Scienza e Tecnologia

Quanta acqua lasciamo alla natura?

Un nuovo studio sui deflussi degli impianti idroelettrici evidenzia l’importanza di riprendere il dibattito tra produzione energetica e ecosistemi

  • Oggi, 10:02
  • 2 ore fa
lucomagno

Diga di Santa Maria presso il passo del Lucomagno, tra il Canton Ticino e il Grigioni

  • IMAGO / blickwinkel
Di: Red. giardino di Albert / Simone Pengue 

Ci si ricorda dei flussi di acqua che escono dalle dighe, tecnicamente detti «deflussi», solo durante la siccità, quando le risorse idriche sono scarse per l’uomo. La natura che vive dentro e attorno i corsi d’acqua che nascono dalle dighe, però, ci fa affidamento tutto l’anno. Un nuovo studio dell’Istituto per la Ricerca sulle acque Eawag, l’Istituto federale per la ricerca sulla neve, le foreste e il paesaggio WSL e l’Università di Zurigo si interroga su quali siano dei giusti “deflussi residuali”, ovvero la quantità di acqua che è lasciata scorrere fuori dalle dighe senza essere utilizzata. 

03:06

75 anni della diga Dixence

Telegiornale 27.06.2025, 20:00

Lo studio cerca di affrontare in modo interdisciplinare la domanda “quanta acqua lasciamo alla natura?”, fornendo un’analisi di ampio respiro e indicazioni per la politica. In particolare, si concentra sulle conseguenze di un deflusso residuale minimo stabilito per legge, in ogni momento dell’anno. Dal punto di vista di chi gestisce gli impianti idroelettrici, un deflusso residuale minimo significa di privarsi di potenziale produzione d’energia a vantaggio di flora e fauna. Tanta più acqua scorre senza produrre energia, quanta più è a disposizione per l’ecosistema fluviale.  

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare di primo acchito, avere un flusso costante che esce direttamente dalle dighe non è la stessa cosa di immettere nell’alveo l’acqua che è passata dalle turbine. L’acqua utilizzata per la produzione dell’elettricità viene infatti reintrodotta nell’ecosistema molto più a valle rispetto a dove viene raccolta. Una lunga porzione del fiume, dunque, fa affidamento sui deflussi minimi per mantenere vivi i suoi ecosistemi. Inoltre, la produzione di energia elettrica provoca alterazioni delle temperature e improvvisi cambi della corrente, anche molto sostanziosi, che sono difficilmente compatibili con gli animali che vivono dentro e fuori dall’acqua.  La vita acquatica svizzera è già fortemente sotto pressione, con il 65% di pesci e ciclostomi (gli unici ciclostomi a vivere in Svizzera sono le lamprede: creature serpentiformi, prive di mascella con la bocca a forma di ventosa) e il 47% degli invertebrati nelle Liste Rosse delle specie minacciate.

26:24

Temperature dell’acqua in aumento nei laghi e nei fiumi: quali le conseguenze per l’habitat lacustre?

Millevoci 03.07.2025, 11:05

  • Courtesy: Bolzani Antonio
  • Antonio Bolzani

«La vita fluviale è in grado di sopportare disturbi come l’acqua alta o bassa, ma non i minimi volumi di deflussi residuali o le forti fluttuazioni giornaliere come quelle causate dall’utilizzo dell’energia idroelettrica.- spiega Sabine Fink, ecologa del WSL, che continua - Abbiamo osservato che la composizione delle specie nei fiumi alpini, che stiamo studiando da 10 anni, è cambiata e ora corrisponde alle presenze nei classici siti asciutti». 

Dal 1975, la Costituzione federale prevede che, dopo l’utilizzo delle acque per la produzione di energia idroelettrica, debbano essere garantite «quantità residue adeguate». Il significato preciso di “adeguate” è stato fissato per legge solo nel 1991, ma il rapporto sottolinea che «con l’introduzione delle disposizioni sul deflusso minimo nella legge sulla protezione delle acque, prevalse un approccio che fissò quantità minime residue inferiori a quelle raccomandate dagli studi ecologici». Inoltre, questi valori non sono sempre rispettati, come esprime il WWF con chiarezza sul proprio sito «la situazione in Ticino e in molti cantoni alpini resta ampiamente insoddisfacente. La situazione di illegalità è stata più volte denunciata dal WWF ma finora invano».  Anche Pro Natura, spesso in prima linea su questo tema, ha condiviso con il WWF le azioni in favore dell’adozione di deflussi minimi che garantiscano il mantenimento degli equilibri ecologici negli ambienti acquatici a valle di prese d’acqua e sbarramenti idroelettrici.

40:01

Ancora sui deflussi minimi 

Millevoci 27.09.2023, 11:05

  • Ti-Press
  • Isabella Visetti

È bene tornare a parlare oggi di deflusso minimo per via dei forti cambiamenti che la nostra società sta affrontando. Da un lato, il riscaldamento globale sta già mettendo a dura prova la vita acquatica svizzera, che deve affrontare sempre più periodi di siccità e temperature dei corpi idrici in costante aumento. Dall’altro, il ruolo delle centrali idroelettriche è fondamentale per la produzione di energia pulita in Svizzera, direzione verso la quale il Paese sta andando. 

Nel 2019 il Canton Ticino è andato molto vicino a stabilire dei deflussi minimi. Il Gran consiglio ha infatti approvato una legge in tal senso. La decisione è stata ritenuta troppo penalizzate dalle Officine idroelettriche della Maggia (OFIMA) e di Blenio (OFIBLE), che si sono opposte tramite ricorso. Il Tribunale amministrativo cantonale (TRAM) ha accolto la richiesta di OFIMA e OFIBLE nell’aprile del 2022 e ad oggi, quindi, non ci sono dei deflussi minimi in Ticino.  

13:59

Dighe e deflussi minimi, quando la concessione è scaduta

Il Quotidiano 17.04.2025, 19:00

Gli esperti di WSL e Eawag puntano il dito della caotica gestione del problema verso le lunghe concessioni di ottanta anni per lo sfruttamento delle risorse idriche dei privati. Periodi così lunghi non consentono né manovre politiche e né negoziazioni con altri portatori di interesse, come gli ambientalisti. Inoltre auspicano la costruzione di banche dati accessibili, complete e trasparenti, in quanto non esistono stime indipendenti sull’impatto effettivo delle norme relative ai deflussi residuali sulla produzione di energia elettrica, ma «in passato è stato dimostrato che questa influenza era sovrastimata», scrivono gli autori dello studio.

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