Il fenomeno dei cani randagi è un problema quotidiano in India, soprattutto nelle grandi città come Nuova Delhi. Gli episodi di morsi e attacchi sono frequenti, per questo le autorità stanno adottando nuove misure che però non trovano il consenso unanime della popolazione.
Francesco Pagani, giovane ticinese trasferitosi da un anno a Jaipur, descrive così la situazione ai microfoni di SEIDISERA: “Il problema dei randagi non è da sottovalutare, soprattutto di notte, quando gli animali sono più in allerta e spaventati”. Per spostarsi, racconta, è costretto a ricorrere a soluzioni estreme: “Di giorno basta un bastone o una grossa pietra in mano, quando fa buio invece non si spaventano e ti caricano. Non avendo uno scooter, l’unica soluzione è aspettare che passi qualcuno e chiedere un passaggio”.
Negli ultimi giorni la questione ha assunto un rilievo nazionale. Dopo le proteste degli animalisti, la Corte suprema indiana ha ritirato un’ordinanza che prevedeva nel giro di poche settimane di rastrellare e rinchiudere nei canili tutti i randagi della capitale e della sua periferia. Chiara Reid, collaboratrice dall’India, chiarisce i motivi della retromarcia: “Per rinchiudere il milione di randagi di Delhi sarebbero serviti 2’000 canili, mentre ne esistono solo venti. Era un piano impossibile. Inoltre, gli animalisti rivendicano il diritto dei cani di circolare liberamente”.
La Corte ha però stabilito che gli animali dovranno essere catturati, vaccinati, sterilizzati e reintrodotti nel territorio, vietando allo stesso tempo di dar loro cibo per strada: «Sono previste multe salate, ma le zone designate dove è concesso nutrili ancora non esistono”. Il problema resta grave. Le cifre ufficiali, ci spiega Raid, parlano di “3,7 milioni di attacchi di cani all’anno e almeno 54 morti per rabbia. Ma per l’OMS i decessi reali sono intorno ai 20’000 all’anno, quasi la metà di tutte le morti per rabbia del mondo”.
La questione ha aperto anche un dibattito politico e sociale: “Ci si chiede perché la gente non scende in piazza quando sono gli esseri umani a subire un’ingiustizia, ma protesta invece per gli animali”, osserva Reid. Secondo lei, però, non è corretto liquidare l’amore per i randagi a una questione d’élite: “Conosco tante persone umili che ogni giorno sfamano cani e gatti. Per un cane che attacca ce ne sono cento amichevoli, parte integrante della città. Serve però un interesse degli amministratori, mentre qui tutto è lasciato ai volontari”.