Un operatore della Mezzaluna Rossa palestinese è stato ucciso e altri tre sono rimasti feriti domenica in un attacco israeliano contro la sede centrale dell’organizzazione a Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale. L’attacco arriva due giorni dopo la visita dell’inviato statunitense Steve Witkoff a un centro di soccorso sostenuto dagli Stati Uniti, per ispezionare gli sforzi per far arrivare cibo nel devastato territorio palestinese dove altre 23 persone sono state uccise domenica mentre cercavano di ottenere da mangiare e 6 sono morte di fame nelle ultime 24 ore.
Witkoff ha incontrato anche le famiglie degli ostaggi israealiani - 49 quelli ancora detenuti, ma 27 di questi sono stati dichiarati morti dall’esercito - che continuano a chiedere una tregua che permetta la liberazioni dei loro cari. Il senso di urgenza è aumentato dalla diffusione in questi giorni di video che ritraggono due di essi, Rom Braslavsky, che è nelle mani della Jihad islamica, e soprattutto Eyatar David, ritratto emaciato e molto debilitato dopo oltre 660 giorni di prigionia. Video “sconvolgenti”, secondo l’Alto rappresentante dell’UE per la politica estera, l’estone Kaja Kallas.
“Affamato. Spezzato. Costretto a scavarsi la fossa. Questa è la vera carestia a Gaza: Hamas sta facendo morire di fame gli ostaggi”, accusa il Ministero degli esteri israeliano. Tel Aviv - smentita in questo anche dall’alleato Donald Trump - nega che nella Striscia ci sia carestia. Hamas, invece, traccia un esplicito parallelo fra la situazione dei gazawi e quella degli ostaggi: “mangiano e bevono quello che mangiamo e beviamo noi”, si legge nel messaggio in cui la fazione avverte dell’urgenza di un accordo che permetta la loro liberazione.
Hamas rispondendo a dichiarazioni attribuite a Witkoff ha intanto negato di essere disposto a deporre le armi. Non accadrà, ha detto il movimento islamico, se non a condizione della nascita di uno Stato palestinese.