La rinuncia degli USA a dazi sull’oro - confermata dalla Casa Bianca ieri, lunedì - riveste un’importanza enorme per la Svizzera, che è uno dei principali attori del mercato a livello mondiale. Solo nella prima metà dell’anno quasi 500 tonnellate di oro, già raffinate in Svizzera, sono partite alla volta degli Stati Uniti. Per un valore di quasi 32 miliardi di franchi.
Grande sollievo è stato così espresso da Christoph Wild, presidente dell’associazione elvetica dei fabbricanti e dei commercianti di metalli preziosi (ASFCMP). Dazi sull’oro, per la Svizzera, si sarebbero tradotti sostanzialmente nella impossibilità di esportare negli Stati Uniti. Ma le ripercussioni sarebbero state planetarie e gli stessi USA “non si sarebbero fatti un favore”, ha sottolineato Wild: la Svizzera - ma non solo essa - non avrebbe più esportato una sola oncia d’oro, dal momento che nessuno è disposto a pagare un sovrapprezzo su un metallo prezioso. Col risultato che gli Stati Uniti si sarebbero trovati a corto d’oro.
RG 12.30 del 12.08.2025 - Mercato dell’oro: le spiegazioni di Marzio Minoli
RSI Info 12.08.2025, 12:42
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L’oro, del resto, non può essere trattato come qualsiasi altra merce: serve infatti come bene rifugio in caso di crisi, nonché come riserva di valore. Imporre su di esso dazi stravolgerebbe quindi molti equilibri. Ma c’è un ulteriore aspetto da considerare: se la piazza di Londra è il maggior mercato mondiale per l’oro fisico, è New York quella legata ai cosiddetti “futures”, ossia quegli strumenti che consentono di acquistare oggi ciò che verrà consegnato in un secondo momento, diciamo fra 3 mesi, ma al prezzo odierno.
Va quindi da sé che questo mercato debba disporre di una riserva minima di oro fisico, nei casi in cui chi ha acquistato un “future” a 3 mesi voglia ricevere questo oro alla scadenza. Questi contratti, inoltre, hanno come base lingotti da 100 once: si tratta di un formato che viene creato nelle raffinerie svizzere a partire dall’oro che arriva da Londra, che ha un formato diverso da quello richiesto negli Stati Uniti.
Quindi, daziare al 39% l’oro che fa da garanzia ai “futures” di New York avrebbe posto in essere discrepanze incredibili, riducendo di molto l’efficienza di quel mercato. Una simile misura potrebbe determinare lo spostamento di questo mercato verso altri Paesi. E per Trump non si rivelerebbe decisamente come un buon affare.