Malgrado i potenziali rischi, molte persone sembrano gradire il brivido – spesso però inconsapevole – di prenotare le proprie vacanze ai bordi di bocche vulcaniche per nulla quiescenti. Sarà perché, in molti casi, questi luoghi sono davvero suggestivi. Napoli, il parco di Yellowstone, Tenerife o … Santorini!
Già: poiché la sua magnifica laguna centrale altro non è che una caldera: una depressione creatasi circa 3600 anni fa in seguito al crollo della camera magmatica di un vulcano, a sua volta causato da una delle eruzioni più violente nella storia del vulcanismo. Eppure, rimane una delle isole del mar Egeo più gettonate. Una tra le più romantiche. Ma quest’anno Santorini potrebbe non figurare nella lista delle località da sogno. Se fosse il caso, potremmo d’altronde intuirne le ragioni. Vi rammentate? Dal 26 gennaio all’8 febbraio scorsi, il Laboratorio di sismologia dell’Università di Atene ha registrato più di 12.800 terremoti – alcuni con una magnitudo superiore a 5 - nella zona di Santorini-Amorgos. Inevitabile, e più che comprensibile, il panico tra gli abitanti e i turisti. Dopo il fuggi fuggi dei primi giorni, l’isola è poi tornata a una relativa normalità, seppur attraversata da un’inquietudine legata anche a una prima lettura non univoca delle cause che hanno scatenato lo sciame sismico. Si tratta della consueta attività tettonica dell’arco ellenico causata dalla subduzione della placca africana al di sotto di quella eurasiatica? Oppure siamo di fronte al risveglio del terribile vulcano che nel 1560 a.C. contribuì a cancellare la fiorente civiltà minoica?
Secondo il geofisico americano Jonas Preine – un esperto dell’area – si tratta di attività puramente tettonica.
Questi terremoti offshore non mostrano nemmeno i segni distintivi del magma ascendente, né sono accompagnati dai tipici segni pre-eruzione, come il rigonfiamento e la deformazione del terreno sui pendii di un vulcano
National Geographic, 17 febbraio 2025

Evacuazione di residenti e turisti, 3 febbraio 2025
L’ultima eruzione vulcanica “soltanto” 75 anni fa
Questa seconda ipotesi – ossia il “normale” movimento tettonico – non è tuttavia una notizia rassicurante. Negli anni ’50 del secolo scorso l’isola fu flagellata da entrambi i fenomeni. Se lo ricordano bene gli ultimi ottantenni che ancora risiedono a Santorini. Il 10 gennaio 1950 – e per ben 22 giorni – tutta l’area fu scossa da una serie di eruzioni vulcaniche esplosive ed effusive, che ricoprirono tutte le isole di cenere e detriti. Fortunatamente non ci furono vittime. Sei anni dopo, nel 1956, fu la volta del potente terremoto di Amorgos. Dalle conseguenze ben più tragiche. Gli effetti combinati delle sequenze sismiche e dello tsunami causarono la morte di 53 persone e un centinaio di feriti. Fatta eccezione per un periodo “movimentato” tra il 2011 e il 2012, Santorini da allora ha beneficiato di una relativa tranquillità sismica ed eruttiva.

Gli effetti del terremoto di Amorgos - luglio 1956
Ma torniamo ai terremoti d’inizio anno. I media di tutto il mondo, per circa due settimane, hanno puntato i loro obiettivi sull’isola greca, paventando imminenti catastrofi e documentando una situazione di fatto convulsa e confusa. Poi il silenzio. Un vuoto che ha lasciato – e lascia – presupporre un’evoluzione poco chiara e di certo poco favorevole al ristabilimento della fiducia da parte di un settore vitale per l’isola: quello turistico. Soprattutto considerando che a febbraio sono comparsi diversi post sui social media con video generati dall’intelligenza artificiale, che raffiguravano eruzioni vulcaniche a Santorini, creando frustrazione persino nella comunità scientifica, come è il caso dell’oceanografa e geologa greca Paraskevi Nomikou, le cui radici familiari addirittura affondano nell’isola. In un’intervista alla CNN, a metà marzo, ha anche riservato critiche a quegli scienziati che hanno parlato dell’attività sismica e del potenziale verificarsi di un potente terremoto senza disporre di dati a supporto delle loro affermazioni, suscitando preoccupazione anche tra parecchi abitanti del posto.

La Prof.ssa Paraskevi Nomikou - geologa e oceanografa - Università di Atene
Il pericoloso intreccio tettonico e vulcanico
La Prof.ssa Nomikou è una profonda conoscitrice dell’area attorno a Santorini e, in generale, di tutto l’Egeo. Al telefono, ci fa un breve riassunto della lunghissima storia vulcanica di questa zona del Pianeta. Non senza ricordare che vi sono due potenti fenomeni che – in certo senso – si “intersecano”, ossia lo sprofondamento della placca africana sotto la placca dell’Egeo (quindi un fenomeno tettonico) e l’attività propriamente vulcanica. Si intersecano nel senso che l’arco vulcanico ellenico meridionale si è formato dalla subduzione di una delle due placche. Questo ha comportato la fusione della placca sprofondata nel mantello e la risalita fino in superficie di magma, che origina i vulcani. Allo stesso tempo, il processo ha provocato le faglie responsabili dei terremoti che colpiscono Santorini. Difficile quindi stabilire con assoluta certezza se, quando e quanto i due fenomeni siano correlati direttamente e in che modo possano scatenarsi a vicenda.
Una storia vulcanica lunga milioni di anni
Sta di fatto che l’attività vulcanica nell’area di Santorini è antichissima: la Prof.ssa Nomikou ci fa notare che le prime eruzioni risalgono addirittura a due milioni di anni fa e sono avvenute sul fondo del mare in corrispondenza dell’attuale penisola di Akrotiri, nella parte meridionale di Santorini. Nel tempo, i materiali fuoriusciti dal vulcano sottomarino si sono accumulati finché circa 700.000 anni fa sono emersi dalle acque creando un’isola. Da quel momento è stato un susseguirsi di eruzioni più o meno devastanti che hanno costantemente rimodellato la morfologia insulare dell’area. Da quella esplosiva sottomarina di proporzioni enormi, avvenuta circa 500.000 anni fa, fino allo sviluppo del vulcano a scudo Thera, più di 300’000 anni fa. Ci sono stati in seguito due cicli eruttivi tra 300’000 anni fa e il 1600 a.C. . Qui avvenne l’ultima eruzione di proporzioni davvero mostruose. Un evento di tale ampiezza da causare l’annichilimento della civiltà minoica. Dopo questa eruzione l’attività vulcanica ha determinato la formazione, nella parte centrale della caldera, delle isole Palea Kameni (intorno al 200 a.C.) e Nea Kameni (verso il 1700 d.C.), mentre al di fuori della caldera si è formato il vulcano sottomarino Kolumbo, che oggi forma il cosiddetto “campo vulcanico Christiana-Santorini-Kolumbo”. Eruzioni di particolare importanza sono state quelle di Palea Kameni del 46 a.C. e del 726 e quelle di Nea Kameni del 1707-11, del 1866-70, del 1925-28, del 1938-41 e l’ultima nel 1950.

Raffigurazione artistica dell'eruzione di Nea Kameni del 1870
Ma in sostanza che cosa è successo ad inizio anno?
Per la Prof.ssa Nomikou – e con lei la stragrande maggioranza della comunità scientifica – è chiaro che i terremoti di febbraio non sono stati causati da alcuna attività vulcanica eruttiva. «Ciò che è successo» ci dice «è che si è verificata un’intrusione di origine magmatica in una fessura giacente tra gli strati di rocce a una profondità di 3-5 chilometri – che noi chiamiamo “dicco magmatico” – sotto il bacino di Anydros (circa trenta chilometri a nord est di Santorini). Questo ha provocato una leggera depressione del vulcano Kolumbo. I movimenti legati a questo fenomeno sono responsabili dei terremoti. La risalita del magma provoca tensioni tettoniche nella crosta sottile sovrastante, con conseguente attivazione di faglie, che permettono al materiale fluido di risalire, aprendo lo spazio e creando vene vulcaniche. Tuttavia, non abbiamo osservato né eruzioni vulcaniche, né attività in superficie. L’unica caratteristica attiva era il campo di bocche idrotermali sul fondo del cratere di Kolumbo, a una profondità di 500 metri.»

Il vulcano Kolumbo
Anche il geofisico americano Jonas Preine concorda, rilevando però delle “anomalie” che andranno studiate più a fondo. Questo è quanto ha riferito ai media: « Lo sciame sismico è iniziato all’interno della stessa Santorini, ma il focus sismico si è rapidamente spostato al largo dell’isola. Anche lo schema dei terremoti si è rivelato diverso da una classica sequenza sismica. In genere, quando una faglia si rompe produce il suo terremoto più forte - la scossa principale - che è poi seguita da una serie di scosse di assestamento sempre più deboli. Ma in questo caso non c’è stata una scossa principale chiara. Invece, la regione è stata scossa da una miriade di scosse di magnitudo simile e, per diversi giorni, le scosse sembravano diventare più forti. Questo è stato molto insolito.»
La geologa greca ritiene però che si tratti di movimenti “normali”, tenendo conto delle peculiarità della zona. Afferma inoltre: «non crediamo che alcun vulcano erutterà, lasciatemelo dire a caratteri cubitali. Ma è una zona molto attiva che deve essere monitorata.» I rischi per noi turisti? Per lei non v’è alcun dubbio: sono gli stessi di un anno fa, di vent’anni fa o di duecento anni fa. Certo, la natura rimane imprevedibile, ma gli scienziati sono tutti concordi sul fatto che non v’è alcun evento catastrofico all’orizzonte. Almeno sulla base dei più recenti dati sismologici, geodetici e geofisici marini.
Essenziale lo studio e il monitoraggio dei “sintomi”
Per Paraskevi Nomikou è essenziale riferirsi ad accurati strumenti per rilevare eventuali cambiamenti sia nella composizione e nella temperatura dei gas/fluidi, sia nella deformazione del suolo e nella dinamica dei terremoti al fine di avvisare efficacemente la popolazione in caso di emergenza. Negli anni ’50 del secolo scorso questi strumenti non esistevano. Oggi fortunatamente possono rivelarsi determinanti per la sopravvivenza di migliaia di persone.
«Rimane il fatto» conclude Nomikou «che la coesistenza di attività tettonica e vulcanica nella regione di Santorini complica significativamente la valutazione dei rischi naturali. Santorini è un “supermercato di disastri naturali”, soprattutto nel suo ambiente sottomarino. È essenziale avere una continua ricerca marina per comprendere la complessa interazione tra vulcanismo e tettonica. Questa è stata la motivazione principale alla base della Spedizione IODP 398 , che è riuscita a far luce sulle molte dinamiche geologiche che circondano Santorini e la sua storia vulcanica.»

La nave-laboratorio della Spedizione IODP 398
Una spedizione che noi del giardino di Albert vi abbiamo raccontato nella puntata di ieri, 17 maggio 2025. Ricostruire la sequenza temporale delle eruzioni è particolarmente difficile per i vulcani sottomarini, che non sempre lasciano tracce sulla terraferma. La spedizione ha perforato undici siti nelle acque del Mar Egeo intorno a Santorini per una profondità totale di sette chilometri, e ha recuperato oltre tre chilometri di carote che documentano oltre un milione di anni di storia. L’obiettivo era decifrare l’intera storia vulcanica di Santorini e formulare previsioni per il futuro di questa meta turistica del Mediterraneo. I risultati forniranno anche informazioni sul comportamento dei vulcani in tutto il mondo.
E a proposito di meta turistica, l’amore di Paraskevi Nomikou per la sua isola mi ha davvero contagiato durante la nostra conversazione. Se non avessi prenotato altrove, probabilmente quest’anno me ne sarei andato a Santorini. Da un lato perché la sua magia non sembra avere le ore contate e dall’altro perché l’onda lunga dei timori legati ai terremoti di febbraio potrebbe evitarmi – almeno nei prossimi mesi – il calvario del sovraturismo. E se contro ogni previsione, uno dei vulcani dovesse improvvisamente esplodere … ebbene prendo a prestito la dichiarazione alla BBC della wine writer ateniese Eleni Kefalopoulouv: « Se arrivasse il mio momento, preferirei di gran lunga che accadesse a Santorini, dove almeno potrei essere ritrovata migliaia di anni dopo, come a Pompei, piuttosto che essere investita da un’auto ad Atene.»
L'enigma Santorini
Il giardino di Albert 17.05.2025, 17:00