In questa stagione capita frequentemente che uno starnuto o un colpo di tosse riempiano l’aria di goccioline cariche di virus dell’influenza. Quando un’altra persona le inala e queste si depositano su naso, bocca, trachea o bronchi, il virus può entrare nelle cellule, infettarle e generare la malattia. Affrontare l’influenza è un problema complesso che negli anni i ricercatori hanno scomposto in fasi e scale molto diverse. C’è chi si concentra sulla diffusione della malattia su scala planetaria, chi studia gli effetti delle mascherine sulle goccioline di saliva, chi analizza la struttura del virus o, naturalmente, la patologia che esso causa. Oggi, grazie a una tecnica innovativa, gli scienziati del Politecnico federale di Zurigo (ETH), in collaborazione con diversi istituti giapponesi, sono riusciti a visualizzare in un filmato il momento preciso in cui il virus entra nella cellula, uno dei passaggi chiave del processo di infezione.

Influenza, le considerazioni di G. Merlani
Prima Ora 10.12.2025, 18:00
Dopo che le goccioline, o più in generale i liquidi carichi di virus, sono entrati nell’organismo, gli agenti patogeni devono fisicamente penetrare nelle cellule per poterle infettare. Le analisi del filmato del mondo microscopico hanno mostrato che le cellule non restano inerti, in attesa che il virus attraversi passivamente la loro membrana esterna, ma contribuiscono attivamente a inglobarlo, quasi nel tentativo di catturare l’agente patogeno. Il professor Yohei Yamauchi, docente di medicina molecolare all’ETH e coinvolto nello studio, spiega che «l’infezione delle nostre cellule è come una danza tra il virus e la cellula», come si può riscontrare nel video sottostante messo a disposizione dal team di ricerca.
In realtà, per la cellula non ci sono vantaggi in questo coinvolgimento. La cellula si comporta così in quanto virus riesce infatti a infiltrarsi in alcuni dei suoi processi fondamentali, in particolare quelli legati all’approvvigionamento di sostanze vitali come ormoni, colesterolo o ferro.
Il processo di assorbimento del virus avviene attraverso una modifica della forma della cellula. Spesso siamo portati a immaginare gli elementi fondamentali del nostro corpo come piccole sfere. I ricercatori hanno però dimostrato da decenni che le cellule possono assumere forme molto diverse, per esempio allungate o compatte, spesso con una protuberanza in corrispondenza del nucleo cellulare, la parte interna che custodisce il DNA.
Le cellule non restano quasi mai immobili o inerti, ma sono in grado di muoversi, cercare nutrimento e persino memorizzare. Hanno inoltre moltissimi sensori sulla propria superficie, che permettono loro di esplorare l’ambiente circostante. Possono così capire se la superficie su cui aderiscono è dura o morbida, se l’ambiente è ricco di sostanze essenziali per la loro sopravvivenza oppure se qualcosa si posa sulla loro membrana.
Le cellule hanno memoria?
Tra le righe 10.09.2025, 14:00
Contenuto audio
La capacità di reagire a ciò che entra in contatto con la superficie cellulare è la chiave per comprendere l’assorbimento dei virus. I ricercatori hanno osservato che quando il virus raggiunge la membrana cellulare, che costituisce la parete esterna, questa viene lentamente deformata dalla cellula fino a formare una piccola depressione, simile a una tasca. Man mano che la cavità cresce, questa ingloba gradualmente il virus, la cui forma può essere immaginata come quella di un riccio di castagna, fino ad avvolgerlo completamente e formare una vescicola, una sorta di sacca. La cellula trasporta quindi la vescicola all’interno, permettendo al virus di raggiungere le parti più sensibili, come il nucleo, e di sabotare il funzionamento cellulare. In questo modo la cellula viene indotta a produrre numerose copie del virus, che vengono poi rilasciate nell’organismo per infettare altre cellule.
La tecnica innovativa
Per visualizzare questo processo, che avviene su scale di poche decine di nanometri, i ricercatori hanno dovuto sviluppare una nuova tecnica. In genere, per osservare le dinamiche cellulari, i biologi utilizzano il microscopio a fluorescenza. Questo metodo prevede l’inserimento di molecole fluorescenti nelle cellule, che si illuminano di colori specifici quando irradiate da un raggio laser, ma consente solo una visualizzazione bidimensionale dei movimenti.
È stato però necessario combinare il microscopio a fluorescenza con un’altra tecnica per poter visualizzare la terza dimensione, ovvero l’altezza. Si tratta del microscopio a forza atomica, uno strumento che permette di ottenere informazioni tridimensionali grazie a una piccola punta che, fissata a una levetta simile a un trampolino per i tuffi, oscilla e tocca fisicamente le cellule, punto dopo punto. La combinazione dei due approcci è risultata in un metodo innovativo, che il gruppo guidato da Yohei Yamauchi ha chiamato ViViD AFM. La scoperta risponde a molte domande di base sui processi di infezione e potrebbe aprire la strada a nuove strategie per la lotta contro i virus.







