Sui dazi americani al 39% per il Consiglio federale non è detta l’ultima parola. I negoziati con Washington infatti proseguono. Gli Stati Uniti hanno ricevuto dalla Svizzera quella che è stata definita un’offerta più interessante rispetto al primo giro di trattative.
Ma come dovranno essere questi negoziati, con un interlocutore - il presidente USA Donald Trump - con il quale i consueti codici diplomatici sembrano non valere? SEDISERA della RSI lo ha chiesto all’esperto di relazioni internazionali Christoph Frei.
“Da un lato è evidente che la diplomazia classica con Trump funziona solo parzialmente - sottolinea Frei -. L’abbiamo visto, nelle scorse settimane è stata attivata la diplomazia tradizionale con rappresentanti del governo e tecnici che, con i negoziati, giungono a un risultato. Poi arriva il presidente, che sconfessa i suoi stessi funzionari e le cose cambiano. D’altra parte è però anche vero che dobbiamo continuare a trattare. Non abbiamo altra scelta, fino a nuovo avviso, perlomeno se vogliamo evitare uno scontro aperto. E possiamo partire dal presupposto che anche (e proprio) nei canali diplomatici tradizionali si cercano ancora febbrilmente soluzioni per migliorare l’offerta svizzera a Washington”.
C’è chi dice che la diplomazia svizzera deve perdere un poco della sua “svizzeritudine” nel confronto con Trump....
“La domanda è: che cos’è per noi la classica diplomazia svizzera? Con un poco di distanza e uno sguardo esterno, direi che per molto tempo la politica estera elvetica consisteva nel “non fare politica estera”. Eravamo e siamo ufficialmente neutrali. Offriamo i nostri buoni uffici, che si manifestano nella maniera forse più bella nel settore del diritto internazionale umanitario ma non solo. Questa è appunto la diplomazia formale e istituzionale. Se però andiamo a vedere che cosa ne rimane al momento, osserviamo che il mondo è drasticamente cambiato e vediamo gli stretti limiti propri di questo approccio, quando appunto la controparte non è sensibile a esso, quando manca la volontà politica di trovare realmente un’intesa. In questo caso tutte le attività possibili si rivelano inefficaci”.
Che cosa devono fare o non fare, allora, il Consiglio federale e i nostri diplomatici a Berna e a Washington in questi giorni e settimane?
“Non li invidio, ancora una volta. Che altro rimane da fare, oltre che proporre offerte migliori? E qui arriviamo all’assurdità di questa situazione. Siamo coinvolti in un gioco che è diventato malevolo. Ciò che sta succedendo è una totale sciocchezza, è contrario al diritto internazionale. Dopo tutto quello che abbiamo appreso negli scorsi decenni - con L’organizzazione Mondiale del Commercio a Ginevra - non può arrivare uno Stato e imporre unilateralmente dazi punitivi, appellandosi alla clausola della sicurezza nazionale, che riguarda soprattutto questioni militari. Ma no, ecco che arriva il presidente e parla di un deficit commerciale strutturale. È una cesura. Il fatto che si sia verificata, mostra quanto sia straordinaria ma anche estremamente critica la situazione attuale”.

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