ANALISI

Romania, la vittoria del paladino anti-corruzione

Le presidenziali vanno a Nicusor Dan, sindaco di Bucarest, moderato ed europeista - E questo è un punto fermo nella politica rumena dopo oltre sei mesi di forti turbolenze

  • Oggi, 11:43
  • Oggi, 11:44
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Nicusor Dan: il vincitore della presidenziali

  • AP Photo/ Alexandru Dobre
Di: Stefano Grazioli 

La netta vittoria alle presidenziali di Nicusor Dan, sindaco di Bucarest, moderato ed europeista, segna un punto fermo, almeno provvisorio, nella politica rumena dopo oltre sei mesi di forti turbolenze. La sconfitta di George Simion, leader del partito ultranazionalista AUR (Alleanza di tutti i rumeni) non mette però da parte le ambizioni del fronte antisistemico e la frammentazione nel nuovo parlamento, eletto nel dicembre del 2024, ha già aperto le porte a una prima crisi, risoltasi provvisoriamente con le dimissioni del premier Marcel Ciolacu, sostituito all’inizio di maggio con il ministro degli Interni Catalin Predoiu.

Le sfide del presidente

La prima sfida del nuovo capo di Stato sarà quella di stabilizzare la maggioranza, costituita dal Partito socialdemocratico (PSD) e dal Partito nazionalliberale (PNL) e puntellata dal partito della minoranza ungherese (RMDSZ), respingendo gli attacchi in arrivo dall’ampio schieramento nazionalpopulista. La Romania è una repubblica parlamentare, ma con elementi di semi-presidenzialismo, e al capo di Stato sono riservate funzioni sia di politica interna, come la nomina del primo ministro, sia competenze in politica estera. Da questo ultimo punto di vista la vittoria di Dan, che ha affermato di voler tenere saldo il paese nel doppio binario tra Unione Europea e Nato, è nel segno della continuità.

Le interferenze esterne

Nonostante il chiaro successo contro Simion, i prossimi quattro anni a Palazzo Cotroceni, la sede presidenziale a Bucarest, non saranno per Dan certo tranquilli, sia per il fatto appunto che il parlamento rimane pieno di insidie, sia per la cornice internazionale che in vario modo già da tempo ha interferito nelle vicende di casa: l’esempio più clamoroso è stato quello del primo turno delle presidenziali del 24 novembre 2024, annullato dalla Corte costituzionale dopo la comparsa di un rapporto dei servizi segreti che accusava Calin Georgescu, vincitore a sorpresa, di irregolarità finanziarie durante la campagna elettorale e di aver ricevuto aiuti dalla Russia. Alla vigilia del ballottaggio di domenica la Francia è stata accusata a sua volta di tentare di influenzare il voto a favore di Dan, dopo le presunte pressioni per la chiusura di vari canali Telegram favorevoli a Simion.

I rischi dietro l’angolo

Come in altri paesi limitrofi dell’UE, dall’Ungheria alla Slovacchia, anche in Romania la politica estera è diventata terreno di scontro interno, soprattutto dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte delle Russia. A Bucarest come altrove il duro posizionamento tra il campo allineato con Bruxelles e quello più accondiscendente con Mosca ha condotto a un’ulteriore polarizzazione, con l’intervento di attori esterni in aiuto dei rispettivi blocchi: se i moderati hanno ricevuto l’appoggio dell’Unione e dei leader della cosiddetta coalizione dei volenterosi, da Macron al cancelliere tedesco Friedrich Merz e al premier polacco Donald Tusk, i sovranisti hanno incassato quello di Donad Trump. In questa prospettiva il successo di Nicosur Dan è da interpretare come un segnale rassicurante per il blocco attualmente al potere in Europa e in Romania, anche se i rischi sono dietro l’angolo.

L’instabilità cronica

Il nuovo presidente è stato eletto in definitiva perché apparentemente slegato al sistema che da decenni governa il paese, dominato da PSD e PNL, e perché alfiere della crociata contro la corruzione, il principale problema che affligge cronicamente la Romania. Sarà misurato dagli elettori, e dal parlamento, proprio su questi due punti, gli stessi che hanno fatto cadere malamente il suo predecessore, Klaus Johannis, eletto per la prima volta nel 2014 e dimessosi nel febbraio di quest’anno in seguito agli scandali e al caos istituzionale dopo il voto di novembre. Johannis, ex professore di fisica di origine tedesca convertitosi alla politica, avrebbe dovuto portare un po’ di ordine nel paese, ma è finito schiacciato dal sistema: il pericolo per Dan è di rimanere invischiato nella rete dei poteri forti, tra PSD e PNL. Se il voto è stato chiaro a suo favore, la Romania rimane comunque spaccata e un terzo elettori è rimasto lontano dalle urne: gli equilibri tra presidente e parlamento sono ancora tutti da trovare e l’instabilità di fondo rimane.

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Europa dell'est al voto: dalla Polonia alla Romania

Telegiornale 18.05.2025, 20:00

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