Il recente incontro a New York fra Volodymyr Zelensky e Donald Trump, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, sembra aver chiuso quello spiraglio per le trattative sulla fine del conflitto in Ucraina che si era aperto in primavera, con il riavvicinamento tra la Casa Bianca e il Cremlino e l’avvio delle trattative dirette, a maggio, fra Kiev e Mosca. Il presidente statunitense ha affermato di pensare che vi sia una possibilità concreta che l’Ucraina, con il sostegno dell’Unione Europea e della Nato, sia in grado di combattere e riconquistare i territori perduti; secondo Trump la Russia è una tigre di carta, in gravi difficoltà economiche, e gli Stati Uniti continueranno a fornire armi ai Paesi dell’Alleanza atlantica che a loro volta potranno fare come vogliono, cioè trasferirle all’Ucraina. Zelensky ha parlato di una grande svolta nei rapporti tra Kiev e Washington e ha invitato ad aumentare la pressione sanzionatoria su Mosca. In realtà, rispetto al primo incontro di febbraio nello Studio ovale fra Trump e Zelensky, i toni appaiono cambiati radicalmente, ma è vero anche che il capo di Stato statunitense ha seguito negli scorsi mesi una scia zigzagante, a seconda delle circostanze e degli interlocutori. Al netto comunque degli aspetti retorici, è evidente che la finestra aperta per il dialogo sul possibile processo di pacificazione si sta ormai richiudendo.
I tempi lunghi della guerra
Nel quadro del conflitto di logoramento, l’estate non ha portato grandi cambiamenti sul fronte, con la Russia sempre in forte pressione, soprattutto nel Donbass, e l’Ucraina sulla difensiva, con i cronici problemi di uomini e armi. L’avanzata delle forze del Cremlino prosegue sempre lentamente, accompagnata dalla strategia dei bombardamenti a distanza, mentre Kiev risponde con la sempre più difficile resistenza sul terreno e gli attacchi con i droni in Russia, dove infrastrutture energetiche e di trasporto sono più spesso nel mirino. La guerra si gioca sui tempi lunghi e se da una parte Putin ha cercato in questi mesi la capitolazione di Kiev, proponendo la fine del conflitto in termini severi per l’Ucraina e approfittando del disimpegno di Trump, Zelensky ha invece resistito, soprattutto grazie all’appoggio dei Paesi volenterosi, che si sono impegnati sia in maggiori aiuti, sperando però soprattutto in un ritorno d’ingaggio degli USA. È in questo contesto che si inserisce la strategia di Bruxelles e delle cancellerie europee, volta a sensibilizzare Washington sottolineando il pericolo di un allargamento del conflitto.
L’accentuazione della propaganda
Nonostante gli ultimatum e le sanzioni europee, arrivate nel frattempo al 19esimo pacchetto, il Cremlino ha continuato a dettare i tempi e i modi delle trattative iniziate a maggio, respingendo le proposte di tregua momentanea. Non solo: la Russia ha aumentato le provocazioni sul fianco orientale della Nato, dove per contro ha trovato la risposta ferma dei Paesi dell’Alleanza atlantica e dell’Unione Europea, accompagnata anche dalla contro-propaganda, come ha evidenziato tra l’altro il falso allarme lanciato proprio da Bruxelles sulle presunte interferenze russe sul volo di Ursula von der Leyen, diretto in Bulgaria a inizio settembre. La battaglia sulle informazioni tra Russia ed Europa si è intensificata su entrambi i lati e riguarda principalmente il conflitto in Ucraina e ogni appendice dell’ampio duello continentale: da una parte Mosca persegue l’obbiettivo di rafforzare la stabilità interna ed evidenziare la debolezza dello schieramento europeo e transatlantico, anche di fronte al cambiamento degli equilibri geopolitici mondiali; dall’altra l’UE e i volenterosi hanno necessità di mostrare unità davanti alle minacce russe, sia per consolidare le rispettive opinioni pubbliche, sia con lo scopo di recuperare l’aiuto fondamentale di Washington.
La Russia sempre in vantaggio
Dopo oltre tre anni e mezzo, il conflitto è quindi destinato a proseguire, dato che entrambe le parti sono ancora convinte di poterlo vincere, ognuna adducendo le proprie ragioni. Al momento, l’opzione avanzata da Trump che l’Ucraina possa recuperare i territori sotto controllo russo, dalla Crimea al Donbass, sembra in ogni caso la meno realistica e rimarrà con ogni probabilità tale se non si verificheranno cambiamenti radicali. La Russia rimane in vantaggio per disponibilità di risorse e il blocco occidentale frammentato, con l’incognita della Casa Bianca che, pur assicurando il supporto militare attraverso la Nato, non pare interessata a un confronto diretto con la Russia. Se questa è la cornice internazionale, quella interna a Mosca è sicuramente più solida di quella a Kiev, dove Zelensky è confrontato con una serie di problemi sempre maggiori, da quelli militari a quelli economici, con gli equilibri politici di casa messi alla prova di fronte a una situazione che, nonostante speranze e promesse, di fatto continua a peggiorare. Resta quindi da vedere cosa porteranno l’autunno e l’inverno, soprattutto dal punto di vista diplomatico e dell’appoggio occidentale e statunitense, visto che il ritmo delle operazioni militari, almeno quello sul terreno, inizierà a rallentare con l’arrivo della stagione rigida.

Il discorso infiammato di Trump all'ONU
Telegiornale 23.09.2025, 20:00