Sally, Linus, Piperita Patty, Lucy, Snoopy e Charlie Brown, non invecchiano mai i personaggi creati da Charles Schulz, l’autore dei fumetti “I Peanuts”. Oggi si celebra il 75º anniversario della pubblicazione della prima striscia sui principali quotidiani negli Stati Uniti, tra cui il Washington Post e il Chicago Tribune. Settantacinque anni in cui i Peanuts sono diventati un vero e proprio culto, perché in quel campo da baseball, sotto quell’albero, accanto alla cuccia di Snoopy, si gioca la vita, con le sue malinconie, le sue speranze, le sue piccole grandi battaglie.
Sono tanti i motivi per i quali i personaggi e le vignette di Schulz continuano ad avere successo, spiega ai microfoni di SEIDISERA della RSI Elena Massi, specialista del fumetto, ricercatrice, che ha scritto un saggio sul fenomeno Peanuts per la casa editrice Alter Ego. “Personalmente scelgo di mettere in evidenza quelli psicologici e quindi il bisogno di identificazione e il bisogno di autenticità che legano le strisce ai lettori. Schulz, in fondo ci ricorda che possiamo essere speciali anche se non siamo degli eroi e quindi facciamo errori, abbiamo paure e ci facciamo domande. I Peanuts sono dei bambini che invitano alla profondità con leggerezza e ironia e questo è sicuramente uno dei fattori che ha allargato il loro pubblico. Sono bambini in cui i lettori infantili possono identificarsi ma riescono a essere poetici e a toccare i grandi temi universali che servono a dare significato alla vita in modo non banale e immediato”.
Il nome Peanuts (in inglese vuol dire “noccioline”, ma anche “sciocchezze” o “sciocchezzuole”). Come nasce questo nome? Cosa rappresenta? “Schulz in realtà avrebbe voluto intitolare la striscia con l’espressione “Li’L folks”, letteralmente significa “piccola gente, piccolo popolo”. È un titolo con risonanze fiabesche, anche epiche per certi versi ma che evidentemente non rispettava i criteri di vendibilità. I criteri commerciali dell’America degli anni ‘50, che puntavano a promuovere la televisione attraverso i fumetti e a sfruttare poi la risonanza che poteva dare il prodotto da un media all’altro. Quindi fu proprio la Syndicate, ovvero l’agenzia che poi commercializzava la striscia, a imporre questo nome. E il nome Peanuts letteralmente significa “noccioline” ma il collegamento con la tv c’è, perché era un riferimento alla cosiddetta “peanut gallery”, ovvero il nome dato in un programma televisivo alla parte di un teatrino dove sedevano dei bambini. Un nome grottesco, perché nel gergo segregazionista dell’epoca, la “peanut gallery” era anche la tribuna a teatro dove sedevano i neri. Quindi Schulz non era contento di un nome che si prestava ad ambiguità comunicative, invece che introdurre bambini che non avevano niente in comune con quelli della televisione”.
Storie leggere ma non per questo superficiali. Emergono temi forti. “I Peanuts in realtà si muovevano solo apparentemente nello spazio senza tempo dei giochi infantili. Schulz amava, ad esempio, costruire dei nonsense, ovvero dei giochi di parole, in cui inseriva spesso citazioni cinematografiche, letterarie o legate alla cultura della sua epoca. Tra queste incursioni ci sono anche dei riferimenti a tematiche legate al dibattito pubblico sui giornali o alla corrispondenza che lui teneva con i suoi lettori. Ci sono, così, tanti riferimenti alla paura di un conflitto atomico, alla guerra in Vietnam. E non dimentichiamo che Schulz era stato un reduce della Seconda Guerra Mondiale. Aveva combattuto in Germania nel 1945, era stato a Dachau, aveva rischiato di essere inviato in Giappone e questa esperienza segnò il suo carattere e diede quella malinconia che poi si sente anche nelle sue strisce. Nel fumetto ci sono poi moltissimi omaggi a Martin Luther King e una scelta forte di Schulz fu l’introduzione di Franklin tra i personaggi, un bambino figlio di un reduce del Vietnam e afroamericano. E poi ci sono tanti riferimenti contro il bullismo e contro la discriminazione delle donne nello sport E sul discorso poi della rappresentazione femminile nella striscia si dovrebbe aprire un capitolo piuttosto vasto sulla caratterizzazione di personaggi come Lucy o Piperita Patty...”. Personaggi forti e donne forti.
Schulz, scomparso nel 2000, rivoluzionò il mondo del fumetto E qual è la sua eredità oggi? “La risposta a questa domanda la si può trovare nel necrologio che il cartoonist Art Spiegelman, l’autore di Maus, il romanzo a fumetti che gli è valso il Pulitzer. Spiegelman dedica parole toccanti a Schulz; evidenzia alcuni aspetti fondamentali in maniera sintetica, innanzitutto l’eleganza grafica del tratto di Schulz, che è solo apparentemente semplice. In realtà la sua tensione è difficilissima da imitare. C’è poi l’essenzialità, non solo grafica, ma anche nelle trame. Le strisce dei Peanuts sono strisce per lo più autoconclusive, quindi si uniscono in tavole di quattro riquadri e devono andare al cuore del lettore in maniera fulminea, senza troppi fronzoli, senza allungarsi. E c’è infine il linguaggio oxfordiano nei balloon, ovvero niente slang, niente battute volgari, neppure nelle strisce più dure, più crudeli, che pure c’erano. C’è sempre questa gentilezza e correttezza anche nel linguaggio. Per quello che riguarda la sua eredità è difficile fare quantificazioni. Personalmente mi prendo la responsabilità di indicare l’influenza dei Peanuts nei Simpson di Matt Groening e in un gruppo di fumettisti americani che sono arrivati in Italia sulla rivista Linus, attualmente diretta da Igort (pseudonimo di Igor Tuveri n.d.r.) e poi pubblicati dalla casa editrice Coconino Press, che Igort ha fondato. E questi fumettisti sono Chris Ware, Seth e Chris Reynolds”.
Il creatore Charles Schulz