Mondo

Trump ha dichiarato guerra agli studi legali, ma non tutti si piegano

Negli Stati Uniti è in corso un’offensiva presidenziale contro i “Big Law” - La testimonianza di chi si è opposto

  • Ieri, 21:24
03:33

Trump contro gli studi legali

Telegiornale 18.05.2025, 20:00

  • Immagine d'archivio Keystone
Di: Massimiliano Herber (con Viviane Manz), corrispondente RSI negli Stati Uniti

Sono enormi, potenti e silenziosi. Gli studi legali americani sembrano fuori scala rispetto agli standard europei: impiegano centina, se non migliaia di avvocati, fatturano miliardi di dollari, si occupano di… tutto e raramente finiscono sotto i riflettori mediatici o, peggio, sotto la lente della politica. Da poco più di un mese, però, sono divenuti il bersaglio di Donald Trump.

Da marzo il presidente statunitense ha firmato una serie di decreti esecutivi e memorandum per ostacolare gli studi legali che in passato avevano indagato su di lui (o assunto chi l’ha fatto) o contestato alcune sue priorità politiche. Come lo studio legale* che aveva rappresentato Hillary Clinton o quelli dove lavorano Robert Mueller, che aveva stilato il rapporto sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016, o Jack Smith, che aveva indagato Trump per il suo tentativo di rovesciare il risultato elettorale del 2020.

La maggior parte di questi nove studi ha preferito cedere alla minaccia e al tentativo presidenziale di ostacolarli, stilando accordi puntuali. Pena la revoca dei contratti governativi, dei permessi di sicurezza agli avvocati e il divieto di accesso negli edifici federali (e dunque di poter rappresentare in tribunale i clienti). Gli studi legali si sono piegati al ricatto trumpiano con la promessa di svolgere lavoro pro bono per cause vicine a Trump e di non procedere ad assunzioni basate su criteri razziali.

SKADDEN.JPG

Rachel Cohen e la Skadden & co

  • RSI

Tra questi studi c’era Skadden & co. La quinta azienda legale più grande al mondo e dove fino a un mese fa lavorava Rachel Cohen, trentenne laureata ad Harvard. “Lavorava”, perché nonostante un primo stipendio di 300’000 dollari all’anno, lei ha deciso di lasciare il suo impiego per protesta, dopo che Skadden ha deciso di sottomettersi a Trump pagando cento milioni di dollari in servizi legali. “Qualcuno ha puntualmente descritto l’accordo con l’Amministrazione Trump “una tangente””, spiega amara Rachel. Per lei, ha raccontato al Telegiornale RSI, è in corso un vero e proprio attacco allo stato di diritto. “È molto subdolo e insidioso perché mira a far sì che gli studi smettano di rappresentare determinati clienti per paura… E, spiega l’avvocata, ti impedisce di ottenere un’udienza in tribunale. Perché se non avete un avvocato esperto negli Stati Uniti, raramente o mai sarete ascoltati”.

RACHEL COHEN.JPG

Rachel Cohen

  • RSI

Rachel ha rotto il silenzio e rappresenta un’eccezione tra gli avvocati dei grandi studi legali. La sua scelta e la pubblicità data alla sua protesta le precluderanno possibilità professionali di rilievo. Ma, serafica, lei sa di aver rinunciato alla carriera che aveva sognato, non all’ideale in cui crede. “Era un’intimidazione. E qualcuno doveva essere il primo a farsi avanti… giusto?”, spiega, “Mi son, chiesta spesso: se questa è una cosa seria come temo, se questa è veramente la Germania degli anni ‘30, se questa è la Russia appena prima di Putin, non mi comporterei diversamente se lo sapessi?

Il primo maggio un centinaio tra avvocati e dipendenti dei tribunali hanno protestato davanti alla Corte Suprema. Per molti di loro era la prima volta che partecipavano a una manifestazione, forse perché gli avvocati delle grandi “Firm” (resi famosi dai Legal thriller di John Grisham…) non sono coloro con cui si solidarizza più facilmente. Quello che sta avvenendo, hanno denunciato, è un attacco non solo allo stato di diritto, ma anche alla democrazia americana. Tra di loro c’era anche Rachel; da inizio maggio ha già intrapreso un nuovo lavoro: patrocinerà le persone prese di mira dall’Amministrazione Trump in un altro studio legale.

PROTESTA SCOTUS.jpg

La protesta davanti alla Corte Suprema

  • RSI

Il giorno dopo, venerdì 2 maggio, lo scontro tra Trump e gli studi legali ha registrato un primo stop al Presidente: un giudice federale ha infatti annullato l’ordine esecutivo contro lo studio legale Perkins Coie*, definendolo una violazione delle tutele costituzionali del primo emendamento. Nella sentenza anche una severa critica al presidente per aver cercato di “regolare conti personali”. I conti tra Donald Trump e le grandi aziende legali, però, non sono ancora chiusi.

rsi_social_trademark_WA 1.png

Entra nel canale WhatsApp RSI Info

Iscriviti per non perdere le notizie e i nostri contributi più rilevanti

Correlati

Ti potrebbe interessare