Saranno stati la presenza di Donald Trump alle esequie di Papa Francesco o il suo discutibile post vestito da pontefice, sarà l’effetto hollywoodiano del film Conclave, ma dietro all’attenzione spasmodica delle televisioni statunitensi costantemente in diretta da Piazza San Pietro e alle speculazioni sui dieci cardinali americani che mercoledì entreranno nella Cappella Sistina, vi è una Chiesa cattolica a stelle e strisce la cui importanza, dentro e fuori i confini nazionali, pare crescere.
Massimo Faggioli, Villanova University
Massimo Faggioli, storico delle religioni e docente all’Università di Villanova, in Pennsylvania, ne è studioso e testimone abitando negli Stati Uniti dal 2009. “Non c’è un’immagine univoca del cattolicesimo americano - spiega -. C’è una tradizione sociologica del cattolicesimo di popolo che in certe aree del Paese va scomparendo e in certe aree invece viene rinnovato dall’immigrazione come nel sud e nel sud ovest e che sta cambiando moltissimo. Il cattolicesimo “bianco” entro pochi anni non sarà più la componente dominante e quindi è una Chiesa molto vitale, ma anche molto divisa al suo interno”.

L’interno della Basilica nazionale dell’Immacolata Concezionale a Washington, la più grande chiesa nel Nord America
I cattolici negli Stati Uniti sono 53 milioni, il 20% degli adulti americani; sono una minoranza ma quella cattolica è la singola chiesa cristiana più grande. “In molte aree del Paese è in crescita, illustra Faggioli, è una chiesa viva, in cui le nuove forze sono soprattutto forze che articolano un cattolicesimo di tradizione, di forte identità e di contrapposizione alla sinistra, al liberalismo”. Emblematiche, indica il docente di teologia, le conversioni recenti ed eccellenti di personaggi politici come Newt Gingrich, storico leader repubblicano al Congresso, o quella del vicepresidente JD Vance.
Il vicepresidente USA a San Pietro lo scorso Venerdì Santo
Non è un caso che la Chiesa cattolica americana rifletta gli umori e le divisioni politiche partitiche. “Il sistema politico a due partiti ha creato qualcosa come una Chiesa cattolica a due partiti. Questa è una polarizzazione che nasce negli Anni ‘80 dopo la questione aborto e negli ultimi anni si è approfondita con la questione gender”. Temi e divisioni cavalcate da Donald Trump in campagna elettorale: il presidente repubblicano ha corteggiato il voto cattolico. È stato stimato che il 56 % dei cattolici gli abbia espresso la sua preferenza a novembre. Non solo, sottolinea Faggioli, si è creato uno strano sodalizio politico e culturale: “vi è un movimento politico e pure culturale, che ingloba in sé un certo sentimento religioso e messianico, cioè che vede in Donald Trump una specie di messia politico”.

Il post con Trump nelle vesti papali
Trump, continua lo storico, “intercetta e incarna un desiderio, in questo momento di incertezza sul ruolo dell’America nel mondo, sulla sua composizione dell’America, se è ancora un paese bianco europeo… Lui incarna la promessa di una salvezza da questa incertezza”. Non sarebbe dunque un caso l’investimento presidenziale sulla questione religiosa, come la riapertura alla Casa Bianca di un ufficio per la fede.
L’ingresso della Cattedrale di St. Matthews a Washington
Ma i cattolici americani apprezzavano Papa Francesco? “Assolutamente sì - non esita a rispondere Faggioli -, perché Papa Francesco aveva questa connessione immediata col popolo, una specie di populismo ecclesiale che si confà molto alla natura della cultura americana, ma allo stesso tempo c’è stato un grande movimento, di minoranza ma molto organizzato, di opposizione a Papa Francesco e che ha reso gli Stati Uniti il quartier generale dell’opposizione”. Il cattolicesimo “trumpiano”, spiega, “ignora il Concilio Vaticano II, abbatte le frontiere tra religione e politica e dà un patrocinio teologico delle decisioni sulle decisioni politiche, sull’immigrazione o sui dazi doganali”.
Massimo Faggioli durante l’intervista realizzata per il Telegiornale RSI
Una divisione e una distanza dal papato che emerge nella lettera di Francesco ai Vescovi americani dello scorso febbraio, un vero e proprio monito dopo la recente svolta politica americana. “Francesco ricordava ai vescovi cattolici e ai cattolici americani in generale - evidenzia Faggioli -, di cosa è fatta l’America. Che è un Paese fondato sull’immigrazione, ma anche sulla libertà, sullo stato di diritto…”. Emerge, al di là delle parole di circostanza del presidente, una forte tensione tra la Casa Bianca e il Vaticano con una visione divergente del cattolicesimo: come lo immaginava il Papa o come lo vuole il potere USA: su pace e guerra, giustizia e ambiente. “La visione bergogliana è di una Chiesa che esce non solo dalla sacrestia, ma esce anche dall’Occidente. Il cattolicesimo che si è affidato al trumpismo ha invece una visione molto occidentale della Chiesa cattolica, molto legata agli Stati Uniti come l’erede vero, non solo dell’Europa, ma anche dell’Impero Romano. È una visione imperiale”.

I dieci porporati degli Stati Uniti al Conclave
Molti ipotizzano l’ombra lunga degli Stati Uniti sul Vaticano nell’elezione del nuovo papa, non fosse altro per l’influenza finanziaria americana; gli Stati Uniti sono il principale benefattore all’obolo di San Pietro (28 % delle donazioni è americano). Ma è davvero immaginabile un nuovo pontefice statunitense? “Ci sono cardinali americani molto rilevanti, per i rapporti che hanno nel mondo e per la capacità di influenzare dibattiti e riflessioni, ammette Faggioli. A inizio Novecento era impensabile un Santo Padre con il passaporto blu, oggi è un po’ meno improbabile, anche per l’incertezza che aleggia sulla direzione degli Stati Uniti”.
La superpotenza americana incute meno timore? “Esatto. Gli USA sono un po’ meno filo-occidentali, sono una potenza in declino e quindi anche l’immagine di un papa americano farebbe meno paura”, conclude lo studioso.

Domani inizia il Conclave, la diretta da Roma
Telegiornale 06.05.2025, 20:00