Dazi USA, le imprese svizzere valutano il lavoro ridotto

L’incertezza relativa ai dazi preoccupa ovviamente l’economia svizzera. Alcune aziende hanno già cominciato a richiedere uno strumento collaudato in queste situazioni: l’indennità per lavoro ridotto, che permette alle aziende di mantenere il personale. Le ultime cifre parlano di 900 lavoratori iscritti a causa dei dazi americani.

Il lavoro ridotto consente di evitare licenziamenti in caso di perdita temporanea e inevitabile di posti di lavoro riconducibile ai nuovi dazi. Lo strumento, già ampiamente utilizzato durante la pandemia da Covid-19, copre fino all’80% del salario e ha permesso allora di sostenere 1,3 milioni di lavoratori con un impegno finanziario di 16 miliardi di franchi.

Il Consiglio federale ha escluso aiuti diretti all’industria esportatrice, ribadendo che anche la crisi dei dazi va affrontata con gli strumenti esistenti. La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha confermato che la situazione rientra tra quelle straordinarie che giustificano l’attivazione del lavoro ridotto.

Tra le prime aziende a farne uso c’è la Jorns AG, nel Canton Berna, produttrice di macchine per la piegatura dei metalli. Il direttore Marc Jorns, che esporta un quarto della produzione negli USA, ha spiegato al nostro Radiogiornale di considerare il lavoro ridotto uno strumento prezioso per superare una crisi che si spera sia solo temporanea.

Attualmente, l’indennità è concessa per un massimo di 18 mesi, ma in autunno il Parlamento discuterà una proposta per estenderla fino a 24 mesi. Secondo l’economista Michael Siegenthaler, che ha analizzato la crisi del 2008, lo strumento ha dimostrato la sua efficacia: allora, 70’000 persone beneficiarono del lavoro ridotto e 20’000 di loro evitarono il licenziamento..