La recente decisione di Donald Trump di imporre ulteriori dazi del 100% sulle importazioni dalla Cina ha scosso il panorama economico e diplomatico internazionale. Per comprendere meglio le implicazioni di questa mossa, il Telegiornale della RSI ha intervistato due esperti: Andrew Spannaus, analista politico specializzato in affari statunitensi, e Lorenzo Lamperti, giornalista e collaboratore dall’Asia per la RSI.
Andrew Spannaus ha inquadrato la decisione di Trump nel contesto più ampio delle relazioni sino-americane. “La mossa di Trump avviene nel contesto della preparazione del prossimo vertice che doveva esserci tra Trump e Xi Jinping. Vedremo se ci sarà”, ha dichiarato l’analista. Spannaus ha poi sottolineato come questa decisione sia solo l’ultimo capitolo di una serie di azioni e reazioni tra le due potenze economiche mondiali. “In questo contesto, prima gli Stati Uniti avevano messo sulla lista nera alcune società cinesi per l’esportazione di materiale. Dicono che arrivava ai terroristi di Hamas e Huthi”, ha spiegato Spannaus. Questa mossa aveva già innescato una reazione da parte di Pechino, che secondo l’analista “voleva dare un segnale forte per far capire a Trump che non può pretendere troppo quando si incontrano”. La risposta cinese, che ha incluso l’annuncio di nuovi controlli sulle esportazioni, sembra aver colpito un nervo scoperto dell’amministrazione Trump. “Evidentemente ha colto nel segno un po’ troppo per la Casa Bianca, che ha reagito in modo molto arrabbiato”, ha commentato Spannaus.
Lorenzo Lamperti ha offerto una prospettiva complementare, focalizzandosi sulle implicazioni pratiche delle nuove misure cinesi. “È una mossa che chiaramente mette sotto controllo tutti i materiali legati alle terre rare cinesi, anche quelli che vengono poi finalizzati all’estero”, ha spiegato il giornalista. Lamperti ha evidenziato come questa decisione non si traduca in un divieto assoluto, ma piuttosto in un sistema di licenze: “Ogni azienda, anche straniera, dovrà chiedere questa licenza al Governo cinese. La sensazione è che il via libera o meno sarà dato a seconda della convenienza politica del momento”. Il giornalista ha poi tracciato un parallelo interessante tra le azioni cinesi e quelle americane nel settore dei semiconduttori. “È lo stesso schema che usano gli Stati Uniti coi chip: anche i chip che vengono fabbricati o assemblati per esempio a Taiwan, in Corea del Sud o in Giappone, però utilizzando chiaramente design o tecnologia statunitense, devono chiedere una licenza al Governo statunitense per essere poi esportati in Cina”, ha osservato Lamperti. “Quindi la Cina sostanzialmente ha costruito un modello parallelo sul settore che invece sta più a cuore degli Stati Uniti”.
Tempistiche dilatate: una finestra per il dialogo?
Nonostante l’apparente escalation delle tensioni, entrambi gli esperti hanno individuato potenziali spiragli per il dialogo. Lamperti ha fatto notare che le tempistiche scelte per l’implementazione delle nuove misure potrebbero lasciare spazio a negoziati. “Questi nuovi divieti, questa stretta sulle terre rare entrerà in vigore dal 1° dicembre e in maniera graduale, mentre invece i nuovi dazi al 100% annunciati da Trump dovrebbero entrare in vigore il 1° novembre”, ha spiegato. Il giornalista ha sottolineato come questo approccio differisca significativamente da quanto osservato in passato, quando “dagli annunci seguiva quasi subito l’introduzione nel giro di due, tre giorni, massimo una settimana” delle nuove misure.
Spannaus ha condiviso questa visione cautamente ottimistica. “Entrambi hanno messo delle date non immediate per buona parte delle misure”, ha osservato l’analista. “Questo significa che c’è tempo di discutere”. Secondo Spannaus, è probabile che le parti “riprenderanno a parlare” e la possibilità di un incontro tra Trump e Xi rimane “ancora oltre il 50%”. Mentre le recenti mosse di Stati Uniti e Cina sembrano aver innalzato le tensioni commerciali, gli esperti suggeriscono che potrebbe trattarsi di una strategia negoziale da entrambe le parti. Le tempistiche dilazionate per l’implementazione delle nuove misure lasciano aperta la porta al dialogo e a potenziali compromessi. Resta da vedere se questa opportunità verrà colta dai leader delle due superpotenze economiche, in un momento cruciale per le relazioni internazionali e l’economia globale.