ANALISI

Guerra in Ucraina: l’arma della propaganda

Le dinamiche della comunicazione, e della disinformazione, fra gli attori in campo

  • 27 febbraio, 09:05
  • 27 febbraio, 09:05
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Un'immagine risalente allo scorso agosto: una mitragliatrice ucraina puntata contro posizioni russe vicino ad Andriivka, nella regione del Donetsk

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Di: Stefano Grazioli

Nel contesto di un conflitto armato la propaganda è un elemento fondamentale, utilizzato da ogni contraente. Controllare e dirigere il flusso delle informazioni, vere o false, serve a tentare di rafforzare la propria posizione e indebolire quella dell’avversario, sia per quello che riguarda le operazioni sul terreno di battaglia, sia per tutto ciò che accade a lato; per condizionare quindi i processi politici, interni e fra alleati, e le rispettive opinioni pubbliche, nelle democrazie così come nelle dittature. Ogni attore in campo si serve degli strumenti di disinformazione per influenzare amici e nemici e trarne in qualche modo vantaggio. Nel conflitto tra Russia da una parte e Ucraina e Occidente dall’altra tutto questo è ancora più evidente perché l’invasione russa cominciata nel 2022 è solo il prolungamento su larga scala della guerra nel Donbass avviata nel 2014, a sua volta sorta dal duello geopolitico sempre in corso dalla fine della Seconda guerra mondiale tra Russia e Stati Uniti. La sua non effettiva risoluzione con il crollo dell’URSS nel 1991 ha prodotto la frattura che si è allargata progressivamente nello spazio postsovietico ai confini con l’Europa occidentale.

Lo schema della Guerra fredda

Lo schema è quindi tornato quello di sempre, dalle origini della Guerra fredda: per l’Occidente la Russia di Vladimir Putin è divenuta nuovamente l’Impero del Male così battezzato da Ronald Reagan negli anni Ottanta; a Mosca l’Europa è vista succube degli Stati Uniti, incapace di sostenere i suoi interessi e piegata al doppiopesismo che da sempre contraddistingue la politica estera di Washington. È questo il racconto di fondo, che impedisce in sostanza qualsiasi avvicinamento tra le parti e tiene lontano ogni tipo di compromesso. Le posizioni attuali non potrebbero essere più lontane: al giro di boa del secondo anno di guerra, da una parte il Cremlino prosegue in quella che definisce ancora operazione militare speciale con l’intento di allargare i territori già conquistati e punta al regime change a Kiev; dall’altra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, pur ammettendo le difficoltà, continua a definire come obbiettivo la riconquista del Donbass e della Crimea, sostenuto da Europa e Stati Uniti. Dietro gli slogan propagandistici da una parte e dall’altra c’è una realtà un po’ più complessa, che nel contesto della disinformazja viene ovunque per lo più ignorata, sia a livello politico, almeno ufficialmente, che mediatico, spesso e volentieri.

Ali il comico

Ecco quindi che si allarga la forbice tra quello che accade e quello che si racconta, e prima o poi anche il più tosto dei propagandisti si trova a fare i conti con la realtà, un po’ come Mohammed Saeed al-Sahhaf, detto Ali il comico, ministro dell‘informazione ai tempi di Saddam Hussein che ai tempi dell’invasione dell’Iraq discettava quotidianamente di vittorie irachene fino a che si ritrovò i soldati statunitensi in centro a Bagdad. La differenza tra le due guerre è evidente, solo per il fatto che quella russo-ucraina è un conflitto di logoramento nel cuore dell’Europa, ma la questione della comunicazione favorevole è comunque centrale, anche se le fasi di vantaggio e svantaggio sul lungo periodo si alternano. Putin sfrutta questo momento, insistendo sulle vittorie nel Donbass, ultima quella di Avdiivka, e sui problemi dell’alleanza occidentale; a livello interno usa il bastone della propaganda per tenere sotto controllo il sistema. Zelensky a sua volta minimizza le difficoltà militari sul campo e quelle politiche interne; usa la carota, ma sempre di propaganda si tratta. E nessuno di loro vuole fare la fine di Ali il comico

Le promesse dell’Occidente

E poi ci sono Europa e Stati Uniti, che talvolta dicono una cosa e ne fanno un’altra, come hanno mostrato anche gli ultimi dati dell’Ukraine Support Tracker, che dal 2023 indicano una riduzione progressiva degli aiuti e un divario tra le promesse fatte e gli aiuti arrivati effettivamente a Kiev. Bruxelles ha allocato solo 77 miliardi di euro su 144 annunciati, 61 miliardi di dollari sono bloccati ancora a Washington e non si sa quando saranno effettivamente disponibili. Negli ultimi due vertici con UE e G7, a Kiev e a Parigi, l’Occidente si è stretto intorno all’Ucraina, ma dietro la facciata è evidente che qualcosa non va e le contraddizioni tra il piano di voler sostenere Zelensky sino alla vittoria e la quantità e qualità degli aiuti per poterla raggiungere sono enormi. Il presidente francese Emmanuel Macron non ha escluso in futuro nemmeno l’invio di truppe occidentali: al momento, però, questa dichiarazione sembra appartenere proprio più alla guerra di comunicazione, come strumento di pressione da una parte verso la Russia e come ulteriore segnale d’appoggio all’Ucraina, che come scenario realistico. Alla stessa stregua delle minacce atomiche che con la possibilità di truppe di paesi NATO in Ucraina verrà rilanciata dal Cremlino. Resta da capire sul breve periodo se i deficit occidentali potranno davvero essere colmati o meno dei prossimi mesi e se la Russia sarà in grado di sostenere lo sforzo bellico come sta facendo, senza contraccolpi al sistema. Chi riuscirà quindi a vincere la guerra, anche con la propaganda, e chi invece ne uscirà perdente, vittima anche della propria disinformazione.

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