Frankenstein. È sufficiente una parola per evocare la trama e i personaggi del celebre romanzo. Un racconto, quello di Mary Shelley, pubblicato la prima volta nel 1819 e, da allora, il personaggio del mostro ha avuto grande fortuna: non si contano film, trasmissioni radiofoniche, videogiochi, fumetti e via discorrendo in cui è protagonista. Tanto che a distanza di oltre duecento anni dalla prima pubblicazione, la creatura è sempre più nota a livello mondiale.
Meglio cardi che Mais
Serotonina 21.11.2025, 09:05
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Mary Shelley ha scritto un romanzo di indubbio successo e il suo trionfo è stato favorito anche da alcuni elementi del contesto scientifico dell’epoca. Per cominciare, il 1816, anno in cui Mary Shelley e altri amici si ritrovano sul lago Lemano a immaginare racconti dell’orrore, è stato “l’anno senza estate”.
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L’eruzione del vulcano Tambora, in Indonesia, rilasciò nell’atmosfera grandi quantità di polvere vulcanica, che oscurò il cielo per molto tempo, fino ad annullare l’estate per come siamo abituati a viverla alle nostre latitudini. Un contesto tetro e freddo che da un lato obbligò Mary e i suoi amici a trascorrere più tempo del solito in casa e dall’altro fornì un contesto favorevole per la fioritura di racconti lugubri. Ma per dare vita a Frankenstein e al suo creatore, Mary Shelley prese soprattutto spunto dai lavori di uno scienziato italiano, Giovanni Aldini.
La storia vera di Frankenstein
RSI Cultura 05.01.2018, 10:20
Aldini, nato a Bologna nel 1762, fu nipote di un altro illustre scienziato: Luigi Galvani, che – con le sue teorie legate all’elettricità animale - ebbe pure un’influenza sulla nascita di Frankenstein. In particolare, Galvani riteneva che gli esseri viventi disponessero di una certa quantità di elettricità “intrinseca,” controllata dal cervello e depositata dai muscoli.
Ma andiamo con ordine. Aldini fece carriera come studioso e ricercatore di fisica e, oltre che di ricerca si occupò di divulgazione in vari ambiti. Divenne celebre in particolare per delle rappresentazioni piuttosto particolari delle sue ricerche, tanto che all’inizio dell’Ottocento i giornali parlavano regolarmente di lui.
Basandosi sulle teorie di suo zio in merito all’elettricità animale, all’inizio dell’Ottocento Aldini effettuò esperimenti su corpi di animali, dimostrando di riuscire a farli muovere grazie a delle scariche elettriche. Movimenti che facevano sembrare vivi i corpi. Utilizzò, creando un comprensibile scalpore, anche parti di corpi umani come braccia e teste, che riuscì pure a far muovere davanti ad un pubblico con lo stesso sistema.
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Per questo motivo, in un suo studio pubblicato nel 1803 si spinse addirittura ad ipotizzare che con l’elettricità si potessero riportare in vita i cadaveri. La teoria è ovviamente falsa, ma ai tempi suscitò un certo interesse, perché in quell’epoca c’era ancora chi credeva che la vita potesse nascere per generazione spontanea.
Proprio sulla base di queste ricerche da parte di Aldini, Mary Shelley ideò Viktor Frankenstein, un medico svizzero capace di assemblare un mostro con pezzi di cadaveri e di dargli la vita tramite l’elettricità. Il riferimento agli esperimenti di Aldini è ben visibile nella versione di Frankenstein di Guillermo del Toro, attualmente su Netflix.
Al giorno d’oggi, grazie alle conoscenze acquisite dalla ricerca, le teorie scientifiche sono ben diverse rispetto all’Ottocento. Eppure, Frankenstein continua ad essere un romanzo di grande attualità e ancora oggi, nell’era dell’editing genetico, della stampa di organi in 3D e dell’intelligenza artificiale, offre interessanti spunti di riflessione in ambito scientifico.
1816, Victor Frankenstein e Mary Shelley
RSI Helveticus 29.08.2016, 00:00






