare in futuro Usa e Russia potrebbe esserci addirittura un tunnel che collegherà Alaska e Siberia.

La forbice tra le parole e i fatti dei volenterosi

Zelensky, tra maltrattamenti ed elogi da parte del presidente statunitense, non ha potuto fare che buon viso a cattivo gioco, senza però godere nemmeno del supporto reale dell’Unione europea e dei paesi volenterosi, impegnati più in una campagna mediatica che non concreta a fianco dell’Ucraina. I dati forniti a metà ottobre dall’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, in Germania, che attraverso l’Ukraine support tracker monitora gli aiuti finanziari e militari dell’Occidente a Kiev, hanno certificato nero su bianco come proprio l’appoggio militare sia stato drasticamente ridotto negli ultimi mesi, nonostante i proclami di Bruxelles e dell’Alleanza atlantica.

Se nella prima parte del 2025 il livello medio mensile degli aiuti ha superato quello degli anni 2022-2024, nonostante la mancanza dei contributi degli Stati Uniti, dall’estate questa dinamica si è interrotta e secondo i dati dell’istituto tedesco gli aiuti militari stanziati dai Paesi europei sono diminuiti del 57% rispetto al periodo gennaio-giugno 2025; anche sommando gli aiuti complessivi, compresi cioè quelli dei donatori europei e di altri paesi, come il Canada, il calo mensile degli aiuti è stato del 43%.

Il binario militare e le difficoltà ucraine

Non c’è da stupirsi quindi se la situazione sul terreno in Ucraina sia in costante peggioramento, lento e costoso in ogni termine per Mosca, ma inesorabile, e sia aggravata appunto da questo contesto: da una parte gli Stati Uniti che di fatto si sono smarcati dal conflitto e dall’altra l’Ue e la Nato che hanno seguito la scia, pur tentando di nascondere la traccia attraverso una linea di comunicazione aggressiva, ma insufficiente alla prova dei fatti. Ed ecco dunque il secondo binario su cui corre il conflitto, quello militare: alla vigilia del quarto inverno di guerra, le linee difensive di Kiev sono sempre più traballanti, sia a nordest che nel Donbass, e non vi è segno di una possibile inversione di tendenza. Nel quadro della guerra di logoramento non sono da attendersi sconvolgimenti radicali sul breve periodo, ma è sempre più evidente come la Russia sia avvantaggiata dalla disponibilità di maggiori risorse: il fattore quantità e il fattore tempo giocano a favore di Putin, con Mosca che nonostante qualche difficoltà, creata anche dalle frequenti incursioni di droni, non appare certo sull’orlo del crollo né dell’isolamento, come vorrebbero invece le speranze e la narrazione di parte dell’Occidente.

Il prossimo incontro a Budapest fra il presidente statunitense e quello russo potrebbe quindi di nuovo accendere la fiamma per accelerare il disgelo più volte annunciato: Putin ha ancora il coltello dalla parte del manico e vuole dettare le condizioni per l’eventuale road map verso la pace; Trump, dopo il successo diplomatico in Medio Oriente, al di là di quello che sarà il prosieguo sulla scacchiera israelo-palestinese, sembra intenzionato a cercare la chiusura del conflitto ucraino badando più al realismo che agli ideali suggeriti dai volenterosi europei, che parlano molto e concludono poco; anche Zelensky dovrà fare bene i conti dopo la visita a Washington e dare probabilmente un’accelerata per una exit strategy, imposta dal Cremlino e dalla Casa Bianca, probabilmente inevitabile se non vi saranno mutamenti reali a Washington.

01:59

Zelensky alla Casa Bianca

Telegiornale 17.10.2025, 20:00

rsi_social_trademark_WA 1.png

Entra nel canale WhatsApp RSI Info

Iscriviti per non perdere le notizie e i nostri contributi più rilevanti

Correlati

Ti potrebbe interessare