INTERVISTA

IA: Tecnologia potente, società impreparata

L’intelligenza artificiale corre più veloce delle regole e permette benefici possibili ma non automatici per la società e i giovani - La RSI ne ha discusso con Luciano Floridi, filosofo, direttore del Digital Ethics Center a Yale

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Il Faro: Pregi e difetti dell'IA

Telegiornale 13.12.2025, 20:00

Di: Il Faro - Angelo D’Andrea/sdr 

L’intelligenza artificiale e i suoi architetti sono la “persona dell’anno” di “Time“ per il 2025. Lo ha annunciato nei giorni scorsi la rivista statunitense che, dal 1927, individua la personalità o i concetti che più hanno influenzato la società in quell’anno. La cover story più ambita del magazine, andata in passato a presidenti, dittatori, pontefici, sovrani, illustra oggi come l’IA sta influenzando, nel bene e nel male, le nostre vite.

L’intelligenza artificiale è la tecnologia che si è diffusa più velocemente: più dei personal computer, più di internet, più degli smartphone. In circa tre anni ha raggiunto quasi un miliardo e mezzo di persone. È una cifra che non è solo statistica: è un modo nuovo di fare domande, di scrivere, di studiare, di lavorare. E anche di barare, per qualcuno. In Svizzera, racconta un dato attribuito all’Università di Zurigo, una persona su tre ammetterebbe di usare l’IA “in sostanza per barare”. Il Faro della RSI ha intervistato sul punto il professor Luciano Floridi, filosofo, direttore del Digital Ethics Center a Yale.

“Rende più stupidi gli stupidi e più intelligenti gli intelligenti”

La domanda, detta senza giri di parole è: l’IA ci farà più stupidi, se non disoccupati? “Diciamo che rende più stupidi gli stupidi e più intelligenti gli intelligenti. Insomma polarizza”, spiega il filosofo, collegato con lo studio della RSI. Il punto non è lo strumento. È l’uso. E l’uso — oggi — spesso è furbo, pigro, irresponsabile. “Le persone portano a casa il proprio lavoro, magari d’ufficio - riprende Floridi - magari dati sensibili, mettono tutto dentro questi attrezzi e poi riportano il giorno dopo in ufficio il lavoro fatto.” Quindi, chiosa, “andrebbe fatta un’operazione di acculturamento e di educazione in modo che questo fenomeno emerga”.

Se già è difficile educare i figli agli smartphone e ai social, l’IA aggiunge un piano di complessità: perché risponde, perché sembra capire, perché seduce. L’esperto propone presenza, di unirsi a loro. “Il rischio - dice - è che comunque utilizzino queste tecnologie e le utilizzino male. Ci sono le età giuste per le tecnologie giuste. Questo è estremamente potente, molto influente, ha potenzialità di impatto negativo come positive estreme. Abbandonare ragazze e ragazzi al loro destino - tanto poi ci pensa la scuola o poi ci pensa non so chi - non è una buona idea. C’è un po’ di carico in più sui genitori per seguirli, per unirsi a loro, giocare con loro, magari anche in qualche videogame e magari fare qualche domanda in più a Chatgpt per fargli vedere come funziona”.  I ragazzi non hanno bisogno di un algoritmo che li sorvegli, hanno bisogno di adulti che li accompagnino.

Quando il consiglio lo si chiede a una macchina

C’è un dato che fa rumore e allarma: una quota di adolescenti dice di fidarsi più dei chatbot che delle persone e molti - statistiche alla mano - preferiscono chiedere consiglio a un chatbot invece che a un adulto. Vi sono stati anche casi legati alla cronaca con tanto di adolescenti morti.

Il professore ed esperto chiede “prospettiva storica” senza minimizzare. “Non voglio sminuire, sono fatti gravissimi.” Poi richiama un precedente che sembra lontano. “Se però ci ricordiamo… de “I dolori del giovane Werther” (romanzo di Goethe ndr)… se un romanzo può fare quell’effetto, puoi immaginare che cosa può fare un’intelligenza che ti risponde, ti segue, si ricorda cosa hai detto ieri.”
Siamo quindi davanti a qualcosa che simula relazione e la relazione, specie da giovani, è materia fragile.
Determinate domande, ribadisce ancora lo studioso, ieri le facevamo a Google e oggi le facciamo a un interlocutore che risponde con tono umano, spesso accomodante. La competizione poi tra i programmi spinge i sistemi a “dare sempre ragione”, a compiacere. Un rischio sociale prima che tecnico, per il quale invoca un freno di tipo sociale, legale, educativo. “Su questo, chiarisce il filosofo, io consiglierei al contempo un po’ di fiducia nelle potenzialità della tecnologia, un po’ di cautela sul suo utilizzo nei momenti giusti nei contesti giusti.

Energia pulita e lavoro sporco: servono regole chiare

Per quanto riguarda il consumo energetico, l’IA richiede una quantità significativa di elettricità, sia per l’addestramento dei modelli che per il loro utilizzo quotidiano. Anche per rispondere a un paio di domande, consuma l’energia necessaria a illuminare una lampadina LED per 1 minuto. E poi secondo la Banca Mondiale, ci sono 100 milioni di persone nel mondo sfruttate, sottopagate, che guadagnano 1 dollaro e mezzo al giorno: devono nutrire e addestrare questi sistemi. Questi lavoratori, a volte definiti “lavoratori fantasma”, svolgono compiti come l’annotazione dei dati, la moderazione dei contenuti e l’addestramento degli algoritmi. Considerando questi due aspetti, la sostenibilità dell’IA è messa in discussione. Il professor Floridi invita a non perdere la misura: secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, dice, tutto il digitale pesa una quota limitata dei consumi globali, dal 2 al 4%, e ricorda una cosa che nessuno ama sentirsi dire: il vero spreco quotidiano spesso è altrove come in frigoriferi, condizionatori, abitudini errate. Ma non per questo assolve l’IA: la rilegge come tecnologia “a doppio valore”. “Potremmo utilizzarla… per gestire il termostato di casa e abbattere del 30% i consumi urbani.” Cioè, se l’IA serve a farci risparmiare dieci volte quello che consuma, allora diventa parte della soluzione, se invece la usiamo “per ammazzare mostrini” o “fare due domande sceme”, la colpa — dice — è nostra.
E sulle persone sfruttate per “nutrire” l’IA il docente non fa filosofia, ma diritto. “Lì non ci vuole tanta intelligenza, quanto buona legislazione”, precisa, premettendo che queste cose non accadono in Europa. Regole, controlli, responsabilità. La storia industriale insegna che l’innovazione senza tutela produce ricchezza sopra e miseria sotto.

Un ultimo cenno il professore lo dedica ai giovani. Nei giorni scorsi ne ha incontrati 750, arrivati dalle scuole superiori da tutta Italia per assistere a Orbits, due giorni di discussione sull’intelligenza artificiale all’interno di una speciale piattaforma di incontri. “Grande intelligenza, grande competenza, grande consapevolezza: Insomma, mi hanno dato fiducia”, una fiducia che chiede un compito agli adulti. “Bisogna aiutarli a correre qualche rischio in modo sicuro… perché siamo noi, conclude, la generazione che sta passando a loro questa tecnologia.”

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