E arrivò anche il giorno della decadenza. Dell’espulsione di Silvio Berlusconi dal Senato della Repubblica. Come detta la legge Severino sui parlamentari condannati in via definitiva, che paradossalmente venne varata l’anno scorso proprio col sostegno dello stesso cavaliere.
Nella politica italiana non mancano certo i colpi di scena, i percorsi tortuosi, le manovre più sfacciate o più raffinate. Ma a poche ore dal voto a Palazzo Madama davvero non vi vede cosa possa ancora salvare, magari anche solo temporaneamente, il leader della destra italiana dall’onta politica della perdita del seggio senatoriale, per la verità assai poco frequentato, essendo Berlusconi uno dei grandi astensionisti della Camera Alta.
Eppure le ha provate tutte. Fino all’ultimo. Fino a quelle “carte” arrivate in extremis dagli Stati Uniti con cui spera la revisione del processo Mediaset. Fino all’estremo appello ai suoi oppositori affinché evitino un voto di cui dovrebbero poi “vergognarsi con i propri figli”. Niente da fare. PD, Cinque Stelle, centristi (salvo Casini), sono sicuri: si assisterà alla più clamorosa votazione parlamentare nella storia dell’Italia Repubblicana.
La domanda principale, quindi, riguarda già il dopo. Se sia o no finita l’epoca berlusconiana. Abbandonato anche dai “diversamente berlusconiani” di Alfano, e ossessionato da inchieste e processi ancora aperti, il “cav” esce come previsto dal governo. Costretto a servizi sociali trasformati in un incerto Aventino di battaglia e di opposizione. Insomma, un “grillino” di destra, che sogna una nuova battaglia elettorale. E (confortato dai sondaggi, aggrappato com’è all’idea di continui rinvii che gli garantiscano l’immunità) spera in un alleato occulto: quel Matteo Renzi che ancor prima di conquistare la leadership del Partito Democratico spara ad alto zero su Enrico Letta. Del resto Berlusconi è il primo a saperlo: farsi male sembra proprio lo sport preferito della sinistra.
Aldo Sofia
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RG 08.00 La corrispondenza di Claudio Bustaffa
RSI Info 27.11.2013, 08:34