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I test nucleari annunciati da Trump? “Non ne abbiamo bisogno e vi spiego perché”

Intervista a Randy Manner, un ex generale, già a capo dell’agenzia del Pentagono per i controlli e la salvaguardia dell’arsenale nucleare

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Gli USA e i test nucleari

Telegiornale 07.11.2025, 20:00

Di: Massimiliano Herber, corrispondente RSI negli Stati Uniti

Nato in Pennsylvania, il generale Randy Manner vive in Virginia. Prima di essere stato in Iraq, a lungo è stato di stanza a Fort Belvoir, dove ha diretto la Defense Threat Reduction Agency, l’agenzia del Pentagono per la riduzione delle minacce da armi di distruzioni di massa. Ora in pensione, guarda con stupore e malcelata preoccupazione alla decisione del presidente Donald Trump di volere riprendere i test nucleari, pratica abbandonata dagli Stati Uniti nel 1992. Il corrispondente RSI a Washington Massimiliano Herber lo ha intervistato.

Il posto su Truth di Donald Trump

Il posto su Truth di Donald Trump

Come ha reagito all’annuncio del presidente?

“Confesso che sono rimasto scioccato dal fatto che un presidente potesse scrivere un annuncio clamoroso. Sembrava non comprendesse la portata di quello che stava dicendo. Non abbiamo alcun bisogno di testare le nostre armi nucleari. Funzionano e sappiamo come funzionano. Gli Stati Uniti hanno fatto più test di armi nucleari di tutto il resto del mondo messo insieme”.

Cosa intende quando dice “sappiamo come funzionano”?

“Oggi siamo in grado di simulare tutto con i supercomputer. Non abbiamo bisogno di far esplodere un’arma nucleare: quel tipo di test appartiene agli anni Cinquanta, forse Sessanta…”

La ripresa dei test nucleari è stata annunciata dopo alcuni test russi. Era rivolto a Mosca l’avvertimento?

“Chissà… Probabilmente reagiva al test russo di un sottomarino che potrebbe trasportare una testata nucleare. Il problema è che Trump ha parlato di “riprendere i test nucleari”, un’espressione che fa pensare all’esplosione di ordigni, mentre nella realtà ciò che si fa abitualmente è altro: si testano i sistemi di lancio — aerei, missili, sottomarini — per verificarne la capacità di trasporto. E in quei test non ci sono vere testate nucleari, solo carichi fittizi”.

Cosa le fa credere che il presidente Trump non sia in chiaro sulle implicazioni del suo annuncio?

“lI presidente ha detto di aver ordinato al Dipartimento della Difesa di riprendere le prove. Ma non funziona così: negli Stati Uniti lo sviluppo e la sperimentazione dell’arsenale nucleare sono competenza del Dipartimento dell’Energia.”

Randy Manner, Maggior Generale dell'Esercito USA

Randy Manner, Maggior Generale dell'Esercito USA

  • RSI

L’ultima esplosione nel sottosuolo americano è datata 23 settembre 1992. Cosa implica militarmente la ripresa di questi test?

“Sono stato in Nevada, dove un tempo si testavano le armi nucleari: caverne, tunnel... strutture ormai vuote. Non c’è letteralmente più nulla. Per rimetterli in funzione servirebbero centinaia di milioni di dollari. Un lavoro che richiederebbe due, forse tre anni”.

La decisione americana è stata comunicata da Trump pochi istanti prima dell’incontro con Xi Jinping. Preoccupa la crescita dell’arsenale nucleare cinese; è a Pechino che è rivolto il messaggio del presidente?

“Credo il messaggio fosse rivolto soprattutto alla sua base: mostrarsi come l’uomo forte, disposto a tutto. Ma la Cina non l’ha letta come una prova di forza. Semmai l’opposto: un segno di debolezza e inesperienza”.

Quali sono le implicazioni di nuovi esperimenti? Crede che provocherebbero una nuova corsa al riarmo nucleare?

“Se gli Stati Uniti tornassero a far esplodere una bomba, gli altri si sentirebbero costretti a fare lo stesso. Vorrebbe dire rifare uscire il genio nucleare dalla bottiglia. E una volta uscito il genio… il presidente dovrebbe dire addio a qualsiasi ambizione di Premio Nobel per la Pace”.

Ma allora qual è l’obiettivo del presidente Trump? Può fare marcia in dietro dopo un simile annuncio? 

“Qui non c’è alcun rischio per la sicurezza nazionale, nessuna minaccia concreta nel mondo. È qualcosa che esiste nella mente del Presidente. Non c’è motivo di pensare che le nostre armi nucleari non funzionino. Ma far esplodere una testata rischierebbe di innescare reazioni a catena: altri Paesi farebbero lo stesso, aumentando le loro capacità. Sarebbe devastante, e per noi non porterebbe alcun vantaggio”. 

 

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