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Vent'anni senza Rabin

Il 4 novembre del 1995 veniva assassinato il premier israeliano che divenne Nobel per la pace - L'INTERVISTA

  • 04.11.2015, 13:12
  • 07.06.2023, 14:36
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Le considerazioni di Moshe Amirav e Yossi Beilin

RSI Info 04.11.2015, 13:04

Che cosa sarebbe accaduto se il primo ministro che condusse Israele agli accordi di Oslo non fosse stato assassinato il 4 novembre 1995? Quasi tutti in Israele concordano che Yitzhak Rabin non era una colomba. La carriera militare gli aveva inculcato una priorità: la sicurezza, a tutti i costi. Ma era un uomo pragmatico e una volta al governo nel ’92 colse l’occasione, quando si presentò, di aprire a una pace con i Palestinesi.

"Rabin, come Ben Gurion e Begin prima di lui, è stato un leader che ha avuto il coraggio di fare delle scelte. Se non fosse stato assassinato, oggi saremmo in pace con i palestinesi", ci spiega Moshe Amirav, professore di Scienze Politiche alla Hebrew University di Gerusalemme.

Nel 1993: Rabin, Clinton, Arafat

Nel 1993: Rabin, Clinton, Arafat

  • reuters


Il dialogo

Rabin aveva sempre rifiutato l’idea di dialogare con il leader palestinese, Yasser Arafat, considerato un terrorista. Le trattative iniziate nella capitale norvegese, però, offrirono la possibilità di mantenere il controllo sulla Cisgiordania e su Gaza, in cambio di una limitata autonomia palestinese. La firma degli accordi di Oslo nel ’93 valsero il Nobel per la Pace e la fine della Prima Intifada. Eppure, fu considerata un tradimento dalla destra ebraica e da Yigal Amir, l’estremista che uccise Rabin con due colpi di pistola al termine di un comizio a Tel Aviv.

"Vent’anni fa, uno Stato palestinese non era una soluzione ovvia per la maggioranza di israeliani e palestinesi, che pure erano ottimisti su un accordo. Oggi, invece, lo si dà per scontato ma senza credere davvero che sia possibile" spiega Yossi Beilin, che fu uno degli artefici degli accordi di Oslo.

Ygmar Amir, giovane estremista della destra ebraica, a processo per l'uccisione di Rabin (1995)

Ygmar Amir, giovane estremista della destra ebraica, a processo per l'uccisione di Rabin (1995)

  • reuters


Pace e sicurezza

Ricordando Rabin, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito che la pace deve essere "ancorata alla sicurezza", una linea che rimane caratterizzata dagli insediamenti e dalla diffidenza verso i palestinesi. Uno degli ultimi tentativi di ravvivare lo spirito di Oslo fu fatto a Camp David, nel 2000, durante la parentesi di governo di Ehud Barak.

"Trovammo un accordo su tutto, persino sulla divisione di Gerusalemme e sul ritorno dei profughi palestinesi. Ma il premier non volle pagarne il prezzo politico, temendo la fine di Rabin" racconta Amirav.

Pochi mesi dopo scoppiò la Seconda Intifada. Oggi, di fronte a nuove violenze che hanno causato decine di morti, sorprende sentire che la pace in realtà sia pronta. E che, se vi fossero leader dello spessore di Rabin, si potrebbe fare anche domani.

Gabriele Barbati

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