Scienza e Tecnologia

Oro: il metallo che plasma storia, scienza e futuro

Dallo Spazio profondo alle raffinerie ticinesi: una seduzione che vale miliardi (di anni)

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Come l'oro ha cambiato il mondo

Il giardino di Albert 15.11.2025, 17:00

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Di: Red. giardino di Albert/Cesare Bernasconi 

Ogni grammo d’oro che oggi impreziosisce un anello o riposa in una cassaforte ha compiuto un viaggio nel tempo che sfida la nostra immaginazione. Non è frutto di qualche reazione chimica terrestre, ma di collisioni tra stelle di neutroni. Gli studi geochimici lo confermano: gran parte dell’oro che oggi estraiamo è il residuo di impatti primordiali, concentrato in filoni di quarzo e sedimenti fluviali grazie all’attività vulcanica e idrotermale. Insomma, quando indossiamo uno sfavillante gioiello a 18 carati o teniamo in mano la scheda madre di un apparecchio elettronico, siamo al cospetto di un pezzo di universo!

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  • IMAGO / StockTrek Images

Dalle mani nude alle miniere imperiali

All’inizio fu il fiume. L’oro brillava tra i ciottoli, immobile, immune al tempo. Bastava chinarsi e raccoglierlo a mani nude: pepite che sembravano miracoli. Poi arrivò la batea, quella padella che ancora oggi evoca le febbri dell’oro californiane. Ma la sete d’oro non si fermò alla superficie. Gli Egizi, oltre quattromila anni fa, scavarono gallerie nel deserto, frantumarono il quarzo, lavarono la polvere ottenuta con acqua e lana di pecora. Per i Faraoni l’oro era la “carne del dio Ra”, materia di eternità, promessa di vita oltre la vita. I Romani – come sempre pragmatici e implacabili - portarono l’ingegneria mineraria a livelli mai visti: acquedotti e sistemi idraulici capaci di sgretolare montagne intere. A Las Médulas, in Spagna, la Ruina Montium trasformò colline in canyon artificiali, cancellando interi paesaggi, per inseguire un metallo che – qualcuno ama dire - “non serve a nulla … se non a rappresentare tutto”!

Las Médulas, Spagna

Las Médulas, Spagna

  • IMAGO / Dreamstime

Oro e Ticino: il cuore pulsante del commercio mondiale

Andiamo avanti di qualche millennio. Siamo nella seconda metà del XVIII secolo e in Ticino si fanno i primi tentativi di estrazione dell’oro nel fiume Lisora – un affluente del Tresa. Nell’800 e ‘900 ci si illude di creare il piccolo Klondike della Svizzera italiana grazie alle miniere del Malcantone. A metà del secolo scorso però ci si arrese all’evidenza: i costi di estrazione dell’oro superavano di gran lunga i ricavi. In cento anni si riuscì ad estrarre circa 500 chili del prezioso metallo. Non abbastanza per giustificare l’esercizio di un impianto minerario. Oggi – quasi un’ironia della sorte - il Canton Ticino è uno snodo strategico dell’oro globale. Tre delle cinque raffinerie svizzere – Valcambi, Argor-Heraeus e PAMP – lavorano fino al 50% dell’oro mondiale. Decine di miliardi di franchi transitano ogni anno tra Mendrisio e Balerna. Il settore vale tra i 70 e i 90 miliardi annui e impiega tecnologie d’avanguardia, come le analisi forensi basate su 40 elementi chimici per garantire tracciabilità e conformità. Non solo economia quindi: il Ticino è un laboratorio di innovazione, dove si sperimentano processi di raffinazione sempre più sofisticati. Dietro la perfezione di un lingotto si cela un processo che unisce chimica, fisica e ingegneria. Nelle raffinerie all’ombra dei vigneti del Mendrisiotto – autentiche cattedrali della metallurgia – il percorso è rigoroso e articolato. Il minerale viene prima macinato con sfere d’acciaio, poi separato dalla polvere attraverso processi chimici. Per sciogliere il metallo si ricorre ad acqua regia (una miscela di acido cloridrico e nitrico) o a soluzioni clorurate. Segue la fase di elettrolisi, che consente di isolare l’oro industriale con una finezza di circa l’80%.

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  • KEYSTONE/Karl Mathis

Ma non è finita. Solo dopo ulteriori passaggi si raggiungono le purezze richieste dal mercato: 995/1.000 o 999,9/1.000 - il cosiddetto “oro fino”, pronto per essere trasformato in lingotti o monete. Un rituale che richiede temperature oltre i 1.000 °C, reagenti controllati e analisi spettroscopiche per garantire la conformità alle norme internazionali. 

Oro riciclato?

Ma il vero terreno di sfida oggi è il riciclo. Perché l’oro non si consuma: può essere rifuso infinite volte senza perdere qualità. Mentre le miniere si esauriscono, i rifiuti elettronici crescono: oltre 50 milioni di tonnellate l’anno, con una concentrazione di metalli preziosi che supera quella di molti giacimenti naturali. Schede madri, connettori, microprocessori. Recuperarli significa frantumare i dispositivi, dissolvere i metalli in soluzioni acide e separare gli ioni con processi chimici o elettrolitici. Una chimica invisibile, che trasforma scarti in risorsa. Ma non basta: meno del 25% dei RAEE (acronimo di “Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche”) viene riciclato correttamente. Il resto finisce in discariche, disperdendo oro e contaminando i suoli. Eppure, in Svizzera, il settore del riciclo cresce: aziende specializzate recuperano metalli preziosi da vecchi cellulari e computer, riducendo la dipendenza dalle miniere e i rischi ambientali. Uno tra i vari esempi virtuosi è l’impianto all’avanguardia di KEZO (Kehrichtverwertung Zürcher Oberland): l’azienda di gestione dei rifiuti dell’Oberland zurighese.

KEZO, Hinwil (ZH)

KEZO, Hinwil (ZH)

  • KEYSTONE

In questo contesto, l’ETH di Zurigo gioca pure lui i suoi assi. Il team guidato dal professor Raffaele Mezzenga ha ideato un metodo ecologico per estrarre oro dai vecchi telefonini usando … il siero di latte! Sì, proprio un sottoprodotto dell’industria casearia. Le proteine del siero, denaturate in ambiente acido e ad alta temperatura, formano una spugna di fibrille proteiche capace di catturare selettivamente gli ioni d’oro da soluzioni ottenute dai RAEE. Poi, con un trattamento termico, il metallo si compatta in pepite solide di 22 carati. Da appena 20 schede madri, i ricercatori hanno ottenuto 450 milligrammi di oro puro. Il processo è atossico, economico e circolare: trasforma due scarti – elettronico e alimentare – in risorsa, riducendo energia ed emissioni nocive. Non solo: la stessa tecnica può recuperare rame, nichel e palladio, aprendo la strada a un riciclo integrato dei metalli preziosi. In un mondo che produce montagne di dispositivi obsoleti, questa innovazione non è un dettaglio: è una possibile svolta.

L'oro ottenuto dai ricercatori dell'ETHZ

L'oro ottenuto dai ricercatori dell'ETHZ

  • ETH Zurich / Alan Kovacevic

Oro negli alberi?

La scienza, intanto, continua a stupire. In Finlandia, nanoparticelle d’oro sono state trovate negli aghi di abeti rossi. Il segreto? Batteri endofiti che vivono nelle radici e favoriscono la biomineralizzazione: l’oro solubile nel suolo viene trasportato e precipitato nei tessuti vegetali. Non è fantascienza ma ... “bioprospezione”. Invece di devastare montagne, potremmo “leggere” gli alberi per individuare dei giacimenti nascosti. Alcuni batteri, come Cutibacterium e Corynebacterium, sono già studiati per estrarre oro dai rifiuti elettronici. La natura, insomma, come alleata della sostenibilità. Già, chi avrebbe immaginato che un abete potesse diventare un geologo? 

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  • IMAGO/Pond5 Images

L’oro è anche tecnologia. La sua conduttività e resistenza alla corrosione lo rendono indispensabile in circuiti elettronici, smartphone, o satelliti. Il suo ruolo più affascinante, infatti, è proprio nello spazio: sottili strati d’oro proteggono le visiere degli astronauti e rivestono, ad esempio, gli specchi dello straordinario telescopio spaziale James Webb. Altra ironia della sorte: quelle medesime stelle che hanno creato l’oro sono oggi osservate grazie all’oro stesso.

Un segmento di James Webb rivestito in oro

Un segmento di James Webb rivestito in oro

  • IMAGO / piemags

Dalle tombe dei faraoni alle raffinerie ticinesi, dalle foreste nordiche alle orbite spaziali, l’oro ha attraversato epoche e rivoluzioni. È stato simbolo di potere, motore di guerre, catalizzatore di innovazioni. Oggi è al centro di nuove sfide: sostenibilità, nanotecnologie, economia circolare. Ma una cosa non è cambiata: il suo fascino. Perché l’oro non è solo un metallo. È la storia dell’umanità, scritta in lettere scintillanti. 

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