Svizzera

Regazzi, “colpite anche le piccole e medie imprese”

I dazi statunitensi sono “una mazzata” secondo il presidente dell’USAM - Che per il futuro si dice poco ottimista: “Difficilmente otterremo di meglio del 31% da cui eravamo partiti”

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RG 12.30 del 01.08.2025 L’intervista a Fabio Regazzi

RSI Info 01.08.2025, 12:47

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Di: Radiogiornale/pon 

“Uno shock, una mazzata, un pessimo regalo per la nostra festa nazionale. Ma i segnali degli ultimi giorni, in effetti non lasciavano intendere nulla di buono. Siamo sotto shock”: Fabio Regazzi, presidente dell’Unione Svizzera Arti e Mestieri, ha commentato così al Radiogiornale della RSI i dazi del 39% che l’amministrazione Trump ha deciso nei confronti della Confederazione. Prima del 7 agosto c’è ancora qualche giorno, ma se dovessero entrare in vigore così per l’economia svizzera che cosa significherebbe? Si possono fare cifre, quantificare le conseguenze?

“Non si possono generalizzare. Ci sarà chi verrà più colpito, chi meno. Dipende molto dal settore, dalla tipologia di prodotto. Intanto bisogna dire che comunque saranno colpite anche le piccole e medie aziende e non solo, come magari qualcuno può pensare, le multinazionali, le grosse realtà. Evidentemente questo comporterà un problema di competitività per i prodotti che vengono esportati negli Stati Uniti, che subiranno un rincaro significativo che si aggiunge naturalmente al dollaro debole. Quindi ci sarà una perdita di volume d’affari, che potrà essere anche piuttosto importante per molte aziende svizzere”.

Non tutti i settori saranno colpiti allo stesso modo, alcuni sono più esposti. Quali?                

“Sono i settori che evidentemente magari hanno sono tecnologicamente meno avanzati. Settori dove noi abbiamo dei prodotti di punta che sono quasi insostituibili sono un po’ meno sensibili a queste variazioni di prezzo. Facciamo un esempio per farci capire: gli orologi della Rolex che si rivolgono a un tipo di clienti di un certo livello probabilmente subiranno meno questi effetti. Gli orologi della Swatch destinati a un pubblico di largo consumo faranno molta più fatica ad essere venduti perché diventeranno estremamente cari per il consumatore americano. Però è chiaro che tutti in ogni caso subiranno delle conseguenze”.

Fino a poco tempo fa però c’era grande ottimismo. Il Consiglio federale sembrava sicuro di essersi ben posizionato con Trump. Alla luce dei fatti, il giudizio nei confronti del nostro Governo cambia: bocciatura?

“Guardi, effettivamente tutti ci eravamo un po’ illusi. Anch’io ho definito la tattica la strategia del Consiglio federale corretta. Non esprimo necessariamente un giudizio negativo sul Consiglio federale, però forse abbiamo peccato un po’ di ingenuità tenendo conto con chi stavamo trattando, e questo spero che ci serva da lezione per il futuro”.

Nei prossimi giorni cosa fare? Cosa si aspetta? I consiglieri federali dovrebbero precipitarsi a Washington nei prossimi giorni per risolvere la situazione o vede delle opzioni, diciamo così, meno genuflesse?

“Io credo che bisogna fare un ultimo tentativo, che a questo punto si potrebbe definire disperato, per cercare di rimediare a questa situazione. Però credo anche che non bisogna farsi troppe illusioni. Immagino che non riusciremo a spuntare delle condizioni tipo quelle che ha ottenuto l’Europa, per cui in ogni caso nella migliore delle ipotesi probabilmente torneremo al al 31% dal quale eravamo partiti”.

Lei a questo punto non si aspetta un risultato migliore al 31%?

“Difficilmente. Poi tutto è possibile con un interlocutore come Trump, ma io a questo punto non sono più molto fiducioso. Mi sto un po’ rassegnando all’ipotesi che comunque avremo dei dazi estremamente importanti e molto più elevati di quelli che avrà l’Europa.”                

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