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Sandu riconfermata, ma l’europeismo resta fragile in Moldova

La presidente pro-Europa vince di misura, ma il Paese rimane diviso tra Occidente e Russia

  • 4 novembre, 07:48
  • 4 novembre, 13:13
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RG 12.30 del 04.11.2024 Il servizio di Manjula Bhatia

RSI Info 04.11.2024, 13:00

  • Keystone
Di: Stefano Grazioli 

Per la prima volta nella storia della Moldova un capo di stato è riuscito a concedere il bis ed è stato confermato per un secondo mandato in un’elezione diretta. Un evento straordinario per la piccola repubblica ex sovietica, indipendente dal 1991. In realtà, Vladimir Voronin era rimasto presidente otto anni, tra il 2001 e il 2009, ma non si era trattato allora di due voti popolari, bensì parlamentari. Questa volta Maia Sandu, eletta direttamente già nel 2020, ha sconfitto al ballottaggio lo sfidante Alexandr Stoianoglo ottenendo il 55% dei consensi, ribadendo il vantaggio del primo turno, dove aveva raggiunto il 42%. La vittoria, chiara, è arrivata però solo sul filo di lana, dopo che durante il conteggio, sino al 90% dei voti scrutinati, era stato in vantaggio il candidato filorusso.

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La Moldova rimane filoeuropeista

Telegiornale 04.11.2024, 12:30

La spinta europeista

Poi è arrivata per la presidente in carica, europeista e atlantista, la doppia spinta, quella dei risultati delle circoscrizioni estere, dove Sandu ha stravinto, raccogliendo oltre l’82%, e quella della regione di Chisinau, la capitale nella quale ha raggiunto quasi il 58%. Già al primo turno si era dimostrato fondamentale il ruolo della diaspora moldava, orientata in larga parte verso occidente, e quello del cuore del Paese, centro non solo della politica, ma anche del business. Stoianoglo, forte in campagna e nelle regioni del nord e del sud, come la filorussa Gagauzia di cui è originario, ha dovuto quindi cedere il passo. Per Sandu si tratta di una vittoria fondamentale, per dare continuità a un corso che avrà in ogni caso bisogno di qualche correzione, se vorrà diventare unitario e non ancora più divisivo.

Il successo non è stato infatti proprio travolgente, come non lo è stato quello al referendum sull’entrata nell’Unione Europea due settimane fa, conclusosi con la vittoria europeista per poche migliaia di voti, con il 50,30% a favore dei Sì. Il doppio colpo del fronte filoccidentale non deve però trarre in inganno, poiché il Paese rimane comunque spaccato. L’affluenza di domenica è stata di poco superiore al 50%, meno di quattro anni fa, quasi la metà degli elettori è rimasta a casa, non un certo segnale di ottimismo in un Paese che rimane uno dei più poveri in Europa.

I problemi rimangono

Gli ultimi anni, con le difficoltà legate alla pandemia e all’avvio della guerra in Ucraina, sono stati complicati per l’intera popolazione che si è sempre più divisa tra chi guarda a Bruxelles e chi invece vorrebbe mantenere buoni rapporti con Mosca. Sandu durante il suo primo mandato ha approfittato del supporto finanziario e politico di Unione Europea e Stati Uniti, ma non è riuscita a conciliare le differenti anime del paese, con la Russia sempre pronta a interferire, grazie alle relazioni pragmatiche con vari gruppi di potere presenti a Chisinau. Il blocco filorusso è variegato, e come quello europeo non unitario. Lo stesso Stoianoglo non può essere definito una marionetta del Cremlino e le sfumature all’interno degli schieramenti sono varie.

Lo dimostra anche la situazione in parlamento, dove Sandu continuerà a godere di una maggioranza relativamente stabile, anche se tra qualche mese ci saranno le elezioni politiche a rimescolare di nuovo le carte, con l’ombra della Russia sempre presente. Il governo filoccidentale di Chisinau, retto ora da Dorin Recean e che fa riferimento alla presidente, ha già cambiato due premier nel corso di questa legislatura ed è espressione di una maggioranza molto eterogenea, soprattutto per quel riguarda le questioni interne.

I nodi della Transnistria e della Gagauzia

Sulla Moldova pesa inoltre ancora il nodo della Transnistria, un problema che nessun presidente è riuscito a risolvere e che nella cornice attuale è uno dei maggiori ostacoli sul percorso del paese verso l’Unione Europea. Dopo la guerra lampo all’inizio degli anni Novanta, la regione a sinistra del fiume Dnestr si è separata di fatto dalla Moldova, costituendo uno stato non riconosciuto alla comunità internazionale e sostenuto dalla Russia. Gli sforzi per la ricomposizione non hanno mai avuto successo e con lo scoppio della guerra in Ucraina ogni tipo di dialogo è stato congelato. Anche all’interno della Moldova stessa i rapporti tra Chisinau e la regione autonoma filorussa della Gagauzia dovranno essere in qualche modo rimodulati, per evitare pericolose escalation. Le sfide per Maia Sandu sono dunque molte e la presidente per affrontarle con successo avrà bisogno di una strategia più attenta di quella che ha adottato sino ad ora.

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Notiziario 04.11.2024, 06:00

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